'Ndrangheta. Omicidio Ierinò: imputato condannato all'ergastolo

Sono state necessarie poco meno di sei ore di camera di consiglio perché i giudici emettessero il verdetto al termine del processo sull'assassinio di Cosimo Ierinò. Il delitto fu commesso sette anni addietro a Badolato. La Corte d'Assise di Catanzaro ha riconosciuto la colpevolezza di Andrea Sotira al quale è stata inflitta la condanna all'ergastolo. E' stato lui, questa la sentenza, a commettere materialmente l'omicidio. All'origine della decisione di uccidere Sotira ci sarebbe stata, a parere della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, la scelta di abbandonare il clan cui era affiliato. Lasciata la Calabria per raggiungere Milano, era tornato per avviare un'iniziativa imprenditoriale.  

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Cipolla comune venduta come "Cipolla di Tropea", il Corpo Forestale denuncia due ambulanti

Due venditori ambulanti sono stati denunciati all'Autorità giudiziaria con l'accusa di frode nell'esercizio del commercio. La denuncia è scattata in seguito ad un controllo effettuato lungo la SS182, nel comune di Satriano e la SS 106 nel comune di Badolato, da una pattuglia degli uomini del Corpo forestale dello Stato in forze presso la stazione di Davoli. Secondo l'accusa, le due persone denunciate stavano promuovendo la commercializzazione di cipolle comuni con "un’insegna recante la scritta ' La Vera Cipolla di Tropea ', con la foto raffigurante il paese di Tropea". Entrambi i commercianti non avrebbero fornito la "documentazione idonea a dimostrare  la provenienza degli ortaggi dall’area di produzione delle cipolle rosse di Tropea che, come è noto, sono fornite di apposito  marchio  I.G.P  previsto e disciplinato alla normativa nazionale e  dai regolamenti dell’Unione Europea". Dagli accertamenti eseguiti dal personale del Corpo forestale, sarebbe emerso che i due venditori "non erano iscritti negli elenchi degli Operatori I.G.P. della “Cipolla Rossa di Tropea Calabria”  e quindi il prodotto commercializzato era un prodotto agroalimentare comune (cipolla rossa), per cui, lo stesso, con la cartellonistica pubblicitaria esposta, induceva in inganno i consumatori, certi di acquistare una determinata merce che di fatto però era completamente diversa da quella posta in commercio".

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I “Notte Battente” alla I^ edizione del Festival della canzone calabrese di Badolato

