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Covid, in Italia il 54 per cento delle infezioni dovute alla ‘variante inglese’

In Italia al 18 febbraio scorso la prevalenza della cosiddetta ‘variante inglese’ del virus Sars-CoV-2 era del 54%, con valori oscillanti tra le singole regioni tra lo 0% e il 93,3%, mentre per quella ‘brasiliana’ era del 4,3% (0%-36,2%) e per la ‘sudafricana’ dello 0,4% (0%-2,9%). La stima viene dalla nuova ‘flash survey’ condotta dall’Iss e dal ministero della Salute insieme ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler.

Per l’indagine è stato chiesto ai laboratori delle Regioni e Province autonome di selezionare dei sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus, secondo le modalità descritte nella circolare del ministero della Salute dello scorso 17 febbraio. Il campione richiesto è stato scelto dalle Regioni/PPAA in maniera casuale fra i campioni positivi garantendo una certa rappresentatività geografica e se possibile per fasce di età diverse. In totale, hanno partecipato all’indagine le 21 Regioni/PPAA e complessivamente 101 laboratori, e sono stati effettuati 1296 sequenziamenti. 

Queste le principali riflessioni emerse dalla survey

  • La cosiddetta ‘variante inglese’ sta diventando quella prevalente nel paese, e in considerazione della sua maggiore trasmissibilità occorre rafforzare/innalzare le misure di mitigazione in tutto il Paese nel contenere e ridurre la diffusione del virus mantenendo o riportando rapidamente i valori di Rt a valori <1 e l’incidenza a valori in grado di garantire la possibilità del sistematico tracciamento di tutti i casi.

  • Dai dati emerge una chiara espansione geografica dall’epicentro umbro a regioni quali Lazio e Toscana della cosiddetta ‘variante brasiliana’, che deve essere contrastata con le massime misure di mitigazione.


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