'Ndrangheta: omicidio e tentato omicidio nel Vibonese, 4 arresti

Al termine di complesse indagini, svolte dalle Squadre mobili di Vibo Valentia e Catanzaro e dal Servizio centrale operativo di Roma, coordinate dalla Procura Distrettuale antimafia di Catanzaro, gli uomini della polizia di Stato hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 4 persone ritenute responsabili del tentato omicidio di Francesco Mancuso e dell’omicidio di Raffaele Fiamingo, avvenuto a Spilinga nel luglio 2003, e considerati al vertice della ‘ndrangheta vibonese.

All'operazione, denominata "Errore fatale", hanno preso parte una cinquantina di poliziotti.

Gli arresti e le perquisizioni sono stati eseguiti a Vibo Valentia, Milano e Prato.

Le attività d’indagine, supportate anche da dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia, hanno permesso di accertare che l’omicidio era maturato per contrasti insorti nella gestione delle attività criminali tra i componenti della famiglia Mancuso - in particolare la fazione capeggiata da Ciccio Mancuso, alias Tabacco e quella guidata da Cosmo Mancuso, alias Michele.

I dettagli dell’inchiesta verranno forniti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 11 presso la questura di Vibo Valentia alla presenza del Procuratore capo di Catanzaro. Nicola Gratteri e dei vertici investigativi.

Operazione "STRAMMER", eseguite 68 ordinanze di custodia cautelare per maxi traffico di cocaina

Eseguita in Calabria, Sicilia, Campania, Lazio, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto un’ordinanza di applicazione delle misure cautelari personali nei confronti di 68 soggetti facenti parte di una ramificata organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetistico dai marcati profili internazionali capace di pianificare l’importazione di 8 tonnellate di cocaina dalla Colombia (Sud America).

I citati provvedimenti restrittivi rappresentano l’epilogo delle investigazioni condotte dai militari del Nucleo PT/G.I.C.O.sez.GOA di Catanzaro nell’ambito dell’operazione “STAMMER”, coordinata dal Procuratore Capo di Catanzaro, Dott. Nicola Gratteri, dal Procuratore Aggiunto Giovanni Bombardieri e dal Sostituto Procuratore Camillo Falvo.

In tale ambito, già lo scorso 24 gennaio, su disposizione della richiamata Direzione Distrettuale Antimafia, erano stati preliminarmente emessi 54 provvedimenti di fermo di indiziato di delitto, centinaia di perquisizioni in tutta Italia nonché sequestri patrimoniali di beni per un valore totale di oltre 8 milioni di euro.

Le indagini, in particolare, hanno consentito di disarticolare un’organizzazione estremamente complessa, composta da diversi sodalizi criminali, riconducibili alla ‘ndrina Fiarè di San Gregorio d’Ippona (VV), alla ‘ndrina Pititto-Prostamo-Iannello di Mileto (VV) ed al gruppo egemone sulla contigua San Calogero (VV), organizzazioni satellite rispetto alla più nota ed egemone cosca dei MANCUSO di Limbadi (VV), con la sostanziale partecipazione delle più note ‘ndrine della Piana di Gioia Tauro (RC) e della provincia di Crotone.

Clan calabresi assolutamente a loro agio nel contrattare direttamente con i “Cartelli Sudamericani” l’importazione di 8.000 chili di cocaina: partita questa che verrà sequestrata in Colombia, già stoccata e nascosta in una piantagione di banane non distante dal porto di Turbo, mentre in Italia, nel porto di Livorno, le Fiamme Gialle sequestravano il cosiddetto “carico di prova”, consistente in 63 chilogrammi di cocaina pura, occultata all’interno di cartoni contenenti banane.

Nel corso dell’indagine è stato possibile ricostruire un progetto, poi non realizzato, di trasporto di ingenti quantitativi di cocaina a mezzo aereo utilizzando come scalo d’arrivo l’aeroporto internazionale di Lamezia Terme oltre che l’impiego di motonavi con locali tecnici opportunamente modificati per accogliere il carico, da esfiltrare una volta arrivato a destinazione mediante l’impiego di sommozzatori all’interno di un’area portuale italiana.

