Operazione antibracconaggio, i carabinieri smantellano un'organizzazione dedita al traffico di specie animali protette

Operazione antibracconaggio dei carabinieri forestali del Raggruppamento Cites che hanno eseguito, in provincia di Reggio Calabria, un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 8 persone, accusate di appartenere ad un’organizzazione dedita alla cattura ed al commercio, su territorio nazionale e all’estero, di avifauna selvatica protetta e particolarmente protetta dalla Convenzione di Berna.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Reggio Calabria, avrebbero permesso di accertare che i presunti bracconieri, dediti alla cattura indiscriminata di migliaia di volatili in aree boschive della Calabria, avrebbero organizzato una filiera illegale per il libero commercio degli esemplari vivi, venduti in Italia e all’estero, sviluppando anche autonomi canali di distribuzione di uccellagione morta destinata ai ristoranti del Nord Italia.

 

Operazione antibracconaggio, denunciate 7 persone

Sette persone denunciate, fucili, munizioni e richiami acustici elettromagnetici sequestrati.

Questo il bilancio di un’ operazione antibracconaggio, condotta dalla polizia provinciale di Cosenza.

In particolare, nel corso di  quattro distinte operazioni condotte in località Marina di Sibari, Lattughelle e Sibari del Comune di Cassano allo Ionio, gli agenti hanno sorpreso in flagranza di reato 6 persone.

Durante le operazioni sono stati sequestrati: 9 fucili da caccia e le relative munizioni; sette richiami acustici elettromagnetici; un telefono cellulare utilizzato come richiamo acustico; un accumulatore 12 volt; ventuno esemplari di avifauna abbattuta della specie Pispola, un codirosso, sette esemplari di fringuello, due verdoni, due fanelli e delle allodole.

Tutte le persone fermate sono state denunciate, a piede libero, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Castrovillari, mentre il materiale sequestrato è stato posto a disposizione della stessa Autorità giudiziaria. Elevate anche sanzioni amministrative, per mancata annotazione sul tesserino regionale della selvaggina abbattuta o per la mancata esibizione della ricevuta di versamento della tassa di concessione governativa.

Il Reparto operativo del distaccamento di San Giovanni in Fiore, invece, nella zona di Protezione speciale denominata “Sila Grande”, in agro di Celico, ha contestato ad un cacciatore l’abbattimento di una pispola, appartenente a specie particolarmente protetta. Il responsabile è stato denunciato a piede libero alla Procura di Cosenza. Dopo aver elevato una sanzione amministrativa per la mancata annotazione sul tesserino venatorio della selvaggina cacciabile abbattuta (5 allodole), gli agenti hanno sottoposto a sequestrato un fucile da caccia, munizioni e il capo abbattuto.

Bracconaggio e attività venatoria illegale, denunciate due persone

Stava cacciando all’interno del Parco nazionale del Pollino. Per questo motivo, un uomo di Santa Maria del Cedro è stato denunciato dai carabinieri forestale della Stazione Parco di Grisolia.

 Il cacciatore, che dovrà rispondere di attività venatoria e introduzioni di armi all’interno dell’area protetta, è stato sorpreso in località “Mira” di Orsomarso.

I militari hanno sequestrato il fucile calibro 12 e le munizioni in possesso dell'uomo. Nel corso del controllo, sono state individuate e sottoposte a sequestro, anche, due carcasse di cinghiali da poco abbattuti.

In un altro controllo antibracconaggio effettuato in località “Prato” di Verbicaro, area limitrofa al Parco Nazionale, i carabinieri forestale hanno sorpreso un uomo del luogo con un richiamo acustico elettromagnetico attivo, usato per i Fringillidi, una gabbietta per uccelli e un ramo piantato a terra cosparso di colla.

Per tale motivo è stato sanzionato e deferito all’Autorità giudiziaria per il reato di uccellagione con richiamo acustico non consentito.

 

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Sorpresi a caccia di ghiri, arrestati due bracconieri

Due uomini di 53 e 59 anni, sono stati arrestati dai carabinieri di Campana, nel corso di un’attività di controllo effettuata nei boschi della Sila.

I due sono accusati di porto illegale di armi e munizioni, nonchè di abbattimento e detenzione di animali minacciati d'estinzione.

In particolare, i militari hanno trovato i due in possesso di un fucile a canne sovrapposte, diverse cartucce e bossoli calibro 8.

I carabinieri hanno, quindi, constatato che stavano rientrando da una battuta di caccia illegale come comprovato dagli otto esemplari di ghiri in loro possesso. Pur essendo una specie animale protetta a causa del rischio estinzione, i piccoli roditori erano stati uccisi a colpi d'arma da fuoco.

