Serra: mancata stabilizzazione dei lavoratori Lpu, lo Slai cobas sul piede di guerra

Serra San Bruno - In vista della scadenza – prevista per il 31 marzo prossimo -  del contratto dei Lavoratori di pubblica utilità in forza al Comune di Serra San Bruno, lo Slai cobas ha inviato agli enti interessati una comunicazione di diffida e messa in mora.

Nella missiva, il sindacato chiede “l'immediata stabilizzazione” dei lavoratori i quali “dopo un servizio di oltre vent'anni e dopo un percorso lavorativo particolarmente accidentato e sofferto, rischiano ora seriamente di rimanere fuori dal circuito lavorativo con possibilità pressoché nulle di ricollocamento occupazionale”.

“Per questi motivi – prosegue la lettera -  chiediamo l'immediata stabilizzazione di tutti i lavoratori nostri assistiti che ne abbiano diritto, chiedendo di essere informati con tempestività dello stato dell'arte che, comunque, purtroppo, ad oggi sembra ben lungi dall'arrivare a compimento. In caso contrario, tutti i lavoratori accompagnati dalle loro famiglie, che insieme a loro stanno vivendo con grande ansia e preoccupazione questo momento, indiranno un sit-in di protesta permanente innanzi alla sede comunale al fine di sensibilizzare verso la loro situazione chi doveva e poteva fare e, fino ad ora, non ha invece fatto. Sarebbe veramente paradossale che, in un momento come quello che stiamo vivendo in cui addirittura i licenziamenti vengono bloccati per legge, a perdere il lavoro per l'inefficienza e l'inerzia di qualcuno fossero proprio lavoratori di P.U. di Serra San Bruno proprio quando ormai pensavano di poter mettere la parola fine al loro calvario lavorativo e alle incertezze sul proprio futuro che li accompagnano da oltre vent'anni”.

Contestualmente, il sindacato “coglie l'occasione per protestare anche contro l'incomprensibile riduzione di ore - 18 ore settimanali - con cui sono stati stabilizzati gli L.S.U. e con cui, se mai ciò avverrà, verranno stabilizzati i lavoratori di P.U. laddove da anni gli stessi risultano assunti a 30 ore settimanali prima ed a 26 ore sempre settimanali poi. A parte gli ovvi interrogativi su come potranno i servizi comunali e le attività cui gli stessi sono adibiti essere svolti in maniera adeguata alle necessità della collettività con un così ridotto numero di ore lavorate, si sottolinea come la drastica riduzione della retribuzione che gli stessi andranno a percepire - non più di € 600,00/700,00 mensili - risulta assolutamente inadeguato a garantire a loro e alle loro famiglie (essendo la maggior parte coniugati con figli a carico) un'esistenza libera e dignitosa per come previsto dalla nostra Carta Costituzionale. Basti pensare al fatto che i soggetti che possono usufruire del reddito di cittadinanza, e quindi persone prive di occupazione, finirebbero con il poter contare mensilmente su risorse economiche superiori a questi lavoratori che invece un'occupazione ce l'hanno”.

Infine, i rappresentanti del Cobas segnalano: “che tutti, L.P.U. e L.S.U., ormai da tre mesi non percepiscono alcuna retribuzione, a tanto ammontando ormai il ritardo nei pagamenti accumulato da tale Amministrazione. Anche in relazione a tale ultima rivendicazione, pertanto, in mancanza di pagamenti immediati o nel caso in cui non arrivassero riscontri positivi o notizie certe sulle tempistiche di pagamento inevitabilmente brevi, i lavoratori, trascorsi 7 giorni dal ricevimento della presente, protesteranno innanzi alla sede comunale o regionale per dar voce alla propria indignazione ed al proprio disagio”.

Serra: lo Slai Cobas denuncia "l’ennesimo abuso dell’amministrazione comunale contro i lavoratori"

Riceviamo e pubblichiamo

"Ci vediamo costretti a difesa e tutela dei nostri assistiti e di tutti gli altri dipendenti ex Lsu-Lpu in forza al Comune di Serra San Bruno, a rendere di pubblico dominio l’ennesimo abuso perpetrato dall’amministrazione comunale a danno di alcuni degli stessi lavoratori. Il fatto risale alla mattina dello scorso venerdì 13 aprile, quando da organizzazione sindacale abbiamo tenuto un’assemblea aperta, convocata con largo anticipo e concessa dall’ente, alla quale avrebbero potuto – come previsto dalla normativa vigente in materia – prendere parte tutti i lavoratori, tesserati o meno, indipendentemente dall’organizzazione sindacale di appartenenza.