Il sodalizio criminale, non solo poteva contare sulle descritte entrature nel florido mercato sud americano per l’approvvigionamento della cocaina a prezzi assolutamente concorrenziali, ma era capace di tessere continui collegamenti con le floride “piazze” spagnole ed olandesi.

L’operazione antidroga denominata “STAMMER”, condotta, sotto l’egida della Procura di Catanzaro, dalle Fiamme Gialle della Sezione G.O.A. del GICO di Catanzaro, con la cooperazione della National Crime Agency inglese (N.C.A.) e della Polizia Colombiana, e l’indispensabile supporto del II Reparto del Comando Generale e della D.C.S.A. per le numerose attività rogatoriali, ha dimostrato come i trafficanti calabresi ricevevano disponibilità liquide anche da soggetti insospettabili, incensurati, personaggi celati dietro una facciata di liceità, spesso legata ad attività commerciali che vanno dalla ristorazione alle strutture ricettive turistico alberghiere, alle concessionarie di automobili, caseifici, bar e tabacchi, con partecipazioni anche in cantieri navali e aziende agricole, che non disdegnavano di fare affari con le potenti ‘ndrine vibonesi, tramite delle “puntate” per l’acquisto all’ingrosso della cocaina.

Il denaro destinato ai “Cartelli” veniva consegnato dai calabresi direttamente a cittadini colombiani e libanesi da anni residenti in Italia, ai quali veniva affidato il recapito in Sudamerica.

L’inchiesta svolta dalle unità specializzate del Nucleo P.T./G.I.C.O. ha, così, consentito di identificare tutti i soggetti coinvolti, ognuno con un ruolo ben preciso: dai finanziatori ai mediatori, dai traduttori a coloro che avevano il compito di ospitare gli emissari dei narcos colombiani, più volte giunti nel nostro Paese ed ospitati per lunghi periodi nel vibonese.

L’intera operazione ha permesso di infliggere all’organizzazione rilevanti perdite economiche, sia sotto il profilo dei capitali investiti che dei mancati guadagni: la droga complessivamente sequestrata, una volta lavorata ed immessa in commercio, avrebbe fruttato all’organizzazione oltre 1 miliardo e 600 milioni di euro (€. 1.600.000.000) una volta raggiunte le piazze di spaccio; a ciò vanno aggiunti gli ingenti sequestri patrimoniali con cui si è proceduto a colpire gli accoliti dal punto di vista economico.

Si tratta, in particolare, di beni mobili ed immobili, quote societarie e autovetture di grossa cilindrata, per un valore stimato in circa 8 milioni di euro, sottratti agli esponenti delle associazioni criminali nonché a quei finanziatori che dagli affari con le cosche attendevano importanti introiti.

Attraverso articolazioni investigative in seno al Nucleo P.T./GI.C.O., infatti, si è proceduto a verificare per ciascun soggetto la presenza di sproporzione tra i redditi dichiarati e le possidenze intestate procedendo, al fine di scongiurare la dispersione dei patrimoni, al sequestro dei beni non giustificati.

Affari d’oro che i clan avrebbero protetto anche con la forza, come testimoniato dalle armi a disposizione di alcuni dei fermati, personaggi che in più circostanze ostentavano disponibilità di kalashnikov e pistole di diverso calibro.

In esito alle predette attività ed alla luce delle ulteriori risultanze investigative acquisite nel corso delle perquisizioni, il competente Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Catanzaro - su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro - ha emesso appositi provvedimenti cautelari a carico di 68 indagati eseguiti in data 15 febbraio 2017 .

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Processo "Black Money" contro la cosca Mancuso: 8 condanne, 10 assoluzioni