Il fucile, inoltre, seppur regolarmente denunciato, non poteva essere portato al di fuori del luogo di custodia dato che il proprietario non ha mai ottenuto il porto d’armi.

Una successiva perquisizione presso l'abitazione di uno dei due ha fatto emergere la detenzione, senza alcuna autorizzazione, di circa duecento cartucce calibro 12 e quasi 1,5 chilogrammi di piombo, usato per la produzione di munizioni.

Arrestati, i due sono stati portati nelle rispettive abitazioni ai domiciliari in attesa della convalida del provvedimento, a disposizione dell’autorità giudiziaria, come disposto dal Sostituto Procuratore della Procura della Repubblica di Castrovillari che coordina le attività.

 

 

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I carabinieri arrestato tre bracconieri

Gli uomini del Nucleo operativo antibracconaggio dei carabinieri, con la collaborazione di operatori dell’Associazione ambientalista C.A.B.S., presso la frazione di Archi del Comune di Reggio Calabria hanno tratto in arresto: P.G. di 75 anni 75, V.A. di anni 29 ed M.G. di anni 35.

I tre reggini sono accusati di bracconaggio poiché i militari, impiegati nell’”Operazione Adorno 2017”, li hanno individuti tra la vegetazione mentre erano intenti a sparare ai falchi pecchiaioli che in questo periodo dell’anno seguono la rotta dello Stretto per la migrazione.

Una volta bloccati, i presunti bracconieri sono stati identificati e tratti in arresto. Il personale del Noa Carabinieri avrebbe, inoltre, accertato l’uso da parte dei tre uomini di un fucile  con matricola abrasa.

Agli arrestati sono stati contestati i reati di porto e detenzione abusiva di arma clandestina, ricettazione e concorso di persone nella commissione del reato.

Al termine dell’udienza svoltasi oggi, il gip presso il Tribunale di Reggio Calabria, Antonino Laganà, ha disposto per P.G. la misura degli arresti domiciliari e per gli altri due indagati la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Operazione "Adorno 2017", i militari dell'Arma in azione contro il bracconaggio (VIDEO)

Il fenomeno del bracconaggio sullo Stretto di Messina è legato principalmente al flusso migratorio che ogni anno interessa questi territori. Lo Stretto rappresenta una delle tre direttrici principali, unitamente a Gibilterra ed al Bosforo, su cui si muovono i grandi flussi degli uccelli migratori sull’asse Europa/Africa. Tali massicci spostamenti avvengono nel periodo primaverile, a ridosso della stagione riproduttiva, con direzione sud-nord verso i distretti nidificazione del centro e nord Europa, e nel periodo autunnale, dove i migratori ritornano nei siti di svernamento in Africa, posti anche in aree sub sahariane.

Questa ricostruzione dei percorsi compiuti dai migratori transahariani serve a comprendere il motivo per cui spesso molti individui transitino bassi a dispetto di ottimali condizioni meteo (ma stremati dal lungo volo) e come mai a volte affrontino l’attraversamento dello Stretto di Messina anche con condizioni meteo avverse.

Si presume che per molti di loro questo ultimo braccio di mare sia un ostacolo relativamente breve rispetto a quanto affrontato fino a quel momento, e che per loro sia preferibile superarlo anche in condizioni avverse, anziché rimanere “al di qua”di esso.

A tale ipotesi si associa anche la fretta che caratterizza la migrazione primaverile ed eventuali frequenti perturbazioni,soprattutto se africane (venti di scirocco),ritardano il viaggio (vento in genere troppo forte per consentire l’attraversamento del Canale di Sicilia), ponendoli inevitabilmente- pur di arrivare presto- ad affrontare il maltempo,per molti di loro,purtroppo fatale.

Questo fenomeno che investe le città di Reggio Calabria e Messina, coinvolge centinaia di migliaia di esemplari di vari rapaci di varie taglie e di varie specie di grandissimo interesse naturalistico oltre che fauna protetta particolarmente protetta dalla normativa nazionale e comunitaria ha sedimentato nei secoli l’interesse del mondo venatorio su tali “prede” facendo diventare tale attività cinegetica una vera e propria “tradizione” molto radicata nei costumi locali. Attività perfettamente legale sino alla fine degli anni ‘ 70 del trascorso secolo e che è diventata illegale con una crescente gradiente di punibilità, per quanto previsto dalla L.152/92 e conseguenti leggi regionali.

