La chiesa pronta a beatificare Cassiodoro di Squillace

Cassiodoro di Squillace presto sarà beatificato. Lo ha annunciato, tempo fa, durante una conferenza stampa, l’Arcivescovo Metropolita di Catanzaro – Squillace Monsignor Vincenzo Bertolone. A tale scopo si sta già predisponendo, con il conforto di storici e studiosi, il tribunale ecclesiastico che dovrà curare la causa di beatificazione. Ciò segue l’iniziativa del predecessore Monsignor Antonio Ciliberti che nel 2008 aveva dato l’avvio al processo canonico diocesano per il riconoscimento del culto riservato da secoli a Cassiodoro nella sua Squillace. Papa Benedetto XVI, durante una udienza generale così si è pronunciato: “Cassiodoro, un calabrese nato a Squillace verso il 485, fu un uomo di alto livello sociale, si dedicò alla vita politica e all’impegno culturale come pochi altri nell’occidente romano del suo tempo. Collaborò generosamente, e ai livelli più alti della responsabilità politica, con i popoli nuovi che avevano attraversato i confini dell’Impero e si erano stanziati in Italia. Fu modello di incontro culturale, di dialogo, di riconciliazione. Fondò il Vivarium, un cenobio in cui tutto era organizzato in modo tale che fosse stimato come preziosissimo e irrinunciabile il lavoro intellettuale dei monaci”. Ed è in questo clima che a Squillace, Flavio Magno Aurelio Cassiodoro Senatore stabilì la sua sede monastica dopo aver abbandonato gli uffici politici della Corte gotica di Ravenna. Circa il suo curriculum vitae, molti storici, e tra i tanti Marafioti e Barrio, “lo vogliono Monaco ed Abate Benedettino nel monastero sorto in Ravenna” e per altri ricercatori invece sarebbe stato un frate carmelitano e per P. Fiore agostiniano per “essere egli stato grandemente devoto del P. S. Agostino, come si cava dalle sue opere; l’avere altresì avuta stretta familiarità con un dotto e venerabile Abate Africano, chiamato Pietro”. Cassiodoro discendente da nobile famiglia di origine siriana, comunque non fu soltanto uno zelante monaco, ma anche dotto uomo di lettere e maestro di filosofia assegnato a Teodorico il quale poi lo volle alla sua corte come cancelliere, segretario, senatore, console  ordinario, questore del Palazzo imperiale e prefetto anche sotto gli altri re goti Alarico, Amalasunta, Teodato e Vitige. Dopo questi prestigiosi incarichi, sicuramente avvilito dalla politica altamente violenta dei Goti, Cassiodoro si ritirò nella sua terra nativa, attorno al 540, dove concretizzò un suo progetto, inutilmente proposto al papa Agapito per la città di Roma: fondare un centro di studi superiori. Così arrivato a Squillace fece edificare due cenobi: il “Vivariense” sulla costa lungo il torrente Pellena ed il “Castellense” in collina in prossimità del centro abitato. Nel primo sito, la vita cenobitica alla preghiera accompagnava gli studi sacri e profani e soprattutto la trascrizione di codici antichi raccolti nella locale biblioteca. Oggi molti di questi codici si trovano in alcune biblioteche europee e segnatamente in quella di Bobbio, di Bamberg , Wurzburg e Kassel. Qui, come precisa  Giovanni Stirparo, in “Cassiodoro: l’Uomo Politico e il Cenobita” (Serra San Bruno 1970), “…volle innanzitutto dare ai suoi monaci un’educazione intellettuale. Introdusse, perciò, lo studio dei testi laici che dovevano preparare i giovani allo studio e all’esatta lettura dei Testi Sacri. Questo studio, oltre che migliorare intellettualmente ‘…salutaris est nobis, proficuus, aeternus et ideo ad contemplationem Domini efficaciter pervenire mereamus’”. Insieme allo studio molto importante ed efficace si rivelò la trascrizione dei manoscritti. Quale lo scopo di tale studio? Ce lo spiega lo stesso Cassiodoro con le parole ancora di Stirparo: “è un felice disegno, un’applicazione degna di elogio, quella di predicare agli uomini mediante la mano, di slegare la lingua mediante le dita e, pur tacendo, produrre la salvezza dei mortali, combattendo mediante la penna e l’inchiostro le cattive insinuazioni del demonio. Tante parole del Signore, altrettante ferite fatte a Satana; senza contare che il copista, rimanendo in uno stesso luogo, arriva, mediante la propagazione della sua opera, in diverse province. Il suo lavoro viene letto in ogni luogo santo, ed i popoli ascoltano ciò che li distoglierà dal mal volere e li porterà a servire Dio con cuore puro”. Insomma si può dire, come ha scritto il professor Lipinski, che nella Squillace di Cassiodoro, e per suo merito e fatica, sia sorta la “Prima Università d’Europa” che lo stesso San Gregorio Magno, con lettera al vescovo squillacese Giovanni Lissitano, ne caldeggiò la continuità anche dopo la morte del Santo. E già, perché nella quiete del Vivariense o Vivarium e del Castellense, Cassiodoro si arricchì di tanta spiritualità da essere ricordato, fino a noi, come beato e santo. Infine, leggiamo, sempre da Padre Fiore, che Cassiodoro “consumato finalmente dalle fatiche sì corporali nella dettatura da tanti libri, come spirituali dall’astinenza, vigilie ed orazioni, in età assai decrepita di anni 94 o 97, riposò felicemente nel Signore”. Insomma, per dirla con le parole di Monsignor Bertolone, “è giusto che questo grande studioso, a cui l’Europa deve tanto, sia considerato a pieno titolo un uomo della Chiesa, la cui opera e la cui santità sono ancora molto sentite non soltanto in Calabria”.

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