Sequestrati 26 milioni di euro a società di call center e ai 2 amministratori

I finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria hanno eseguito un provvedimento di sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, emesso dal giudice delle indagini preliminari sui beni (mobili, immobili, valori, danaro) intestati ad una nota società (Infocontact srl) operante in Calabria, nel settore delle telecomunicazioni e ai due amministratori di diritto e di fatto, Giuseppe Pane e Mariano Pane, per un ammontare complessivo di circa 26 milioni di euro. L’Infocontact - attualmente in amministrazione straordinaria, costituita nell’anno 2001, ha operato sul mercato dell’outsourcing nei servizi di custode care sin dall’anno 2006. Dal 2006 al 24 luglio 2014 - data in cui il Tribunale di Lamezia Terme ne ha dichiarato lo stato d’insolvenza - è stata amministrata dalle famiglie Pane (noti armatori sorrentini) e Graziani (il cui capostipite ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Telecom Italia), le quali ne hanno detenuto, per il tramite di società alle stesse riconducibili, l’intero capitale sociale. Le persone che hanno amministrato, in fatto ed in diritto, la società sono stati Giuseppe Pane, Mariano Pane ed Alfonso Graziani (quest’ultimo deceduto pochi mesi prima della dichiarazione dello stato d’insolvenza). L’Infocontact, pur avendo stabilito la propria sede legale a Roma, ha, di fatto, sempre operato in Calabria e, in particolare, nelle province di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, dove erano ubicate ben 14 sedi operative. Essa ha usufruito di svariati contributi straordinari previsti da leggi nazionali e comunitarie, per l’assunzione e la formazione dei dipendenti, oltre a sgravi fiscali e contributivi a riduzione del costo del lavoro. È ragionevole ritenere, a parere degli investigatori, che, proprio alla luce di tali agevolazioni e contributi, l’Infocontact sia arrivata ad investire in Calabria e ad avere alle sue dipendenze, nei vari call center, circa 2.000 lavoratori. Per effetto delle condotte, giudicate dagli inquirenti dissipative e distrattive, oggi, quei 2.000 giovani dipendenti hanno perso l’agognato posto di lavoro e quanto investito in termini di impegno e di rinuncia ad altre opportunità. Assieme ai giovani della Calabria, vittima e persona offesa risulta pure, sottolineano i titolari dell’inchiesta, il Fisco, cui la società indagata avrebbe omesso di versare, per il periodo 2009-2013, somme per oltre 26 milioni di euro. Le complesse attività investigative, dirette dal dottor Luigi Maffia - procuratore capo facente funzioni della Procura della Repubblica di Lamezia Terme -, avrebbero consentito di individuare una serie di operazioni distrattive e dissipative poste in essere dall’organo amministrativo della società in un periodo in cui la stessa versava già in uno stato di decozione e/o insolvenza. Peraltro, grazie all’ausilio di intercettazioni tecniche, le articolate indagini avrebbero consentito di smascherare una fitta rete di società correlate e collegate, di cui talune anche in territorio estero, possibili destinatarie dei proventi distratti. L’attività di servizio, eseguita in Campania e nel Lazio, ha interessato numerosi conti correnti, un lussuoso attico nel centro di Roma, nonché beni mobili e partecipazioni societarie risultati essere nella disponibilità degli indagati.

 

'Ndrangheta. Operazione "Tnt Coffee". Duro colpo ai clan: sequestrati beni per 35 milioni di euro

