Recensione “Raccontare il lavoro. Vibo Marina e la Calci e Cementi di Segni”

Il riscatto delle classi subalterne vibonesi stese ad asciugare il sudore sulla spiaggia di Vibo Marina dopo una interminabile giornata di lavoro è l’istantanea di una epopea che, scrupolosamente narrata nel libro “Raccontare il lavoro. Vibo Marina e la Calci e Cementi di Segni” di Gaetano Luciano, restituisce un goccio di splendore alla necessità della memoria. “Ricchezza e polvere” sono parole che sembrano racchiudere in se l’intero significato dell’opera, ma sono anche una semplificazione usata dall’autore per descrivere le condizioni di vita dei lavoratori, un po’ come dire “pane e coraggio”. Se da un lato, infatti, il cementificio assicurava il sostentamento di buona parte della classe operaia vibonese, la contropartita, versata dai lavoratori, erano le condizioni di lavoro in un epoca in cui le rivendicazioni sindacali erano inesistenti o tardavano ad arrivare. Scrive Gaetano Luciano: «Si “mangiava” con la polvere dello stabilimento e di polvere bisognava anche ingoiarne. La Calci e Cementi produceva ricchezza e polvere: una parte di questa ricchezza restava sul territorio». La storia del cementificio è inscindibile da quella della città di Vibo Marina e della provincia vibonese. Al cementificio, del resto, è legata buona parte dei destini economici di questo territorio. Una realtà che ha testimoniato del lavoro di tante persone, operai, brillanti dirigenti e uomini che grazie ai loro sacrifici e alle competenze acquisite nel cementificio, mettendosi in proprio, costituirono nel contempo l’indotto ed il tessuto industriale vibonese. Gaetano Luciano descrive dunque una realtà che ha dato lavoro a centinaia di famiglie vibonesi ed ha rappresentato un polo industriale che, anche grazie al vasto e variegato lavoro connesso, ha fatto della città di Vibo Marina un centro d’eccellenza dell’industria calabrese e meridionale. Ma il cementifico era anche un centro per intrecciare relazioni sociali che contribuirono al arricchimento reciproco dei lavoratori e delle loro famiglie. Dall’estate del 1942, anno in cui Vibo Marina entra a far parte dei luoghi della industrializzazione meridionale, le ciminiere dello stabilimento sono ancora uno dei simboli della città che l’hanno accompagnata durante il boom economico del dopoguerra, gli anni delle lotte sindacali, l’epoca delle dismissioni e la difficile fase dei nostri giorni. C’è nel libro “Raccontare il lavoro. Vibo Marina e la Calci e Cementi di Segni” di Gaetano Luciano, la memoria di una terra rinchiusa nella storia del cementificio che ancora avrebbe potuto rappresentarne il presente ma, in qualche modo, anche il futuro.

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