Nei minuti precedenti all’inizio dell’assemblea, programmata per le ore 9.00, ad alcuni ex Lsu-Lpu – per come spiegato dai lavoratori stessi – veniva riferito che alcuni dirigenti li intimavano a non prendere parte all’iniziativa. Per quanto comunicatoci il presunto motivo ostativo per la partecipazione alla riunione sarebbe stata la non iscrizione dei lavoratori protagonisti della vicenda alla nostra organizzazione.

Si tratta di circostanze intollerabili, contrastanti con tutti i principi in materia sindacale, atteso che, tra le varie prerogative e diritti sindacali riconosciuti dalla legislazione a tutti i lavoratori, quello dell’assemblea, nel limite del monte orario annuo consentito, è uno dei più importanti, in quanto luogo di confronto e discussione delle problematiche attinenti al lavoro svolto. Quanto accaduto quindi rappresenta certamente un chiaro connotato di condotta antisindacale, indipendentemente dal fatto che i lavoratori – come già detto – siano tesserati o meno, a maggior ragione perché l’amministrazione era stata informata per tempo del fatto che si trattava di un’assemblea aperta a tutti i lavoratori che avessero inteso prenderne parte.

Il tutto come esplicazione del principio di libertà sindacale di cui all’art. 39 Cost. che, come è noto, va considerato come libertà di aderire come di non aderire ad una determinata sigla come di cambiare sigla ogniqualvolta lo si voglia o, anche, di non aderire a nessuna sigla, senza che questo comporti impossibilità del lavoratore di partecipare comunque ad un’assemblea aperta e a far valere, nel caso, i propri diritti che si ricollegano direttamente allo status di lavoratori e non derivano certamente dall’appartenenza o meno ad un sindacato o dal fatto di non aderirne a nessuno.

Per questi motivi – anche per mezzo stampa – invitiamo nuovamente l’amministrazione comunale ad una maggior vigilanza sul rispetto, anche semplicemente verbale, dei relativi diritti sindacali che rappresenta certamente una delle questione fondanti nel delicato tema delle relazioni sindacali ed una delle estrinsecazioni più importanti della libertà e dell’attività sindacale nel suo complesso.

Nel riservarsi comunque ogni diritto si fa presente che eventuali reiterazioni di tali comportamenti  ci imporranno di adire le vie legali per il rispetto del nostro ruolo e dei diritti dei lavoratori, assistiti e non, che chiederanno di essere tutelati".

 Slai Cobas - Serre Calabre

SLAI COBAS sull'ospedale "San Bruno": l' amministrazione regionale Loiero/Censore e il commissario Scopelliti artefici dello smantellamento

Riceviamo e pubblichiamo una nota stampa da parte dello SLAI-COBAS Serre Calabre sulla sala mortuaria del presidio ospedaliero di Serra San Bruno.

"L’ospedale di Serra San Bruno – prima che fosse svenduto a favore del presidio sanitario di Tropea grazie all’operato dell’amministrazione regionale Loiero/Censore – ha sempre dato risposte di ottima sanità. Oggi invece i media nazionali ci deridono, descrivono episodi da terzo mondo come accaduto qualche settimana fa.

«Non c’è posto nell’obitorio e i cadaveri restano in corsia», titolava infatti la stampa nazionale a metà gennaio scorso portando all’attenzione di tutta Italia il caso delle salme sistemate nel corridoio al piano seminterrato della struttura. Un episodio da non considerare però né casuale né isolato, ma che di contro si ripresenta tutte le volte in cui si registra la contestuale dipartita di più pazienti del presidio. Spentosi il clamore mediatico, infatti, ancora in questi giorni persiste la grave condizione organizzativa che interessa i servizi ubicati proprio al seminterrato dell’ospedale.