E dopo un lungo inverno di preparazione, che ha visto i Notte Battente impegnati nella realizzazione del videoclip "a focara 'e Natale" e nella registrazione del primo progetto discografico, inizia la tanto attesa stagione 2016.  È partita infatti l’organizzazione della prima edizione del "Festival della Canzone Calabrese", a cui il gruppo parteciperà con grande entusiasmo. La manifestazione è stata organizzata dal ristorante-bar-paninoteca-pizzeria "L’Ancora" di Badolato Marina in occasione del primo anniversario di apertura. Lo spettacolo si terrà nella splendida cornice del lungomare di Badolato, il prossimo 23 e 24 aprile. A curare la direzione artistica un veterano del mondo popolare calabrese, Albino Bressi, che da circa 15 anni organizza eventi nelle varie piazze con personalità del mondo televisivo, come Valerio Merola.  Ospiti della kermesse musicale saranno Ciccio Nucera, Micu U Pulici, Enzo e Pina Laface. Mentre si contenderanno la vittoria, insieme ai Notte Battente, i Taranta Folk Sound Fabrizia, il Gruppo Folk Canterini dell’Ancinale, i Kora Battenti, i Cerseyo, gli Antigua, i Taranta Live ed i Tarantuli.  La manifestazione sarà presentata da Domenico Milani dell’emittente televisiva regionale "Video Calabria".  È prevista la presenza del Commissario Straordinario del Comune di Badolato e del presidente e del vice presidente della Provincia di Catanzaro.  Il gruppo "Notte Battente, musica etnico-popolare" di Soveria Mannelli, fondato nel 2013 e di recente costituitosi in Associazione Culturale, si è sempre posto l'obiettivo di valorizzare il territorio attraverso iniziative di carattere musicale, culturale e sociale, al fine di promuovere la diffusione e l’approfondimento della tradizione e della musica popolare calabrese e del Sud Italia in generale, ma in particolare della città di Soveria Mannelli. La passione, la voglia di far da ponte tra passato e futuro, in un presente che non rinnega le tradizioni ma le fa sue e ne è promotore per le future generazioni, è ciò che distingue i componenti del gruppo, tutti calabresi: Angela Bianco ( alla voce, castagnette e ballo), Salvatore Velino (alla voce, chitarra acustica ed armonica a bocca), Massimo Chiodo (alla voce, fisarmonica, lira e chitarra battente), Vincenzo Perri (al basso), Franco Spezzano (alla batteria), Gianfranco Bianco (al tamburello, tamburi e percussioni), Danilo Perrone (alla chitarra acustica).  Durante la manifestazione i Notte Battente regaleranno una sorprendente novità al pubblico con l’esordio nel gruppo della bravissima danzatrice Romina Campolongo, una vera e propria artista a tutto tondo: diplomata nel 2012 in Sassofono presso il Conservatorio di Musica di Cosenza, attualmente insegnante di strumenti a fiato presso l'Associazione Culturale "Amici della Musica" di San Donato di Ninea, nonché componente della Banda Musicale della stessa Associazione. Da anni segue corsi e stage di danze popolari sotto la guida della straordinaria maestra Emy Vaccari. Con la stessa ha intrapreso il progetto "Danzanima", basato sulla ricerca e lo studio della tarantella calabrese e della pizzica salentina, realizzando vari spettacoli nel territorio calabrese. Una nuova meravigliosa esperienza, quindi, attende i Notte Battente, da inserire tra le altre meravigliose esperienze di cui i componenti del gruppo faranno sempre tesoro e che contribuiscono ad alimentare la voglia di crescere sempre di più, di migliorare e di continuare ad emozionare emozionandosi…

 

Lo Ionio ed i porti di carta

Alla faccia di Polibio, greco amico dei Romani, brutto menagramo, il quale nel lontano II secolo a.C. osò scrivere che la costa ionica era “alìmenos”, ovvero senza porti! Non sapeva, costui, che verso la fine del XX secolo e agli inizi del XXI, questa volta dopo Cristo, il problema sarebbe stato risolto con la massima soddisfazione degli indigeni! Come tutti sanno, dilagano i progetti per un porto di Satriano, un porto di Soverato, un porto di Montepaone, un porto di Squillace. Tutti ricorderete: ogni volta che passava un politicante di ruolo o di complemento, prometteva un porto. A parte Badolato, su cui torneremo, non si vede, nel 2015, manco il porto delle nebbie! Progetti… Beh, progetti è un parolone, giacché, a mia conoscenza, non c’è nemmeno un disegnino da esercitazione del primo anno del Geometra; non un sondaggio in mare; non uno studio della linea costiera; non un modello matematico dei veri o presunti vantaggi economici… niente di niente, a mia conoscenza. Può darsi che sia colpa mia, e in questo caso vorrei essere corretto dal mio errore.  Finora, ripeto, porti zero. C’è Badolato, ma è sotto interminabile inchiesta, e per quanto io lo possa vedere quasi ogni giorno dal mio pezzettino di campagna, io lì scorgo acqua: mai navi, manco barchette. Forse avrete capito che io non credo ai porti di Squillace, Montepaone, Soverato e Satriano; e perché non dico di tutti e quattro, ma anche di uno solo non si sa di inizio di qualsiasi cosa; ma perché sarebbe davvero buffo che facessero un porto a Satriano e uno a Soverato, a distanza di un chilometro uno dall’altro. Ora ci annunziano che quel progetto detto con barbarica voce waterfront servirebbe al porto di Soverato; e ciò dovrebbe farci certi che il porto ci sarà, che del porto c’è qualche traccia, qualche concretezza. Invece io non vedo nemmeno una bitta, nemmeno una gomena, nemmeno un’ancora… niente.  Se c’è un progetto che meriti il nome di progetto, lo si tiri fuori, lo si faccia vedere. Altrimenti siamo agli annunci elettorali da comizi etto.  Per progetto, ripeto, non intendo un disegnino fatto stasera al computer per gabbarmi: ma i risultati di seri studi. Ah, nel 1928 la Regia Marina voleva collocare a Soverato una base di sommergibili; fatto uno studio, rinunciò subito, costatata la ben evidente mutevolezza della costa. Niente sottomarini, nel 1928; che mi dite, delle imbarcazioni di superficie?