La Guardia di Finanza, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica, hanno eseguito una serie di decreti di sequestro emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale nei confronti di soggetti indiziati di appartenere al direttorio 'ndranghetistico "De Stefano - Condello - Tegano" e alle cosche "Araniti", "Rosmini" e "Serraino", responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto di materiale esplosivo, intestazione fittizia di beni e rivelazione del segreto d’ufficio. Con i provvedimenti, in particolare, è stata disposta l’applicazione della misura di prevenzione del sequestro del patrimonio aziendale di diverse imprese e di quote societarie, nonché di beni immobili e mobili registrati e di rapporti finanziari e assicurativi aventi un valore complessivamente stimato in 35 milioni di euro. L’operazione "Tnt Coffee" rappresenta l’epilogo della complessa attività investigativa svolta dal Nucleo di Polizia Tributaria - G.I.C.O. nei confronti dei soggetti che erano stati destinatari di misure cautelari nell’ambito dell’operazione "Sistema Reggio" condotta dalla Questura di Reggio Calabria lo scorso marzo; indagine, quest’ultima, che aveva avuto origine dal grave attentato del febbraio 2014 perpetrato, con l’esplosione di un ordigno, ai danni del Bar Malavenda, noto esercizio commerciale del quartiere Santa Caterina di Reggio Calabria. Dalle indagini era emerso che gli esponenti delle stesse cosche avevano costituito e gestito, direttamente o per interposta persona, una serie di attività economiche operanti in diversi settori imprenditoriali, attribuendone la titolarità formale a terzi soggetti, al fine di eludere i controlli delle forze dell’ordine e le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione. In esito ai risultati emersi in ambito penale, ed in ragione di apposita delega rilasciata dalla Procura reggina, i militari della Guardia di Finanza hanno svolto specifici approfondimenti finalizzati a individuare e a ricostruire l’origine e l’evoluzione delle ingenti ricchezze nella disponibilità dei "proposti", accertando altresì un’ingiustificata discordanza tra il reddito dichiarato ai fini delle imposte sui  redditi e il patrimonio posseduto, direttamente o indirettamente, dai soggetti investigati e contigui o intranei alle medesime cosche. Alla luce della ricostruzione patrimoniale ed in esecuzione dei decreti emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria sono stati, quindi, sottoposti a sequestro i beni riconducibili alle seguenti persone fisiche: 

Roberto Franco, 56 anni: ditta individuale "Stazione di servizio Esso di Franco Lorena con luogo d’esercizio a Reggio Calabria, via Enotria 21; Ditta individuale "G.S. Motors" di Gioè Salvatore Primo, 47 anni, con luogo di esercizio a Reggio Calabria, via Manfroce 1/3/5 - Ponte Libertà, esercente l’attività di commercio di autovetture; immobile sito a Condofuri - frazione Marina; 2 immobili siti a Reggio Calabria, via Caserta Crocevia; autovettura Smart Fortwo Coupe MHD.

Angela Minniti, 45 anni: autovettura Mercedes Classe A 180 CDI; 

Antonino Nicolò, 61 anni: patrimonio aziendale, quote societarie e capitale sociale della società "Villa Arangea" di Martino Anna Rosa & Nicolò Alessandro S.n.c." con luogo di esercizio a Reggio Calabria, Piazza Chiesa Arangea nr. 97, esercente l’attività di bar; 3 immobili siti aReggio Calabria, Frazione Croce Valanidi; autovettura Nissa Qashqai;

Carmelo Salvatore Nucera, 57 anni: patrimonio aziendale (comprensivo dei conti correnti) della "Ditta individuale Maria Rita Nucera" ad insegna "Dolce far Dolci" avente sede a Reggio Calabria, via Santa Caterina 185; patrimonio aziendale (comprensivo dei conti correnti), quote societarie, capitale sociale della società "Ritrovo Libertà  S.a.s. di Nucera Ilaria & C." con luogo d’esercizio a Reggio Calabria, via Santa Caterina 154/160;

Domenico Stillittano, 54 anni: ditta individuale “Caffetteria Mediterranea di Saccà Saveria", con sede a Reggio Calabria, via Manfroce 77/I; quota del 50% del capitale sociale della "Costruzioni Elite S.a.s. di Francesco Ferrante", con sede a Reggio Calabria, via della Vittoria 16, esercente attività di costruzione edifici; fabbricato sito nel Comune di Reggio Calabria, via Comunale - Vito Inferiore;