La collocazione della sala mortuaria, da anni crea disagi non solo per gli spazi angusti in cui vengono sistemati i defunti, ma anche per i servizi offerti dalla struttura. Numerosi sono infatti i dipendenti dell’ospedale che, per vari motivi, devono obbligatoriamente attraversare il corridoio dove si trova la sala mortuaria e addirittura diverse stanze attigue sono state adibite ad uffici. Come per il caso dei magazzini del reparto Dialisi (dove più volte nell’arco della giornata il personale del servizio si reca per prelevare il materiale necessario ad erogare le prestazioni ai pazienti dializzati) o la stanza/spogliatoio degli infermieri del Pronto Soccorso o quella degli autisti del Suem 118 (chiamati a muoversi in maniera celere per via dei molti casi di emergenza). Ebbene, in questi casi ed anche in altri, per svolgere il proprio servizio i dipendenti sono costretti ad attraversare il corridoio antistante la sala mortuaria dove si trovano i parenti dei defunti e, tal volta, anche le salme stesse. Una condizione questa che crea chiaramente un grosso disagio e imbarazzo per tutti, e che lede anche la dignità della persona scomparsa, la cui dipartita dovrebbe essere partecipata dai familiari senza dover sopportare disagi o disservizi di alcun genere.

La grave condizione di disagio, come se non bastasse, interessa però anche i dipendenti del Centralino, del servizio riabilitazione, del servizio Cucina e degli addetti alle pulizie, con questi ultimi costretti a trasportare la mole consistente di rifiuti verso l’area di deposito esterna attraversando proprio il corridoio in questione.

Più volte è stata sollecitata a riguardo una riorganizzazione del piano seminterrato dell’ospedale, cosa che sarebbe stata possibile con la semplice destinazione della sala mortuaria nei locali – molto più ampi e oggi del tutto inutilizzati – destinati in passato agli esami autoptici. Soluzione questa che permetterebbe di riorganizzare l’intera pianta del seminterrato rispetto alla collocazione di uffici e servizi e, soprattutto, di predisporre due accessi esterni diversi: uno per la sala mortuaria, l’altro per i dipendenti. Così come appare necessaria la collocazione di tutto il personale del Suem 118 sullo stesso piano e non come adesso in spazi e piani diversi.

L’ospedale di Serra San Bruno in questi giorni è divenuto, per l’ennesima volta, oggetto di campagna elettorale, ma prima di proporre altri nuovi “miracolosi interventi risolutivi”, chi di dovere dovrebbe rendere conto alla cittadinanza sul perché la pioggia di milioni adoperata per la progettazione e l’esecuzione dei recenti interventi di miglioramento abbia invece per molti aspetti determinato un netto passo indietro dal punto di vista strutturale, mentre dal punto di vista sanitario il presidio è ormai ridotto ad un hospice in cui ci si limita a erogare cure palliative a pazienti in condizioni terminali. Lo Slai Cobas non potrà esaurire il proprio impegno e la propria lotta finché non verranno nuovamente ripristinati i servizi e i reparti soppressi a partire dalla gestione devastante che ha condotto allo smantellamento della sanità calabrese avviata dall’amministrazione regionale Loiero/Censore, distintasi per un nanismo politico senza precedenti, e proseguita poi dall’ex commissario ad acta Giuseppe Scopelliti".

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Ospedale di Serra San Bruno, Slai Cobas: "Da Censore e Tassone solo annunci"

"A cosa è servita la sfarzosa passerella del Serre in Festival, generosamente concessa nell’agosto scorso al direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia, Angela Caligiuri? A nulla, se non a gettare ulteriore fumo negli occhi ai cittadini residenti in un territorio in cui la rete sanitaria è ormai ridotta al minimo storico ed in cui l’ospedale San Bruno, struttura che dovrebbe rappresentare il punto di riferimento di quella stessa rete sanitaria, è ormai abbandonato agli ultimi spasmi".

E' quanto scrive in una nota lo Slai Cobas Serre Calabre.

"Tutti gli annunci - prosegue il comunicato - arrivati nell’ambito della kermesse estiva, fortemente voluta dal parlamentare Bruno Censore, nelle settimane a seguire non hanno trovato alcun riscontro concreto, anzi si sono rivelati un vero e proprio bluff, l’ennesimo per un territorio sempre più marginale, in particolar modo rispetto all’organizzazione dei servizi sanitari.