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Don Francesco Caporale ed il cattolicesimo sociale in Calabria

Il “Compendio della dottrina sociale della Chiesa”, testimonianza viva dell’opera apostolica lasciata al mondo da Giovanni Paolo II, è stato presentato, per la prima volta, il 25 ottobre 2004 dal Cardinal Martino, presidente del Pontificio consiglio di giustizia e pace. Da allora, una sintesi viene offerta alla riflessione in lungo e in largo per tutte le diocesi d’Italia. Si tratta di un elaborato e quanto mai ricco “documento [che] ora viene messo a disposizione di quanti - cattolici, altri cristiani e persone di buona volontà - cercano sicure indicazioni di verità per meglio promuovere il bene sociale delle persone e della società.” Insomma, come è stato detto, uno “strumento di grande valenza ecumenica, che non dà suggerimenti pratici, ma uno strumento sussidiario di discernimento etico che delinea principi fondamentali, dà spunti di riflessione e criteri di orientamento per quei testimoni che si sforzano di trovare nuove forme concrete per il raggiungimento del bene sociale e per la promozione di un nuovo umanesimo.” Siamo davanti ad un corposo lavoro frutto di anni di studio e di osservazioni che prendono avvio dalla Rerum novarum di Leone XIII (1891) fino alla Centesimus annus del 1991. Ebbene quando si ricorda l’enciclica leoniana, non ci si può dimenticare che la Calabria ebbe preti di grande statura spirituale e culturale ai quali è toccata in sorte di promuovere e accompagnare la storia del cattolicesimo sociale e democratico nella Calabria contemporanea. Lo ha ricordato lo stesso Giovanni Paolo II quando, in visita nella nostra terra nell’ottobre 1984, ebbe a dire che: “…non mancano nella storia recente della Calabria figure di sacerdoti che hanno capito profondamente il senso di questo impegno e che hanno vissuto la loro vita sacerdotale dando quotidiana e coerente testimonianza di una forte tensione per l’elevazione morale e religiosa e per il riscatto sociale della propria gente. Ricordo i sacerdoti Carlo De Cardona e Luigi Nicoletti di Cosenza, don Francesco Caporale di Badolato, don Francesco Maiolo di Nicastro, ed i due servi di Dio don Francesco Mottola di Tropea e P. Gaetano Catanoso di Reggio Calabria.” Già, don Francesco Caporale. L’indimenticato don Mario Squillace, docente di sociologia al seminario di Catanzaro, nel 1991, centenario della Rerum novarum, esortava a ricordarlo, don Caporale, come “Maestro esemplare, soprattutto ai giovani sacerdoti ai quali tocca il dovere d’una evangelizzazione strettamente interconnessa e legata alla dottrina sociale della Chiesa.” Don Caporale ( nato a Badolato il 12 luglio 1877 e morto a Catanzaro il 6 dicembre 1961),  laureato in Giurisprudenza  e docente al seminario arcivescovile “S. Pio X” di Catanzaro, divenne ben presto punta di diamante della storia  religiosa e politica della Calabria. Del suo borgo natio ricordava spesso con animo grato e commosso “le quattro parrocchie, varie confraternite, una casa francescana, diverse chiese, il privilegio, d’essere Badolato da mezzo secolo all’avanguardia nella regione delle ideologie e delle battaglie sociali.” La popolazione e le sue classi dirigenti furono divise nei primi del 900 tra il Socialismo e la Democrazia Cristiana della prima ora, quella del Murri e di Giovanni Grosoli che aveva visto ben radicata l’organizzazione cristiano - sociale del periodo soltanto a Cosenza e a Badolato appunto. Siamo nel periodo cruciale della Rerum Novarum che il giovane prete Caporale traduce e cala  immediatamente nella realtà meridionale e calabrese in particolare, predicandola nelle chiese e divulgandola dai giornali, “ostinatamente determinato - scrive don Squillace - a rompere e sconfiggere vecchie pigrizie e secolari immobilismi.” Don Caporale è stato protagonista e al centro delle tappe fondamentali della storia del Movimento Cattolico in Calabria: il “Patto Gentiloni” (1913) per il quale scrisse, dal suo settimanale Vita Nuova, tanti articoli  pregni di coerenza etica e politica; la stagione epica del “Popolarismo” con gli altri grandi calabresi Vito Giuseppe Galati di Vallelonga, don Antonio Scalise e il poeta Antonino Anile di Pizzo, sempre al fianco di don Sturzo che del Caporale “fu subito entusiasta ed entrò così con tutta l’adesione della mente e dell’anima…nella lista e nella famiglia del Partito Popolare.” E fu un sodalizio felice e vincente e non poteva essere diversamente alla luce del pensiero e del dinamismo di quegli uomini. Sentite cosa aveva detto Anile, sulla piazza di Crotone ancora centro del latifondismo: “ Come è possibile che la Calabria risorga? Non certo persistendo nei metodi del passato. La Calabria deve trovare in se stessa la forza di rompere le catene che l’asservano […]quel che più importa […] è il riconoscimento delle funzioni proprie del Comune, della Provincia e delle regioni in rapporto alle necessità di sviluppo della vita locale […] vuol dire che la Calabria potrà liberarsi dal dispotismo burocratico centrale che l’avvilisce e la dissangua.” Poi venne il fascismo e don Caporale è come esiliato nella sua Badolato dal 1925. Il fascismo cadde e il nostro prete, ripresa la forza del combattente, di nuovo protagonista e maestro di grande impegno cristiano per la rinascita democratica della Calabria. E il 18 aprile 1948, la grande vittoria. Ma qualcosa cominciò ad incrinarsi perché “i dirigenti democristiani si ritrovarono coinvolti in quella dura ed ambigua gestione del potere che concede pochi spazi all’immaginazione e all’utopia ideologica.”: e fu contrasto tra il Caporale e la Dc catanzarese. Qualche tempo dopo scrisse un lungo articolo, una sorta di testamento e premonizione in cui sosteneva che: “dal Congresso democristiano dovrebbero venire direttive e norme precise ed urgenti di un’attività sociale senza incertezze ed equivoci, in adempimento del programma già formulato dalla scuola cristiana, da integrare ed aggiornare secondo le esigenze di oggi, in modo da offrire ai lavoratori la possibilità di sentir difesi tutti i loro interessi e propugnare le loro aspirazioni.” Chissà, oggi, cosa avrebbe detto a Renzi & C.!