Mario Vincenzo Stillittano, 50 anni: ditta individuale “Fashion Cafè di Minniti Angela", con luogo di esercizio a Reggio Calabria, via Argine Destro Annunziata 89; quota parte pari al 50% del patrimonio aziendale della "Ditta individuale Smeriglio Giuseppe", con domicilio fiscale a Reggio Calabria, viale Pio XI; quota parte pari al 50% delle quote societarie e del valore nominale del capitale sociale della "Delizie del mare S.r.l.", con domicilio fiscale a Reggio Calabria, via San Francesco da Paola 108/D; terreno sito a Reggio Calabria, Frazione Vito Superiore. Il Tribunale - Sezione Misure di Prevenzione ha, altresì, disposto il "divieto di ottenere licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio, iscrizione nel registro delle imprese, di concludere contratti pubblici di lavori, etc.." nei confronti del 61enne Antonino Nicolò, del 57enne Carmelo Salvatore Nucera,del 54enne Domenico Stillittano, del 50enne Mario Vincenzo Stillittano e dei componenti i rispettivi nuclei familiari.

Sequestrati beni a due indagati nell'operazione "Due Mari"

Beni per un valore di circa 270.000 euro sono stati sequestrati dai finanzieri del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, in esecuzione di un provvedimento emesso dal giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione distrettuale antimafia reggina. L’attività rappresenta il completamento della vasta operazione denominata "Due mari" eseguita dal medesimo reparto della Guardia di Finanza, sotto la direzione della Procura distrettuale, nell’ambito della quale è stata sgominata un’organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. In tale contesto, su specifica delega d’indagine della D.D.A. reggina, sono stati effettuati complessi ed articolati accertamenti economico-patrimoniali finalizzati all’applicazione dell’articolo 12 sexies della legge n. 356/92, nei confronti di alcuni dei soggetti indagati, che hanno permesso di pervenire, su disposizione del giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria, al sequestro di beni immobili, rapporti bancari, quote societarie e di una attività economica per un valore stimato in circa 270.000 euro. Colpiti dal provvedimento di sequestro sono due dei soggetti indagati, già raggiunti il 30 giugno scorso dall’ordinanza di custodia cautelare, titolari a vario titolo di beni mobili, immobili, attività economiche e quote societarie risultati sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati. Gli accertamenti patrimoniali eseguiti nei loro confronti e dei prossimi congiunti hanno, infatti, consentito alle Fiamme Gialle di accertare l’esistenza di una netta sproporzione tra i redditi dagli stessi dichiarati e le relative disponibilità patrimoniali. Nello specifico, l’esecuzione del provvedimento, che ha interessato il territorio reggino e la provincia di Roma, ha portato al sequestro di una ditta individuale ad Albano Laziale, quattro quote di proprietà di terreni ad Ardore, due quote societarie riferite ad una società di Platì e ad un’altra di Velletri, un immobile a Bovalino, un autocarro e diversi rapporti bancari, per un valore complessivo stimato pari a 270.000 euro circa.

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Sequestrati villa e automobile ad un affiliato alla 'ndrangheta

La Guardia di Finanza ha dato esecuzione al sequestro, per la successiva confisca, dei beni appartenenti ad un esponente di rilievo della criminalità organizzata locale. Il provvedimento della magistratura eseguito dai finanzieri è stato emesso dal Tribunale di Catanzaro su conforme richiesta del procuratore distrettuale antimafia, articolata sulla base di un’informativa del Gruppo della Guardia di Finanza di Lamezia Terme. Le indagini della Guardia di Finanza hanno così consentito di mettere ancora in luce la pericolosità sociale del soggetto, la sua appartenenza ad una agguerrita organizzazione ‘ndranghetistica e la dedizione al compimento di gravi reati, dei cui proventi ha vissuto abitualmente, anche in modo agiato, per anni. Il sequestro è basato su indagini di polizia economicofinanziaria, istituzionalmente svolte dalla Guardia di Finanza, tese ad aggredire i patrimoni illeciti conseguiti dagli appartenenti alla criminalità organizzata, mediante i proventi delle svariate attività criminali compiute negli scorsi anni. Infatti, i finanzieri lametini, dopo aver eseguito indagini di polizia giudiziaria finalizzate ad evidenziare gli aspetti criminali dell’organizzazione ‘ndranghetistica, hanno concentrato l’attenzione investigativa sui patrimoni degli appartenenti ai clan della ‘ndrangheta operanti nella piana lametina. Gli sforzi investigativi hanno quindi condotto, fra gli altri, al sequestro, che ha avuto come oggetto, una villa ubicata in città, risultata nella disponibilità concreta del soggetto destinatario del provvedimento, nonostante fosse formalmente intestata alla moglie ed un’autovettura. I mirati accertamenti patrimoniali e reddituali delle Fiamme Gialle, condivisi dal procuratore della Repubblica di Catanzaro, sono infatti riusciti a dimostrare che i beni sequestrati per la confisca sono di valore del tutto sproporzionato ed ingiustificato rispetto ai redditi leciti dichiarati ed al tenore di vita mantenuto dall’indiziato. Ciò ha consentito alle Fiamme Gialle di fornire alla magistratura un solido quadro indiziario per disporre il sequestro dei cespiti patrimoniali, rivelatisi di origine illecita o ingiustificati nel possesso del soggetto indiziato di appartenere ad una cosca della ‘ndrangheta, il cui valore si attesta in oltre 250.000,00 euro. L’operazione odierna rientra in un più vasto dispositivo di contrasto alla criminalità organizzata, coordinato dal Comando provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro, attraverso il quale si tende, oltre che ad accertare i vari gravi reati commessi, soprattutto a privare gli autori dei crimini di ogni provento illecito, indebitamente conseguito, molte volte, a prezzo di efferati delitti.