Durante tale pratica venatoria che, come visto, sul finire degli anni ’70 è diventata illegale, ogni anno venivano abbattuti migliaia di esemplari appartenenti a specie di enorme interesse naturalistico con un massiccio ed incontrollato impiego di armi da caccia non solo dalle postazioni “tipiche” in calcestruzzo di cui erano, ed in parte sono, costellate le coste calabrese e siciliana che si affacciano sullo Stretto, ma anche dai balconi e terrazze di edifici posti in pieno centro cittadino, creando, tra l’altro, non pochi problemi di sicurezza pubblica. Per contrastare tutto ciò, il Corpo Forestale dello Stato dagli inizi degli anni ’80 ha pianificato ed organizzato servizi specifici di prevenzione e repressione al fenomeno del bracconaggio nel periodo primaverile, prima, e successivamente anche per il periodo autunnale. Tale attività ha previsto l’impiego di un contingente specifico, denominato “Reparto Adorno”, in riferimento al nome con cui localmente viene definito il Falco Pecchiaiolo, costituito da unità proveniente da tutto il territorio nazionale, che ha portato, nel tempo, ad una sostanziale eradicazione sul versante siciliano ed una drastica riduzione sul versante calabrese di tale fenomeno che, ad oggi, nell’agro reggino può essere considerato confinato a specifici ambiti territoriali ed a specifiche pratiche che vedono l’uso anche di armi da sparo contraffatte con matricola punzonata, provenienti per lo più da furti perpetrati ai danni dei cacciatori o frutto di furti in appartamento.

A conferma di ciò, si evidenzia come l’area dello Stretto di Messina sia stata inserita tra i sette black-spot, ovvero aree in cui il fenomeno del bracconaggio è particolarmente intenso, indicati del “Piano d’azione nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici”, redatto dall’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente e proposto da quest’ultimo, in attuazione alla “Strategia nazionale sulla Biodiversità”, ed oggetto di apposito accordo tra le Parti raggiunto nella seduta della Conferenza Stato – Regioni del 30 marzo 2017, e quindi meritevole di particolare attenzione dal punto di vista del contrasto al fenomeno di cui trattasi.

Per l’anno in corso, il Comando Unità Tutela Forestale Ambientale e Agroalimentare (CUTFAA) dell’Arma dei Carabinieri, nel quale all’inizio dell’anno è confluito il Corpo forestale dello Stato, ha voluto dare nuovo impulso a tale importantissimo servizio di tutela della fauna selvatica, mettendo in atto un dispositivo di prevenzione e repressione tanto sul versante calabrese che, e questo accade per la prima volta, sul versante siciliano.

In sinergia con il personale Reparti specializzati dei Carabinieri Forestali già presenti sul territorio interessato alla migrazione, infatti, stanno operando ulteriori 30 militari afferenti al NOA (Nucleo Operativo Antibracconaggio) del CUTFAA, coadiuvati, ove necessario, da personale dell’Arma territoriale.

Le funzioni di coordinamento e comando sono affidate alla Centrale Operativa Regionale, al quale afferisce anche il numero 1515 di emergenza ambientale, al quale segnalare qualsiasi atto illegale in danno della fauna migratoria ed all’ambiente.

Per tutto il periodo della migrazione, stanno operando su entrambi i versanti dello Stretto numerose Associazioni ambientaliste, anche straniere, – Legambiente, LIPU, WWF Italia, CABS (Committee Against Bird Slaughter), MAN (Associazione Mediterranea per la Natura) in collaborazione con la NABU tedesca, Progetto Natura di Milano. I volontari svolgono attività sia scientifica di avvistamento e censimento degli animali in transito, che di monitoraggio e segnalazione ai Reparti operanti degli eventuali episodi di bracconaggio. Con tre di esse – Legambiente, LIPU e WWF Italia – il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, nelle settimane scorse, ha già sottoscritto specifici protocolli d’intesa finalizzati alla cultura della legalità ed alla tutela dell’ambiente da realizzare su tutto il territorio nazionale.

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Il Corpo Forestale dello Stato ha denunciato 3 cacciatori

Il Corpo Forestale dello Stato ha denunciato tre cacciatori in possesso di regolare licenza. Bracconaggio ed esercizio illegale dell'attività venatoria i reati loro contestati. Due di loro, un 54enne ed un 28enne, tra loro padre e figlio, si trovavano nella zona di protezione speciale "Costa Viola", in località Piani di Aspromonte, nel territorio comunale di Scilla, nel Reggino, che fa parte della Rete ecologia europea natura 2000. Al suo interno è fatto divieto di cacciare per l'intera durata di settembre. Entrambi erano impegnati in un appostamento nell'area di un piccolo bosco limitrofo alla strada. Gli agenti del Corpo Forestale dello Stato del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno poi individuato a Sant'Eufemia d'Aspromonte un 34enne che pochi istanti prima aveva ucciso un colombaccio. Posti sotto sequestro, ai tre denunciati, sia la cacciagione che fucili e munizioni. 