Sono stati complessivamente 41 anni e 7 mesi dai magistrati della Corte d'Appello di Catanzaro che hanno emesso il verdetto di condanna a carico di otto imputati al termine del processo che costituisce l'appendice giudiziaria dell'inchiesta ribattezzata "Black Money". Dieci le assoluzioni. Al centro del dibattimento le attività criminali del clan Mancuso, di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia. Sono stati riconosciuti colpevoli Orazio Cicerone, Antonio Cuturello e Francesco Tavella; 8 anni e sei mesi è la pena comminata a Giovanni D'Aloi, mentre nei confronti dei fratelli Giuseppe e Fabio Costantino i giudici hanno deciso di infliggere rispettivamente 6 e 5 anni. Il Collegio Giudicante ha disposto l'assoluzione per Nunzio Manuel Callà, ritenuto dagli investigatori persona vicina al boss Pantaleone Mancuso, meglio noto come "Scarpuni", per l'imprenditore Domenico De Lorenzo, per Mario De Rito, per il commercialista di Catanzaro Giuseppe Ierace, per Antonio Maccarone, genero del "mammasantissima" deceduto Pantaleone Mancuso, soprannominato "Vetrinetta", per Giuseppe Raguseo, genero del boss Cosmo Mancuso. 

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'Ndrangheta. Operazione "Costa Pulita": indagato Niglia, presidente della Provincia di Vibo

Figura anche Andrea Niglia, presidente della Provincia di Vibo Valentia, nel registro degli indagati relativo all'operazione "Costa Pulita", coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che all'alba di oggi ha portato all'arresto di 23 persone. Al centro dell'inchiesta gli interessi e le attività criminali del clan Mancuso, di Limbadi. Il reato contestato a Niglia è quello di concorso esterno in associazione mafiosa. Le forze dell'ordine hanno perquisito la sua abitazione. Sulla scorta di quanto ipotizzato dagli inquirenti, da sindaco di Briatico, avrebbe favorito l'organizzazione criminale degli Accorinti mediante "condotte riservate e fraudolente tese a salvaguardare l'attività del villaggio Green Garden costituente una delle principali fonti di guadagno della cosca". 

Maxi operazione contro la ‘ndrangheta vibonese: colpita la cosca Mancuso, lambita la politica

Nelle prime ore della mattinata odierna, nelle province di Vibo Valentia, Cosenza, Como, Monza, personale delle squadre mobili di Vibo Valentia e Catanzaro e del servizio centrale operativo della polizia di stato, carabinieri del R.o.n.inv. di Vibo Valentia e della Compagnia di Tropea e militari del Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro, nell’ambito di una operazione di p.g. convenzionalmente denominata “Costa pulita”, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo d’indiziato di delitto, emesso dalla Procura distrettuale della Repubblica di Catanzaro, nei confronti di 23 soggetti ritenuti responsabili, a diverso titolo, dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegale di armi e sostanze esplodenti. L’operazione di p.g. è il risultato di autonome indagini svolte dalle forze di polizia, dirette dai sostituti procuratori Camillo Falvo e Pierpaolo Bruni e coordinate dal Procuratore della Repubblica facente funzioni di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, convergenti su soggetti appartenenti alla criminalità organizzata vibonese. In particolare, le investigazioni, avviate nei primi mesi del 2013, hanno riguardato numerosi soggetti appartenenti, o comunque contigui, al potente clan della ‘ndrangheta Mancuso, operante in tutto il territorio vibonese, ed alle consorterie collegate Accorinti, La Rosa ed Il Grande, attive nei comuni del litorale tirrenico della provincia vibonese, colpendone vertici e sodali. L’indagine peraltro ha lambito contesti politici locali, in particolare di passate amministrazioni del Comune di Briatico e Parghelia. Infatti, sono state eseguite, anche, numerose perquisizioni, disposte dall’Autorità giudiziaria, nei confronti di soggetti diversi dai fermati, ma coinvolti dalle indagini, con specifico riferimento alle risultanze dell’accesso ai sensi del Tuel compiuto presso il Comune di Briatico, poi sciolto per mafia nel 2012; a riguardo dello stesso contesto sono stati inoltre documentati propositi di ritorsione, attuati, nel 2011, mediante lettera minatoria, contro un giornalista molto noto in provincia, autore di articoli sulla mala gestione del municipio briaticese. Nel corso dell’attività, supportata da intercettazioni telefoniche, ambientali e video riprese, sono state sequestrate diverse armi da fuoco e, nel 2014, sono stati tratti in arresto, in flagranza di reato, alcuni elementi di spicco delle locali cosche, in procinto di porre in essere un attentato mediante l’utilizzo di un potente ordigno esplosivo. Durante le fasi dell’odierna operazione, si è proceduto al sequestro, ai sensi della normativa antimafia, di beni mobili ed immobili riferibili agli indagati per un valore di circa 70 milioni di euro. Tra i beni sequestrati oltre 100 immobili, quote societarie e rapporti bancari ed anche 2 villaggi vacanze e tre compagnie di navigazione con altrettante motonavi che assicuravano, in regime di sostanziale monopolio, i collegamenti turistici con le Isole Eolie.