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'Ndrangheta. Sequestrati beni per 21 milioni di euro ad un imprenditore

A seguito di indagini patrimoniali – coordinate dalla Procura della Repubblica di Catanzaro,  la Guardia di Finanza ha sottoposto a sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, un patrimonio di circa 21 milioni di euro, nei confronti di Francesco Anselmo Cavarretta, ritenuto, per le frequentazioni ed i riscontri emersi nelle varie attività d’indagine, "espressione economica" della cosca Arena, per uno specifico settore di affari illeciti ovvero quelli legati all’imprenditoria, con particolare riferimento al percepimento di contributi pubblici. Stamane, infatti, le Fiamme Gialle della Compagnia Guardia di Finanza di Crotone hanno dato esecuzione alla misura di prevenzione patrimoniale, emessa dal Tribunale di Crotone - Sezione Misure di Prevenzione – su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, ai sensi della normativa antimafia. Tale normativa prevede l’applicazione delle misure di prevenzione, anche patrimoniali, a carico di soggetti ritenuti, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi, ovvero, che per la loro condotta ed il loro tenore di vita, debbano ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuosa. Inoltre, l’art. 4 del Decreto Legislativo 159/2011 ha ampliato la sfera dei soggetti destinatari di tali misure di prevenzione anche a coloro "già solo" indiziati del delitto di cui all’art. 12 quinquies D.L. 306/1992, delitto per il quale è comunque intervenuta, in capo a Cavarretta, condanna definitiva nel mese di febbraio 2015, per la quale ha goduto del beneficio della sospensione della pena. Il provvedimento ha determinato nei confronti del proposto l’applicazione del sequestro anticipato di beni mobili, immobili ed aziende nella disponibilità diretta ed indiretta dello stesso Cavarretta. Questi, dai riscontri documentali finora raccolti, nel corso degli anni, si è inserito nell‘economia legale, favorito da soggetti compiacenti, alcuni dei quali intranei alla criminalità organizzata, utilizzando ingenti liquidità finanziarie, frutto di proventi illeciti derivanti da contributi statali, europei e rimborsi I.V.A., erogati a imprese commerciali -ad egli stesso direttamente o indirettamente riconducibili- per circa 25 milioni di euro. Nello specifico, l’esecuzione dell’atto giudiziario ha portato al sequestro da parte delle Fiamme Gialle dei seguenti beni: partecipazioni in 13 società di capitali ubicate in Calabria, Lombardia e Toscana, aventi per oggetto sociale l’attività nautica/cantieristica, immobiliare ed alberghiera; complesso turistico-ricettivo, sito in Isola di Capo Rizzuto, con annessa azienda agricola, estesa su sei ettari e 2 opifici con Categoria D/1; tre immobili di natura residenziale, in Crotone, Isola di Capo Rizzuto e Cotronei; terreno edificabile di circa mq. 43.000, ubicato in località Le Castella di Isola di Capo Rizzuto, antistante il porticciolo turistico. due autovetture ed un quad; 4 assicurazioni sulla vita per un valore di oltre 1 milione di euro; un bar ad Isola di Capo Rizzuto. Il Tribunale di Crotone, nel decretare il sequestro dei predetti beni il cui valore complessivo è stimato per circa 21 milioni di euro, ha fissato la discussione sul merito della proposta all’udienza del 22 settembre per il prosieguo, ai fini delle autonome valutazioni delle autorità competenti, circa la confisca, quale epilogo finale dell’illecito arricchimento.

