L'aviazione israeliana bombarda un convoglio di armi destinato ad Hezbollah

I cacciabombardieri israeliani sarebbero entrati in azione nella regione montuosa di Qalamoun, in Siria occidentale, per colpire un convoglio di armi destinato ad Hezbollah. La notizia è stata battuta dai media libanesi e siriani. Secondo gli organi d'informazione siriani l'aviazione dello stato ebraico  avrebbe preso di mira anche obiettivi militari riconducibili alle milizie di Hezbollah situati nel sud della Siria.

Le forze speciali Usa pronte ad intervenire in Siria

Secondo quanto riportato dalla Cnn, le forze speciali statunitensi, Seals e Delta Force, starebbero per essere schierate sul teatro siriano. Si tratterebbe, in tutto, di un'aliquota composta da una cinquantina di uomini che dovrebbe andare a sostenere lo sforzo bellico dei ribelli "moderati" impegnati nei combattimenti contro i miliziati dello Stato islamico. Alla luce dei modesti risultati conseguiti con i bombardamenti aerei avviati nel settembre 2014, lo stato maggiore statunitense ha, evidentemente, deciso di cambiare strategia. Una scelta dettata, anche, dalle conseguenze determinate dall'intervento russo i cui raid aerei stanno producendo risultati piuttosto apprezzabili. Quanto gli Stati Uniti siano preoccupati dell'impatto che l'aviazione di Mosca potrebbe avere nell'area è testimoniato, inoltre, dalla decisione di dotare la base area di Incirlik, in Turchia, di un ulteriore componente aerea composta da aerei F15 ed A10.

 

L'Isis "giustizia" un soldato siriano facendolo schiacciare da un carro armato

Non sembrano intenzionati a mettere fine alla loro gratuita brutalità i miliziani dello Stato Islamico che avrebbero  giustiziato un prigioniero siriano facendolo schiacciare da un carro armato. A segnalare l'ultimo episodio di atrocità compiuto dagli "uomini in nero", l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani. Secondo l’organizzazione dell’opposizione non radicale in esilio a Londra, i carnefici avrebbero caricato in rete un video in cui si vede il diciannovenne soldato lealista mentre finisce sotto i cingoli di un tank nel distretto di Homs. Il filmato, la cui autenticità non è stata confermata da fonti indipendenti, si apre con il volto di un ragazzo che racconta di aver preso parte ai combattimenti sostenuti dall’esercito regolare siriano. L’ultima parte della registrazione immortala il prigioniero steso a terra, con mani e piedi legati, mentre un carro armato procede nella sua direzione fino a schiacciarlo.

Siria, contro i russi l'Isis schiera i preservativi

Messi alle corde dai bombardamenti russi, i miliziani dello stato islamico per evitare la capitolazione starebbero mettendo mano a tutto il loro arsenale, comprese le armi non convenzionali. In un video della durata di tre minuti i miliziani hanno divulgato l'impiego di un'insolita contraerea. Come riportato da difesaonline "gli uomini in nero hanno messo in campo l’arma definitiva contro i cacciabombardieri russi: le bombe preservativo. E questo non è di certo un errore di trascrizione: i terroristi hanno utilizzato centinaia di preservativi a mò di palloni aerostatici collegato a piccole bombe che si librano nel cielo". Privi di contraerea adeguata, i militanti dell'Is spererebbero, quindi, di abbattere i bombardieri russi con un arma degna di ben altre tenzoni.  "Le bombe profilattico - prosegue difesaonline sono state lanciate sopra i cieli della città siriana di Idlib. Questi video dovrebbero suscitare paura e terrore, ma il risultato è totalmente opposto. Anzi, per certi versi, questi video aiutano a stigmatizzare i tagliagole ed i loro orrori perpetrati. Il video di tre minuti inizia con la preparazione di centinaia di bombe volanti con i preservativi già gonfiati all’interno di un edificio abbandonato. Non mancano le scritte di incitazione sui muri. Le bombe condom sono poi rilasciate in attesa di colpire qualche caccia di quarta generazione avanzata russo o un elicottero blindato come il Kamov. Il filmato si conclude con una panoramica su centinaia di bombe fluttuanti nel cielo".