Il Pronto soccorso dell’ospedale di Serra San Bruno continua infatti a non disporre di quel nuovo medico il cui arrivo era stato garantito a più riprese da tutto l’apparato politico istituzionale che governa questo territorio, o meglio continua a non disporre di un nuovo medico esperto, capace di gestire qualsiasi emergenza, dal codice bianco fino a quelli identificati dal sistema del Triage come codice rosso, in cui il paziente ha almeno una delle funzioni vitali compromessa e si trova in immediato pericolo di vita.

Dal primo cittadino di Serra San Bruno, Luigi Tassone, fino ad arrivare al parlamentare Censore numerosi erano stati gli annunci rispetto all’immediata nomina di un medico addizionale capace di garantire la piena funzionalità delle prestazioni che un Pronto soccorso degno di definirsi tale dovrebbe erogare rispetto ai più svariati casi d’emergenza, compresi chiaramente quelli di grave entità.

Altro buco nell’acqua- aggiunge il sindacato - quello inerente all’arrivo di nuovi anestesisti capaci di garantire una turnazione all’unico da anni presente nell’intero presidio. Per un breve lasso di tempo gli anestesisti destinati al San Bruno sono diventati tre (dei quali due destinati specificatamente all’ospedale di Serra ed un terzo aggiuntivo da Vibo). Ma si è trattato di un fuoco fatuo, di una misura solo temporanea, visto che da qualche giorno si è praticamente tornati alla condizione di criticità iniziale con proprio i due anestesisti destinati al San Bruno che sono stati spediti a coprire i turni dello Iazzolino di Vibo. Una decisione, del tutto immotivata, che ha di fatto condannato ancora una volta l’ospedale montano ad una condizione di precarietà, o meglio di inutilità assoluta, tanto che tutti gli interventi programmati in day surgery sono stati annullati per l’unica presenza, saltuaria, di un solo anestesista.

Da ciò si intuisce che la volontà politica di chi dovrebbe tutelare il territorio di Serra e delle Serre è quella di svendere tutti i servizi, in cambio di consensi elettorali da racimolare in previsione delle politiche e della propria rielezione al Parlamento. Inoltre - conclude la nota - le azioni eclatanti annunciate dal sindaco adepto a tutela del San Bruno sono rimaste solo sulle colonne dei giornali, niente di concreto è stato messo in atto, come è avvenuto ad esempio a Chiaravalle dove il primo cittadino Donato ha addirittura condotto uno sciopero della fame e ha occupato i locali della Casa della Salute per tutelare quel minimo di diritto alla sanità rimasto a beneficio della propria comunità".

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Lo Slai Cobas attacca l'A.S.P.: "Pronto soccorso di Serra praticamente scoperto"

Riceviamo e pubblichiamo una nota stampa da parte del Sindacato Lavoratori Autorganizzati Intercategoriale, COBAS, 

"Lo Slai Cobas, intende denunciare l’ennesimo atto di discriminazione e disinteresse attuato dai Dirigenti dell’A.S.P. di Vibo Valentia nei confronti dalla Comunità delle Serre Calabre.

L’organico medico del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Serra San Bruno è composto da sole 3 unità (dovrebbero essere 6), troppo pochi per garantire il Servizio di Pronto Soccorso. Infatti, per garantire la continuità assistenziale vengono utilizzati 2 medici del SUEM–118 e sporadicamente qualche altro medico di reparto del P.O. di Serra San Bruno i cui turni al P.S. vengono effettuati al di fuori del normale orario nei propri reparti e servizi. Con i turni già programmati per il mese di agosto, il dirigente medico di 2° livello del Pronto Soccorso di Vibo Valentia senza nessuna comunicazione preventiva ha spostato un medico da Serra San Bruno a Vibo Valentia, lasciando praticamente scoperto il Pronto Soccorso e costringendo al raddoppio il medico in turno, rimasto in servizio senza riposo per 24 ore. Situazione gravissima se si pensa che l’esperto medico comandato a Vibo non dovrà più rientrare a Serra.