 

"Faida dei boschi": sequestrati beni per 800 mila euro a presunto boss della 'ndrangheta

A seguito di indagini patrimoniali - coordinate dal Procuratore Capo della Repubblica di Catanzaro,  Nicola Gratteri e dal Procuratore Aggiunto Vincenzo Luberto - la Guardia di Finanza di Catanzaro ha sottoposto a sequestro un patrimonio di circa 800.000 euro. Nella mattinata odierna i finanzieri del G.I.C.O. del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro in esecuzione di un provvedimento emesso dal giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito il sequestro di 4 unità immobiliari e  5 terreni siti nei Comuni di San Sostene e Davoli, in quanto ritenuti di fatto riconducibili a Fiorito Procopio, boss della cosca Sia-Procopio-Tripodi (alleata con la cosca Vallelunga di Serra San Bruno), operante sul litorale ionico soveratese e già colpita da analoghi provvedimenti nell’ambito dell’operazione convenzionalmente denominata Showdown. Si tratta di ulteriori indagini eseguite nei confronti di alcuni appartenenti alla medesima cosca mediante l’approfondimento di elementi investigativi emersi nel corso dell’originaria indagine Showdown che aveva disarticolato la cosca in questione a seguito della cosiddetta "Faida dei boschi". Il sequestro di oggi rappresenta l’epilogo di complesse ed articolate indagini economico - finanziarie eseguite dal G.I.C.O. di Catanzaro e coordinate dalla D.D.A di Catanzaro attraverso una meticolosa ricostruzione di articolati assetti societari e di sofisticate operazioni finanziarie ed il conseguente incrocio con le risultanze dell’attività tecnica ed info-investigativa svolta sul territorio. Dette indagini, delegate dalla D.D.A. catanzarese, avevano consentito di ricostruire gli interessi economici della cosca che, ricorrendo ad articolati schermi societari e a fittizie intestazioni di beni, era riuscita ad ingerirsi in importanti iniziative imprenditoriali ed attività commerciali apparentemente legali. Al culmine dellattività investigativa, la Guardia di Finanza ha denunciato alla D.D.A. di Catanzaro 6 soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, del reato di intestazione fittizia di beni di cui all’art. 12 quinquies della legge 356/1992, aggravato dalle cosiddette "modalità mafiose" di cui art. 7 della legge 203/91, procedendo, contestualmente, al sequestro preventivo di beni immobili per un valore complessivo stimato in circa 800.000,00 euro. 