Siria: Assad vola a Mosca per incontare Putin

Incontro a sorpresa tra Bashar al Assad ed Vladimir Putin. Quello di ieri, a Mosca, è stato il primo viaggio all’estero compiuto dal presidente siriano dall’inizio della guerra civile nel 2011. Da quanto dichiarato dal portavoce del presidente russo, Dmitri Peskov, nel corso del colloquio, Putin avrebbe “ottenuto dettagliate informazioni sulla situazione del Paese e sui piani futuri del governo” siriano. Alla riunione, svoltasi a porte chiuse, hanno partecipato i ministri degli Esteri dei due Paesi ed il ministro della Difesa russo. Nel corso dei colloqui, Assad avrebbe espresso la propria gratitudine alla Russia, il cui appoggio avrebbe risparmiato alla Siria “ una tragedia ancor più grande”. Nel corso dell’incontro, ovviamente, largo spazio hanno avuto le questioni legati alle operazioni militari in corso. Grande attenzione è stata, inoltre, riservata al tema dei 4 mila cittadini delle repubbliche ex sovietiche che starebbero combattendo in Siria con i gruppi “terroristici”. Un tema che desta molte preoccupazioni e per il quale il presidente Putin ha ribadito: “non possiamo permettere che successivamente facciano rientro in Russia".

Putin dice no a 300 miliardi di dollari per rovesciare Assad

Nel corso di un incontro ufficiale, l’Arabia Saudita, per il tramite del suo ministro della Difesa Mohammad bin Salman, avrebbe offerto al presidente russo Vladimir Putin 300 miliardi di dollari per rovesciare il regime di Bashar al-Assad. La notizia è rimbalzata con una certa insistenza sulla stampa russa e mediorientale. A riportare diversi retroscena sarebbe stato il quotidiano iraniano Ettelaat, secondo il quale nel corso dell’incontro ufficiale svoltosi a Sochi l’11 ottobre scorso, “il ministro della Difesa saudita avrebbe offerto a Mosca 300 miliardi di dollari e la promessa di ulteriori investimenti nell'economia russa in cambio della fine del sostegno al governo di Assad”. Ancor più ricco di dettagli un servizio apparso sul quotidiano libanese Addiyar per il quale, di fronte all’offerta saudita, Putin avrebbe replicato:  “il mio governo non è la mafia, noi non uccidiamo amici e nemici in cambio di denaro. I soldi non cambieranno i principi strategici di Mosca”. Com’è normale che sia, le varie ricostruzioni sono state categoricamente sconfessate dal Cremlino. Secondo difesaonline.it, che ha riportato la notizia, “la smentita del Cremlino, potrebbe rientrare in un perfetto gioco delle parti”. Il pesante condizionamento dei media iraniani e libanesi lascerebbe pensare, infatti, che il “presunto scandalo dell’offerta” saudita sarebbe stato “montato” ad arte per rassicurare le rispettive popolazioni sulla lealtà dell’alleato russo, il cui impegno è fondamentale nello scacchiere siriano.  

Francia e Germania decidono, gli italiani pagano

“L’Italia ha riacquistato prestigio internazionale”. Una frase ripetuta ad ogni piè sospinto da esponenti del Governo, osservatori interessati ed opinionisti ancillari. Una frase con la quale si cerca di nascondere la verità cristallizzata nei dolorosi “schiaffi” ricevuti, negli ultimi anni, dal Belpaese. La storia dei Marò è solo una delle tante, una vicenda in cui i Governi che si sono succeduti non sono riusciti a far valere le ragioni dell’Italia né in termini di diritto, né in termini politici. Quanto il ruolo italiano sia marginale e subalterno, non solo sullo scacchiere internazionale, ma anche europeo, lo dimostra il mancato invito al vertice che si svolgerà stasera a Parigi ed al quale, oltre al rappresentante Ue, prenderanno parte i Ministri degli esteri di Francia, Gran Bretagna e Germania. Al responsabile della Farnesina, Paolo Gentiloni, quindi, non è stato recapitato nessun invito. Eppure, il tema dell’incontro riguarda da vicino l’Italia. Il “direttorio” composto dalle tre potenze continentali affronterà, infatti, i nodi relativi all’Iran ed alle crisi libica e siriana, tutti Paesi nei quali, gli interessi economici italiani sono storicamente rilevanti. Come se non bastasse, dalla Siria e dalla Libia, parte la gran parte dei flussi migratori che arrivano nel nostro Paese. In altre parole, le scelte fatte a Parigi ci investiranno in pieno senza che nessun rappresentante del Governo italiano abbia contribuito a determinale. A rendere ancor più grave la situazione, l’atteggiamento silente di Renzi&Co, considerati, dalle potenze europee, alla stregua di parenti poveri da teneri relegati in un angolo. Del resto, l’esclusione dal vertice di Parigi non è, affatto, un caso isolato, basti pensare al negoziato sul nucleare iraniano al quale, in rappresentanza del Vecchio Continente, hanno partecipato, al solito, Francia, Germania e Gran Bretagna. Situazione analoga a quanto accaduto nel caso della crisi Ucraina. Nel corso degli accordi di Minsk, del febbraio scorso, seduti al tavolo dei negoziati, nel ruolo di sensali, c’erano infatti le diplomazie francese e tedesca. In tutti i casi, dall’Iran all’Ucraina, l’Italia è stata chiamata a condividere il peso di scelte economiche, come le sanzioni, assunte, il più dalle volte da Francia e Germania, ovvero Paesi che, sotto il profilo commerciale, sono nostri concorrenti diretti. Il tutto nel silenzio più assoluto del Governo italiano, i cui rappresentanti esclusi da tutti i tavoli che contano, si consolano in Tv parlando del riacquistato prestigio internazionale dell’Italia. Un prestigio di cui oltre confine non si è accorto nessuno.