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Preleva inerti dal fiume, arrestato

Con l'accusa di furto aggravato e distruzione e deturpamento di bellezze naturali, Giuseppe Caporale, 34 anni, è stato posto agli arresti domiciliari dai carabinieri della Compagnia di Soverato. L'arresto è scattato dopo che i militari hanno sorpreso Caporale mentre prelevava abusivamente materiale inerte da un greto del torrente "Vodà". Oltre al fermo, i carabinieri hanno sequestrato l'autocarro sul quale l'arrestato aveva caricato venti metri cubi di materiale ed un escavatore.

Badolato: In manette per detenzione d'arma da fuoco e munizioni

BADOLATO - Un fucile calibro 12 con matricola abrasa e numerosi proiettili calibro 38 special, per pistola, sono stati sequestrati dai carabinieri della Compagnia di Soverato nelle campagne di Badolato. L'arma e le munizioni sono stati rinvenuti in un muretto a secco ubicato in un terreno di proprietà di un cinquantotenne, C.V., già noto alle forze dell'ordine. Nel corso dell'operazione, condotta in cooperazione con gli uomini della stazione di Badolato e con l'ausilio di unità cinofile per la ricerca di armi ed esplosivi del Nucleo carabinieri di Vibo Valentia, sono state sequestrate numerose trappole impiegate nella cattura di ghiri. Oltre alle trappole, durante la perquisizione domiciliare, in un congelatore, i militari hanno rinvenuto una trentina di ghiri. Per l'uomo, accusato di furto venatorio aggravato e di detenzione abusiva di arma da fuoco clandestina e munizionamento, è scattato l'arresto.

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