   

“Lo smembramento della Polizia provinciale può essere evitato”

“Non disperdere le competenze e le professionalità acquisite dai Corpi di Polizia provinciale”. È l’obiettivo del consigliere regionale Giuseppe Graziano, ad avviso del quale “per la Calabria, regione che conta su un patrimonio agricolo, boschivo e faunistico di inestimabile valore, il mantenimento di un’entità così specializzata non può che essere una risorsa in più per garantire la tutela e la salvaguardia dei territori. Oggi più che mai, soprattutto per gli effetti della cervellotica riforma del Governo Renzi sulle forze dell’ordine che ha cancellato il Corpo forestale, serve un’azione incisiva che possa assicurare un presidio di controllo costante sull’ambiente. Umbria e Toscana – osserva l’esponente della Cdl - si sono già determinate per assicurare alle loro province uno stanziamento ulteriore di risorse per ampliare lo spettro d’azione della polizia territoriale e rendere la sua azione più incisiva. Il Governo Oliverio si adoperi per avviare questo stesso percorso così da evitare il proliferare dei reati all’ecosistema, soprattutto nell’ambito dei settori caccia e pesca”. Graziano, sulla questione della Polizia provinciale della Calabria e sulla vigilanza nelle materie non fondamentali, oggetto di riordino da parte del Governo Renzi, ha anche presentato un’interrogazione per chiedere al Governo regionale quali azioni intenda intraprendere al fine di tutelare questa essenziale forza di prevenzione e tutela ambientale. “In Calabria – afferma il segretario questore del Consiglio regionale - abbiamo una risorsa importante di professionalità e competenze nell'ambito della tutela del territorio, nella lotta ai crimini ambientali, al fenomeno del maltrattamento degli animali, del bracconaggio ed in genere contro lo sfruttamento criminale dell'ambiente e degli animali, rappresentata dai Corpi di Polizia provinciale. Il loro ridimensionamento, previsto dalla riforma Delrio al seguito dell’annullamento delle Province, rappresenta una mannaia per le politiche a difesa dell’ambiente e dell’ecosistema che, seppur con grandi difficoltà, sono state avviate sul territorio regionale. Si pensi all’assist che si darebbe all’azione dei bracconieri o dei trafficanti di rifiuti o, ancora, alle ecomafie senza la presenza di un organo di repressione. Appare ovvio – aggiunge Graziano - che ci troviamo di fronte all’ennesima decisione bizzarra del Governo centrale che da un lato taglia, ingiustamente, fondi e competenze ma dall’altro, ovviamente, esige massimo controllo dei territori attraverso un’azione di polizia pervasiva. E si capiscono le difficoltà delle Regioni, così come quelle dei Comuni, nel dover far fronte ai servizi avendo poche risorse disponibili. Ecco perché è d’obbligo, soprattutto in questa contingenza, essere lungimiranti e scaltri. Magari trovando le giuste interpretazioni alla legge. A proposito, l’accordo Stato-Regioni – precisa Graziano – dello scorso 5 novembre fornisce una cornice interpretativa condivisa per la migliore applicazione della normativa introdotta dal decreto legge 78/15 in materia di Polizia Provinciale. Alle regioni, viene data la possibilità di riallocare il personale per le funzioni di vigilanza collegate alle funzioni non fondamentali oggetto di riordino da parte della Regione, con copertura delle relative spese. Diverse regioni, come l’Umbria e la Toscana, hanno già annunciato l'accordo con le Province, che consentirà, di mantenere l'unitarietà dei corpi di polizia provinciale, evitando inutili quanto dannose dispersioni in altri ambiti, di personale specializzato in materie importanti. In tali convenzioni, si stabilisce che la Polizia Provinciale, oltre ad occuparsi della vigilanza sulle materie fondamentali oggi in capo agli Enti di area vasta, si occuperà, per conto delle regioni, anche di controlli sulla caccia, sulla pesca, e su diverse materie, di competenza amministrativa regionale. Potrebbe fare lo stesso anche la Regione Calabria, che in tal modo – è la proposta di Graziano - potrebbe evitare sia la parziale, scompaginata e incongrua mobilità di personale di polizia provinciale verso altre destinazioni e sia la drastica riduzione o annullamento delle attività di presidio del territorio in aree rurali ed extraurbane”.

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