 

'Ndrangheta. Condannato a 7 anni di carcere il presunto armiere del clan Mancuso

Il Tribunale di Vibo Valentia ha inflitto una condanna a 7 anni e 6 mesi di carcere, accompagnata dall'interdizione perpetua dai pubblici uffici, nei confronti di Domenico Signoretta, 31 anni, di Jonadi. E' considerato il soggetto cui era affidata la gestione delle armi per conto della cosca Mancuso di Limbadi. Vanterebbe, proprio per il presunto ruolo ricoperto, stretti rapporti con Pantaleone Mancuso, capo dell'omonimo clan, soprannominato "l'ingegnere" e rientrato in Italia, grazie alla procedura di estradizione dall'Argentina, dopo essere stato latitante per diverso tempo. Secondo i giudici, l'imputato deteneva illegalmente sette pistole, diversi fucili a pompa ed una mitragliatrice. Armi che furono trovate dai Carabinieri del Raggruppamento operativo speciale il 26 marzo dello scorso anno. Camillo Falvo, che in aula ha rappresentato la pubblica accusa, si era espresso per una pena a 15 anni di carcere. 

 

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'Ndrangheta, "pentito" inattendibile: assolti 8 presunti affiliati al clan Mancuso

Il Collegio Giudicante del Tribunale di Vibo Valentia ha disposto l'assoluzione di otto persone che sedevano sul banco degli imputati e considerati personaggi di rilievo della cosca Mancuso di Limbadi. A mandare in frantumi le tesi della pubblica accusa è stata l'inattendibilità, secondo quanto deciso in sede di verdetto, dei racconti resi dal testimone di giustizia Alfonso Carano. Contestualmente, infatti, i magistrati hanno ordinato che le sue affermazioni vengano trasmesse agli uffici della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro affinché si proceda contro di lui per il reato di falsa testimonianza.  Il rappresentante della pubblica accusa in aula per conto della DDA catanzarese, Camillo Falvo, si era espresso per una condanna a complessivi ottantasette anni di reclusione. Lo stesso pubblico ministero ha già annunciato che ricorrerà in Appello. Il verdetto riguarda: Pantaleone Mancuso, soprannominato "l'Ingegnere", nei confronti del quale era stata avanzata una richiesta di condanna a sedici anni di carcere; Diego Mancuso (richiesti 14 anni); Domenico Mancuso, figlio del presunto boss Giuseppe Mancuso, (richiesti 8 anni); Francesco Mancuso, noto come "Tabacco" (richiesti 9 anni); Giovanni Mancuso (richiesti 12 anni); Vincenzo Addesi (richiesti 9 anni), di Soriano Calabro; Salvatore Cuturello, genero di Giuseppe Mancuso, (richiesti 8 anni); Salvatore Valenzise (richiesti 11 anni). Erano accusati, a vario titolo, di danneggiamenti, spari in luogo pubblico, sequestro di persona, usura, violenza privata, tutti reati, aggravati dalle modalità mafiose.

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Arrestato presunto trafficante di droga legato alla cosca Mancuso

Carabinieri e Squadra Mobile della Polizia hanno condotto un blitz congiunto nell'ambito del quale è stato arrestato il 43enne Francesco Ventrici, condannato con sentenza passata in giudicato per traffico di sostanze stupefacenti. Trasferitosi dalla Calabria in provincia di Bologna, è considerato organico alla cosca Mancuso di Limbadi, nel Vibonese. Nel corso dell'attività delle forze dell'ordine sono stati rinvenuti diversi chili di marijuana e quasi ottocento grammi di cocaina. Lo scorso anno i militari della Guardia di Finanza avevano confiscato un patrimonio, secondi  gli inquirenti riconducibile alla titolarità di Ventrici, il cui importo compelssivo ammontava ad un milione e 300 mila euro

 

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