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Serra. Tutti gli errori di un centrodestra senz’anima che ha (stra)perso le elezioni

Spento, senza una linea politica chiara, con paure e fantasmi sempre pronti ad emergere nei momenti cruciali. Il centrodestra serrese, eclissatosi dietro l’emblema civico di “In alto volare – Serra pulita”, è uscito con le ossa rotte dalla competizione elettorale, dimostrando di versare in uno stato semi-confusionale determinato da una rarefatta presenza nella vita sociale del paese. Con una lista chiusa sul gong e una serie sin troppo sfortunata di eventi, è probabilmente mancata la convinzione di essere in campo per vincere. Ma prima di volgere gli occhi verso la sorte, la compagine che è arrivata terza (con un numero di preferenze nettamente inferiore alle attese) deve guardare in maniera lucida e non rancorosa ai propri errori, alle proprie mancanze, al proprio rapporto con la gente. Il centrodestra ha (giustamente) deciso di presentarsi con una formazione civica ma ha snaturato il suo approccio alla tematica ideologica finendo per non farsi riconoscere dai suoi stessi elettori. Certo, le condizioni di partenza di “In alto volare – Serra pulita” non potevano essere delle più brillanti: sul groppone c’era la precedente fallimentare esperienza amministrativa (come non pensare alle voragini disseminate per le strade, ai rifiuti sparsi in ogni via, alla non potabilità dell’acqua) terminata con la destituzione del sindaco Bruno Rosi che, una volta appreso che non sarebbe stato ricandidato, stava lavorando (per come anche annunciato in diretta radiofonica) ad una lista avversaria. Altro sbaglio, commesso nella fase pre-elettorale, è stato quello di perdersi in un dialogo senza fine con esponenti fuoriusciti da altre squadre, le cui intenzioni non sono state comprese per tempo. Troppo spazio agli “esterni” insomma, poco alla voce della base. La candidata a sindaco Jlenia Tucci ha portato il suo ampio bagaglio di competenze ed esperienze, facendo emergere serietà e sincera voglia di fare nell’interesse della collettività. Tuttavia, la scelta di un tecnico non ha scaldato l’anima politica di un gruppo abituato allo scontro leale ma deciso fra opposte fazioni. Le responsabilità della gravissima sconfitta non sono dunque concentrate, ma diffuse: dai vertici all’ultimissimo sostenitore, tutti con un atteggiamento poco ottimistico, e di conseguenza tutt’altro che coinvolgente, hanno contributo proporzionalmente alla débâcle. Ripartire non è facilissimo, però non è nemmeno impossibile: servono idee fresche e uomini nuovi che abbiano la genuina passione di condurre battaglie politiche senza sconti e di essere al servizio della comunità. C’è bisogno di giovani coerenti e dotati di senso di appartenenza. La formazione di queste figure passa dalla conduzione di un’opposizione fuori dal palazzo che riesca a coniugare la protesta con il più ben complesso processo di elaborazione della proposta.

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