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Basta chiacchiere: al Porto di Gioia Tauro serve la Zona Economica Speciale

Politica, economia, visione strategica del futuro, differenti livelli istituzionali, relazioni interazionali e dimensione locale, sicurezza e collegamenti infrastrutturali: sono tutti intrecciati fra loro i molteplici nodi stretti attorno al destino, presente e futuro del porto di Gioia Tauro. Una discussione, spesse volte sterile, su cui incidono pesantemente interessi, leciti ed illeciti, oltre che l'incapacità, da parte della classe dirigente e dell'opinione pubblica calabrese,  di assumere posizioni forti che non si limitino a subire passivamente l'ignavia capace solo di mettere ai margini una incrocio potenzialmente straordinario nel commercio intercontinentale. A dare la stura all'ennesima disputa è il contenuto del Piano strategico di portualità che porta la firma del ministro Graziano Delrio, titolare delle deleghe ad Infrastrutture e Trasporti. Un provvedimento di capitale importanza per le prospettive dell'intera Calabria che dallo sviluppo, vero e non immaginifico, del porto di Gioia Tauro avrebbe da trarre guadagni incalcolabili ed una crescita ad oggi impensabile. Inutile girarci intorno: uno dei pilastri indispensabili per costruirne l'ascesa è rappresentata dall'istituzione della Zona economica speciale. Dotare un impianto normativo tagliato su misura in base alle esigenze economiche di un territorio è lo strumento principe per spalancare le porte agli investitori esteri.  Lo sanno bene in Cina, India e Russia, che non casualmente, infatti, hanno scatenato negli ultimi anni un'inversione di tendenza nei rapporti di forza globali. E ne è consapevole anche Giuseppe Pedà, neo sindaco di Gioia Tauro, che ha manifestato tutti i suoi dubbi in merito al documento varato preliminarmente la settimana scorsa dal Consiglio dei ministri. "L'impianto della riforma - è il giudizio senza appello formulato dal Primo Cittadino -  appare permeato da una filosofia che mette al centro i concetti di competitività e razionalizzazione, linee guida già tristemente perseguite con pessimi risultati su un piano più strettamente macroeconomico". Quello che serve, in realtà, ed il sindaco lo esprime a chiare lettere, è " un completo cambio di paradigma, destinato a privilegiare le singole specificità locali con interventi precisi e mirati. I problemi che attanagliano il Porto di Gioia Tauro, opera decisiva che esprime un potenziale nettamente al di sotto delle aspettative, non sono sovrapponibili a quelli che gravano sui porti siciliani, come tra l'altro correttamente evidenziato dai più sensibili esponenti della classe politica isolana con i quali manteniamo un continuo e proficuo rapporto di collaborazione". "Gioia Tauro - come è logico che sia e come il Primo Cittadino ha intuito - più che di accorpamenti, avrebbe bisogno di vedersi riconosciuta la Zes, in virtù anche delle promesse passate di un Governo centrale pronto a garantire un giusta compensazione in favore di un territorio che si era sobbarcato, nel nome di un solidarietà vera e non pelosa, l'onore di smaltire i veleni chimici siriani per aiutare e facilitare la risoluzione di un problema geopolitico che aveva assunto dimensioni globali. Riservandoci quindi di inviare a breve all'attenzione del ministro competente una relazione contenente le nostre specifiche osservazioni sui singoli punti del progetto di riforma in argomento, chiediamo nuovamente - è la sua conclusione - e con forza al governo centrale di rimettere al centro del dibattito italiano ed europeo il riconoscimento per Gioia Tauro della Zona Economica Speciale".

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