A questo si aggiunga che il medico radiologo a Serra San Bruno è completamente assente nei turni notturni e festivi, che il Chirurgo è presente H/24 solo 20 giorni al mese, che in Medicina vi sono solo 4 unità mediche e in Lungodegenza solo 1. Questa è sinteticamente la situazione, la responsabilità è chiaramente della dirigenza dell’A.S.P. vibonese che sposta il personale medico a suo piacimento, che concentra le risorse umane e tecnologiche solo su Vibo disinteressandosi delle altre realtà; ma è gravissima la responsabilità della dirigenza politica (Censore in primis) che ha svenduto questo territorio per scopi personali ed elettorali.

Giustizia lumaca nel vibonese, l'amaro sfogo di un ex lavoratore

Riceviamo e pubblichiamo
"L’assetto organizzativo conseguente al recente processo di riordino del settore della Giustizia ha determinato un progressivo smantellamento di molti presidi giudiziari minori presenti sul territorio e un conseguente congestionamento dei Tribunali. Un provvedimento che, in particolare nel Vibonese, ha avuto un effetto domino devastante a discapito delle condizioni di molti cittadini che da anni cercano giustizia, ma che proprio per la grossa mole di procedimenti giudiziari che intasano il Tribunale di Vibo Valentia sono costretti ad attese eterne. Il tutto in un territorio in cui i rappresentanti politici – anche rispetto allo smantellamento dei presidi giudiziari, quali ad esempio le sedi dei Giudici di Pace – hanno saputo produrre nel tempo solo annunci fumosi, condannando ancor di più alla miseria assoluta interi nuclei familiari. È questo il caso di molti dei nostri assistiti, tra i quali vi è Raffaele Grillo, invalido civile con tre figli e moglie a carico, che da tre anni attende invano una sentenza che viene reiteratamente rinviata e del quale riportiamo un’emblematica lettera.

Mi chiamo Grillo Raffaele, ho 59 anni, e sono un lavoratore riservista  licenziato da circa quattro anni.

E sono anche disperato. 

Disperato perché da anni non lavoro e non ho la possibilità di mantenere me stesso e la mia famiglia e da anni sono in attesa di una giustizia che non arriva mai.

E questa è la mia storia che affido alla stampa ed agli organi di informazione perché le diano voce, perché la mia di voce non basta più, come non basta la fiducia in una giustizia che cessa di essere giusta, a prescindere dai provvedimenti che adotta e dalle sentenze che pronuncia, laddove ritarda, come nel mio caso, a dare risposte ai cittadini che sono costretti a chiederne l’intervento.

Una voce che spero porti dei cambiamenti in un mondo di sordi, o apparenti, tali quale quello in cui mi sembra ormai da anni di vivere, essendo rimaste senza esito le mie richieste ed i miei appelli e, con essi, le mie speranze.

Questi i fatti.

Lavoravo sin dal 2010 con una società di pulizie in virtù di un contratto di inserimento e di una pluralità di contratti a tempo determinato protrattisi oltre i termini massimi previsti dalla legge e che inoltre presentavano diverse altre illegittimità che a suo tempo avevano determinato la società datrice di lavoro, Gestione Servizi Integrati di Ivrea, di stipulare un accordo in sede sindacale con il sottoscritto riconoscendo la natura di contratto a tempo indeterminato del proprio rapporto pur di impedire l’altrimenti inevitabile contenzioso.             

Ciononostante la Ariete Servizi Integrati di Modugno, subentrata alla prima, decideva di non tener conto di niente non assumendo il sottoscritto che, pertanto, dal 31 luglio 2013, è ormai senza lavoro.

Esauritosi il periodo di fruizione della disoccupazione ordinaria sono ormai anni che non percepisco niente, risultando per di più praticamente impossibile per un uomo della mia età e nelle mie condizioni di salute trovare altra occupazione.

Ragion per cui la mia unica speranza era e rimane il giudizio tempestivamente iniziato presso la Sezione Lavoro del Tribunale di Vibo Valentia con ricorso depositato nel marzo del 2014.

Giudizio da cui ragionevolmente, ritenendo fondate le mie ragioni, mi aspetto molto confidando in una sentenza che possa ridare un po’ di luce e di colore alla mia vita e a quella dei miei familiari.      