Sequestrati beni per oltre 740 mila euro ad affiliato alla 'ndrangheta

A seguito di indagini patrimoniali, coordinate dal nuovo Procuratore Capo della Repubblica di Catanzaro,Nicola Gratteri e dal Procuratore Aggiunto presso la Direzione Distrettuale Antimafia, Giovanni Bombardieri, il GICO della Guardia di Finanza di Catanzaro ha sottoposto a sequestro un patrimonio di oltre 740 mila euro riconducibile a Franco Trovato, affiliato alla cosca di ‘ndrangheta Giampà, operante a Lamezia Terme. Nel corso dell’attività odierna, in particolare, è stata data esecuzione ad una misura di prevenzione patrimoniale, emessa dal Tribunale di Catanzaro - Sezione Seconda Penale - su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ai sensi del nuovo Codice Antimafia (D. Lgs. 159/2011). Tale normativa prevede l’applicazione delle misure di prevenzione, anche patrimoniali a carico di soggetti ritenuti, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi, ovvero che per la loro condotta ed il tenore di vita debba ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuosa. Il destinatario del provvedimento, oltre ad aver subito condanna, ormai definitiva, per reati di violazione della legge sulle sostanze stupefacenti e della legge sulle armi, ha riportato una condanna in primo grado alla pena di dodici anni di reclusione per il reato di partecipazione all’associazione mafiosa facente capo a Francesco Giampà, inteso il “Professore”, operante a Lamezia Terme, nonché per il reato di partecipazione ad associazione a delinquere dedita alla commissione di truffe assicurative. Le indagini patrimoniali condotte dagli investigatori del G.I.C.O., prodromiche all’emanazione del provvedimento di sequestro, hanno consentito di ricostruire in capo all’indagato un notevole complesso patrimoniale, costituito da beni immobili, attività commerciali, quote societarie e disponibilità  finanziarie, detenute sia direttamente che attraverso prestanome, il cui valore è risultato sproporzionato rispetto alle capacità economico-reddituali dei rispettivi titolari. Nello specifico, l’esecuzione del provvedimento ha portato al sequestro dei seguenti beni: un fabbricato a Nocera Terinese; quote di proprietà su 8 fabbricati a Lamezia Terme; quote di partecipazione su 3 attività economiche; quote di proprietà su 6 terreni; rapporti bancari e finanziari, per un valore complessivo stimato pari a 744 mila euro circa.

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'Ndrangheta. Sequestrati beni a reggente di un clan e ad un suo parente

A seguito di indagini patrimoniali - coordinate dal nuovo Procuratore Capo della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, dal Procuratore Aggiunto presso la D.D.A., Giovanni Bombardieri, e dal Sostituto Procuratore presso la Direzione Distrettuale Antimafia, Pierpaolo Bruni – la Guardia di Finanza di Cosenza ha sottoposto a sequestro un patrimonio di circa un milione di euro nei confronti di Francesco Patitucci,  esponente di spicco del clan Ruà / Lanzino e di un suo parente, Giuseppe De Cicco, presunto intraneo alla stessa cosca. In data odierna, infatti, i militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Cosenza hanno dato esecuzione ad una misura di prevenzione patrimoniale, emessa dal Tribunale di Cosenza – Sezione Misure di Prevenzione - su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ai sensi del nuovo Codice Antimafia (D. Lgs. 159/2011). Tale normativa prevede l’applicazione delle misure di prevenzione, anche patrimoniali a carico di soggetti ritenuti, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi, ovvero che per la loro condotta ed il tenore di vita debba ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuosa. Il reggente della cosca si trova attualmente detenuto presso la casa circondariale di Terni per violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale e per violazione legge armi. Patitucci è stato già condannato per il delitto di associazione mafiosa e reati connessi con sentenze di primo e secondo grado (divenuta irrevocabile nel 2015) nelle quali veniva condannato per appartenenza all’associazione mafiosa denominata "Lanzino/Rua" e riconosciuto quale "reggente" della consorteria, nonché per la commissione di reati di estorsione e di usura aggravati dall’art. 7 L. 203/91. Peraltro il capo clan era già stato condannato per la partecipazione all’associazione mafiosa denominata "Pino-Sena” con sentenza della Corte di Assise d’Appello di Catanzaro, divenuta irrevocabile nel 2000. Giuseppe De Cicco, invece, è legato da stretti rapporti di natura familiare con il reggente del clan ed è indicato come intraneo alla cosca "Ruà-Lanzino", prevalentemente, sostengono gli inquirenti, con compiti riscossione dei proventi dell’usura praticata dal clan. Gli accertamenti patrimoniali eseguiti nei loro confronti e dei prossimi congiunti hanno permesso di appurare, a parere degli investigatori,nel periodo 2002 / 2013, una netta sproporzione delle movimentazioni economico-finanziarie in uscita (ad esempio, acquisti di immobili) rispetto ai redditi dichiarati, inidonei persino a soddisfare le esigenze primarie di vita. Nello specifico, l’esecuzione del  provvedimento ha portato al sequestro dei seguenti beni: 4 fabbricati turistico-residenziali, siti in provincia di Cosenza; una società di capitale, con 10.000 quote sociali, con relativo complesso aziendale operante nel settore delle costruzioni di edifici; un automezzo; diversi rapporti bancari,per un valore complessivo stimato pari a un milione di euro.

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