"Bruno e Lanuino", la due giorni di studi per un "ritorno" al Medio Evo

Si è tenuto venerdì e sabato, presso il Museo della Certosa di Serra San Bruno, alla presenza di illustri studiosi e medievalisti il convegno “In morte quoque non sunt divisi”. Da Bruno a Lanuino: l’esperienza monastica dell’eremo di S. Maria della Torre. Ad entrare ne vivo del tema Cecilia Falchini (Il volto di Bruno a partire dai Titoli funebri), del monastero di Bose, traduttrice e curatrice, tra l’altro, dei volumi Una parola dal silenzio: fonti certosine e Fratelli nel deserto (entrambi editi dalle edizioni Qiqajon), che consentono al lettore italiano di conoscere le lettere di San Bruno e dei primi certosini e la traduzione integrale delle Consuetudines Cartusiae di Guigo I (1127-1128), prima e più importante regola dell’Ordo Cartusiensis. L’analisi ravvicinata della figura di Lanuino è avvenuta con l’appassionante relazione di Tonino Ceravolo (Deputazione di Storia Patria per la Calabria), che ha trattato il tema “Memoria e culto di Lanuino”, approfondendo ulteriormente il suo lavoro di ricerca sul monachesimo dell’Italia meridionale cominciato con Gli spirdati. Possessione e purificazione nel culto calabrese di San Bruno di Colonia (Monteleone, 1999) e proseguito con numerosi altri studi, tra i quali Vita di San Bruno di Colonia. La ricerca di Dio nel silenzio del deserto, giunto nel 2012 alla sua seconda edizione. «Ci sono tre diversi tempi memoriali – ha spiegato Ceravolo all’assemblea partecipata - quelli delle origini, quelli successi al ritorno dei certosini dopo la parentesi cistercense e il terzo tempo memoriale è il diciannovesimo secolo. Troviamo per la prima volta Lanuino nel 1091 nel documento in cui Ruggero dona il territorio di Serra a Bruno e anche allo stesso Lanuino. La sua biografia dunque inizia e finisce in Calabria. Esiste un inscindibile legame con San Bruno a tale da considerare Lanuino l'alter ego di Bruno. Da qui nasce un problema storiografico tra i più dibattuti della storia certosina che hanno fatto si che gli studiosi abbiano proposto diverse interpretazioni fino a sostenere che dal momento in cui prese le redini Lanuino la Comunità certosina si avviò verso una direttrice camaldolese. La memoria di Lanuino – ha proseguito lo storico – calabrese - si forma intorno a carte che sono di natura patrimoniale e di origine pontificia e Pasquale II ci restituisce Lanuino come un uomo d'azione destinatario più volte di missioni apostoliche. Agli inizi del sedicesimo secolo le reliquie di Bruno e Lanuino vengono ritrovate e custodite in un primo momento in Certosa e poi, dopo il terremoto, nella chiesa Matrice di Serra per poi tornare in Certosa dopo la ricostruzione. Se i certosini conservano entrambe le reliquie insieme – ha concluso Ceravolo - è perché nel decreto di beatificazione di Bruno risultano le ossa di entrambi, tutti e due santi». La due giorni è proseguita con le relazioni di Ubaldo Cortoni (monastero di Camaldoli), Pierfrancesco Stagi (Università di Torino), Silvio Chiaberto, Giuseppe Gioia (Università di Palermo), Francesco Cuteri (Associazione Italiana di Studi Bizantini), Filippo Burgarella (Università della Calabria), Roberto Bisio (abbazia di Novalesa) e di Don Leonardo Calabretta. Momento intenso anche l’intervento dell’antropologo dell’Università della Calabria, Vito Teti, già autore di un prezioso volume quale “Il senso dei luoghi” che ha spiegato come i luoghi, attraverso il loro senso e le sensazioni che infondono all’animo umano influenzino le scelte degli uomini e di come spesso gli uomini trovino il loro essere proprio ai luoghi. Quello che in parte avvenne a Bruno di Colonia quando giunse nella località che poi divenne Serra San Bruno è che è divenuta una celebre pagina della “Lettera a Rodolfo il Verde”.

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