Si può quindi immaginare il mio stato d’animo di fronte all’ulteriore rinvio della causa prevista per lo scorso 15 marzo 2017 comunicatomi dal mio legale di fiducia a causa, mi si riferisce, di una sospensione dell’attività della Sezione Lavoro.

Il tutto senza che nei tre anni pieni trascorsi dal momento del deposito del ricorso si sia mai riusciti a fare anche una sola udienza.

Di rinvio in rinvio infatti a distanza di tre anni ancora non si è avuta neanche una sola possibilità di discutere la causa.

In una occasione mancava il Giudice titolare, in un’altra era stato trasferito senza essere sostituito, in un’altra ancora si aspettava da un momento all’altro l’arrivo del nuovo Giudice.

 E dopo l’arrivo e l’insediamento, un altro rinvio perché il Giudice appena arrivato era stato già trasferito!!!!

Tutto vero e verificabile 

Oggi le ragioni dell’ulteriore rinvio (non si sa nemmeno a quando…) risiedono nella inagibilità, mi si dice, del nuovo Palazzo di Giustizia tanto che, con poche eccezioni, tutti i procedimenti di lavoro e previdenza sono stati sospesi anche se il problema del Giudice mancante, anche qui a quanto mi si riferisce, continua ad esserci.

Risultato: la mia causa, quella da cui dipende tutto il mio futuro e tutta la mia vita, e che pur poteva risolversi in una sola udienza non necessitando di prove particolari ma solo di un Giudice che la decidesse, a distanza di tre anni, naviga nel limbo o, per meglio dire, nella palude in cui la giustizia italiana in generale evidentemente si trova ed annaspa in maniera irreversibile.

A tutto danno dei cittadini.

Io non so se ci sono colpe e responsabilità specifiche e, se vi sono, non ne conosco gli autori.

Quello che so è che vorrei che qualcuno – qualcuno che conta e che può fare qualcosa - sentisse il mio che è un vero e proprio grido di dolore e di disperazione e mi desse una risposta.

Una risposta qualsiasi invece dell’assordante silenzio delle istituzioni che, incuranti della sofferenza di chi non chiede altro che di poter lavorare per vivere dignitosamente, fanno scivolare via il tempo senza dare un segno di vita e senza preoccuparsi minimamente del tormento che questo inutile stillicidio di giorni provoca a chi come aspetta di avere giustizia .

Sperando di averla.

Serra San Bruno, 30 aprile 2017 -   Raffaele Grillo"

 Slai Cobas – Serra San Bruno

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Vertenza Parco delle Serre: delegazione ricevuta dal Prefetto

Posti di lavoro messi a serio rischio e cinque mensilità arretrate non ancora corrisposte. Sono questi i due elementi cardine posti all'attenzione del Prefetto di Vibo Valentia, Giovanni Bruno, che stamane ha ricevuto una delegazione formata da due rappresentanti sindacali Slai Cobas e da altrettanti tirocinanti del progetto "Natura e Turismo", svolto presso il Parco Naturale Regionale delle Serre. Il segretario provinciale dell'organizzazione sindacale, Bruno Pisani, al termine dell'incontro, ha rivelato che il Prefetto, al quale è stata illustrata l'attività produttiva realizzata nel corso dell'anno in cui si è dipanato il corso, si è detto disponibile a mettere attorno ad un tavolo i consiglieri regionali del territorio, coinvolgendo anche quelli delle province di Catanzaro e Reggio Calabria, aree anch'esse rientranti nel perimetro del Parco. L'ambizione, coltivata dai lavoratori, è quella di ottenere un rapporto contrattuale stabile. Pisani ha, altresì, annunciato che l'occupazione della sede del Parco proseguirà ad oltranza e, anzi, ha anticipato che saranno attuate altre azioni eclatanti in caso di mancata soluzione positiva della vertenza. 