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Aylan, la guerra in Siria ed il cinismo dell’Occidente

Hanno fatto il giro del mondo. Le immagini del corpicino senza vita del bambino siriano morto sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia sono rimbalzate ovunque. Come succede in questi casi, non sono mancate le prese di posizione e le manifestazioni di sdegno. Allo sdegno, però, secondo un collaudato canovaccio, seguirà il silenzio. Tra qualche giorno, quei fotogrammi saranno superati ed il nome di Aylan Kurdi finirà nel buco nero della memoria collettiva. Il peggior nemico dei siriani continuerà, quindi, ad essere l’indifferenza. Si, perché quella morte, quella della madre e del fratellino di cinque anni, insieme a quelle di migliaia di persone che hanno perso e continuano a perdere la vita a Kobane, a Damasco a Palmira, sono il frutto amaro dell’indifferenza, dell’ignavia, della viltà e del cinismo dell’Occidente. A cosa serve l’indignazione dei capi di Stato e di Governo se poi non hanno il coraggio di passare dalle parole ai fatti? A cosa serve lo sdegno se, poi, si lascia che la Siria continui ad essere un mattatoio a cielo aperto, se si permette all’Isis di uccidere il presente e distruggere il passato? Dopo quattro anni di guerra senza esclusione di colpi, con le città trasformate in cumuli di rovine, è del tutto ovvio che chi ne ha la possibilità cerchi di scappare. Chi, invece, non può scappare è costretto a rimanere prigioniero dell’inferno siriano ed a sperare che ogni giorno non sia l’ultimo. Eppure, in una situazione del genere, nessuno interviene per fermare il massacro. Lo stillicidio di morti va avanti, anche quando non lo vediamo, anche quando gli organi d’informazione non ce lo sbattono in faccia. Ma in tanti fanno finta di niente, preferiscono girarsi dall’altra parte o rifugiarsi nella retorica dell’accoglienza e della solidarietà pelosa. Aylan Kurdi è morto mentre cercava di scappare su un barcone. Ma è normale che un bimbo di due anni debba fuggire, con sua madre e suo fratello, come fosse un criminale? E’normale che i profughi siriani, profughi veri, che scappano da una guerra vera, siano costretti a sfidare il mare su imbarcazioni di fortuna? Viene da chiedersi cosa faccia l’Onu ed a cosa serva una pletora di funzionari lautamente pagati se poi l’organismo internazionale che, per statuto, dovrebbe mantenere la pace e la sicurezza internazionale, si guarda bene dall’intervenire. Che fine hanno fatto la Nato, l’Unione europea e gli Stati Uniti? Che fine hanno fatto i promotori delle “Primavere arabe”, ovvero i veri responsabili delle carneficine che insanguinano il Mediterraneo, dalla Libia alla Siria? Affinché le parole pronunciate in questi giorni non siano semplici esercizi di malferma retorica, i leader occidentali devono intervenire e cercare una soluzione per fermare il massacro. Limitarsi ad offrire ospitalità a qualche profugo, incalzati dall’onda emotiva, non può bastare. Per ogni siriano che riesce ad arrivare in Europa ce ne sono, infatti, migliaia che rimangono intrappolati dai bombardamenti. Uomini, donne e bambini che non possono scappare e che muoiono lo stesso, anche quando nessuno ce li fa vedere.

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