Serra e la prima Pasqua senza "Naca"

La cristianità tutta si appresta a vivere una Pasqua particolare. La pandemia di covid19 che incombe ancora minacciosa ha causato, nella liturgia cattolica, dei cambiamenti radicali che – si spera – si devono ritenere eccezionali per questo 2020.

In particolare sono i paesi che, come Serra San Bruno, vivono di spiritualità e tradizioni secolari, ad avvertire più di ogni altro la mancanza di riti e celebrazioni che verranno sì adempiuti, ma in forma ridotta e fruibile solo grazie ai canali dei social media. Non ci sarà quest’anno “Sepolcro”, non ci saranno uffici cantati e “Schiovazziuoni”, ma soprattutto Serra si vedrà costretta a rinunciare alla più rinomato delle locali tradizioni pasquali: la Naca.

Il lungo corteo processionale che segue “i Santi” e il Cristo morto, accompagnati dalle lugubri marce della banda, non si muoverà lungo lo stradone principale del paese. Un evento che mai si era registrato da quando, a fine ‘800, è iniziata la tradizionale processione curata dal sodalizio dell’Addolorata. Certo, alcuni episodi di maltempo hanno segnato questa tradizione nel corso degli anni, ma mai ne avevano impedito lo svolgimento: chi scrive, ricorda diverse processioni della Naca segnate dalla pioggia, i più anziani addirittura qualche grandinata primaverile. Così come neppure i tragici avvenimenti bellici dei due conflitti mondiali erano riusciti a impedire lo svolgimento della processione che, ricordiamo, si svolgeva anticamente la mattina del Venerdì Santo.

Fu anzi proprio nell’immediato dopoguerra (quando da pochi mesi era sparito l’incubo di un’altra tristemente nota pandemia, la spagnola del 1918-1920) che l’itinerario processionale della “culla” (in greco, naché) col Cristo morto fu istituzionalizzata. Il Calvario come lo conosciamo oggi, infatti, venne ultimato nel 1919. Durante la Pasqua di quell’anno si decise di portare fin lì la Naca e fu una prima volta decisamente amara: come accadde anche nel 2001, i portatori non si mossero contemporaneamente e ciò causò una rovinosa caduta per la pregevole opera lignea del Cristo morto. La congrega dell’Addolorata avrebbe così deciso di acquistare un Cristo in cartapesta, più leggero e maneggevole per le funzioni pasquali. Pare però che questa statua sia stata apprezzata solo dai topi che, nel luogo in cui venne conservato, ne deturparono il viso, di fatto costringendo la confraternita a ripristinare l’uso della seicentesca statua che tanta emozione suscita nei serresi quando è appesa alla croce e ancor più adagiata sulla Naca.

Quest’anno, un nemico invisibile ha voluto che rinunciassimo a tante cose. Ma questa Quaresima, con la sua Settimana Santa, non si potrà dire trascorsa invano se avremo riflettuto anche solo un po' sul patrimonio artistico e di tradizioni che a Serra vantiamo.

Probabilmente Serra dovrà rinunciare anche a un altro evento particolarmente sentito: la Pentecoste con i riti in onore di San Bruno. A lui i serresi attribuiscono l’improvvisa cessazione dell’epidemia di spagnola che, nel 1918, non aveva risparmiato neanche Serra. Chissà che ancora una volta il Santo di Colonia non stenda la sua mano contro il coronavirus. In attesa che però ciò accada, è nostro dovere rispettare le regole che, per quanto rigide e per quante privazioni possano causarci, sono tuttavia dettate dall’esigenza più importante di tutelare la nostra e l’altrui salute.

Anche questo può essere visto come un insegnamento (dall’Alto, per chi crede): torneremo a gustare presto le nostre tradizioni e soprattutto a viverle con spirito rinnovato. Nel frattempo, restiamo a casa. Approfittiamo di questo tempo per riscoprire la nostra storia e le nostre tradizioni.

Durante il triduo della S. Pasqua, vi lascerò un articolo al giorno che parla della specifica tradizione serrese. Sperando di fare sempre cosa gradita, nella convinzione che questa quarantena (speriamo sempre più vicina a concludersi) ci faccia anche crescere nella (ri)scoperta della nostra storia e delle nostre tradizioni.

 

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