 

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Ospedale, Slai Cobas diffida Miceli per il trasferimento di infermieri

La disposizione di servizio concernente il provvisorio trasferimento di infermieri scatena l’offensiva dello Slai Cobas che bolla come “illegittimo” il comportamento tenuto dal direttore sanitario aziendale Miceli. “Preliminarmente – spiega il sindacato autorganizzato - si contesta il modus procedendi del dottor Miceli che, nel disporre la mobilità dei dipendenti, viola apertamente quanto previsto dalla normativa nazionale vigente (CCNL) e dal contratto integrativo decentrato anche in merito al dovere di informativa e contrattazione sindacale preventiva per l’attivazione delle procedure in questione. Il tutto fermo restando quanto statuito dall’art. 2103 c.c. che, come è noto, fra l'altro prevede che il lavoratore non possa essere trasferito da un'unità produttiva all'altra senza comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. La  mobilità – rileva lo Slai Cobas -  viene mascherata come  l’unica soluzione possibile ma non si evidenziano ragioni tecniche, organizzative o produttive che giustifichino tale atto. Quanto affermiamo trova conferma nei turni di servizio  della U.O. di Medicina della S.O. di Vibo Valentia, dove prestano servizio un numero di infermieri h24 superiore a quello in servizio  presso l’U.O. di Medicina di Serra San Bruno e dove, inoltre, il numero dei posti letto attualmente in dotazione (12) è inferiore a quello di Serra San Bruno (20). Dai turni modificati a seguito dell’attivazione della Mobilità d’Urgenza (voluta dal direttore sanitario aziendale dottor A. M.  Miceli), si nota come nell’U.O. di Medicina di Serra San Bruno non viene garantita l’assistenza ai degenti. Infatti, numerosi sono i turni coperti da un solo infermiere che non può garantire tutte le attività necessarie comprese le urgenze, le notti vengono coperte da infermieri del Pronto Soccorso in straordinario ed ancora, in caso di necessità gli infermieri di Medicina dovrebbero chiedere aiuto agli infermieri della Lungodegenza e se tale eventualità si dovesse verificare gli infermieri della Lungodegenza dovrebbero abbandonare il proprio reparto per occorrere in aiuto dei colleghi della Medicina. Inoltre, sempre secondo i suddetti turni, infermieri che effettuano il turno notturno a Serra San Bruno con smonto alle ore 7:00, dovrebbero trovarsi alle ore 8:00 a Vibo Valentia per garantire il turno antimeridiano. E' facile capire – è la puntualizzazione - che tutto il caos provocato dalla cervellotica attivazione della Mobilità d’Urgenza servirebbe solo a coprire i turni del personale infermieristico di Vibo Valentia che va in ferie, ma questo non può avvenire negando l’assistenza ai degenti dell’U.O.C. di Medicina di Serra San Bruno o autorizzando illegittimamente lo straordinario e facendo accorre al bisogno gli infermieri della Lungodegenza, mentre nessuna disposizione riguarda i soliti noti e i titolari delle posizioni organizzative che dovrebbero svolgere prima di tutto le mansioni di infermieri e in orari diversi le funzioni previste dalle loro posizioni organizzative (funzioni regalate dalla politica e pagate con soldi sottratti a tutti i dipendenti). Il tutto nonostante che solo qualche giorno prima lo stesso direttore dottor A. M. Miceli accompagnato da altri dirigenti avesse garantito che nessun infermiere sarebbe stato spostato da Serra San Bruno”. Nasce così “l’atto di diffida e costituzione in mora” con il quale “si intende sollecitare una immediata revoca della Mobilità d’Urgenza al fine di evitare l’inasprimento derivante dal prospettato intervento giudiziario, non essendo certo intenzione della scrivente organizzazione di aumentare la conflittualità in un momento in cui le migliori energie di tutti dovrebbero essere riservate ad affrontare e tentare di risolvere le numerose e gravi criticità lavorative sul territorio”. Lo Slai Cobas ha informato inoltre il prefetto Giovanni Bruno chiedendo “l’autorevole intervento di mediazione in una controversia di cui nessuno sente la necessità ma che si presenta comunque inevitabile e che comporterà, nel sicuro caso di accertamento giudiziale della illegittimità del comportamento adottato dal direttore sanitario aziendale, l’annullamento di tutti gli atti e le decisioni adottate in maniera illegittima con aggravio di spese, danno erariale oltre ad eventuali casi di malasanità che si potrebbero verificare”.

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