La strage di Melissa e le bugie della sinistra

“Non è vero niente, quei morti non appartengono alla sinistra”. Così titolava Gazzetta del Sud dell’8 novembre 1991 un servizio del giornalista Elio Diogene, Direttore dell’emittente televisiva privata TeleDiogene di Crotone. Si tratta di un pezzo di storia giornalistica, rinvenuto tra le mie vecchie carte e custodito gelosamente, un pezzo che al tempo suscitò enorme scalpore. Poi nulla, oblìo, le gerarchie fecero il loro mestiere. Dopo tanto tempo mi piace riproporlo integralmente ai nostri lettori perché possa svegliare qualche addetto ai lavori e scavare per ulteriori approfondimenti. Oppure! Oppure, lontani dalle sconfitte  ideologie del vecchio Partito Comunista Italiano e Ds e Democrazia Cristiana, ormai inesistenti, chissà che il nuovo corso della Politica non apra  nuove pagine verso la verità. Dopo le foibe anche Melissa farebbe bene a tutti.

Mimmo Stirparo

 

 

 “Melissa, 42 anni dopo. Si è trascinata stancamente la celebrazione per i moti del ’49 ed in onore dei tre contadini melissesi rimasti vittime  in quella giornata del 29 ottobre. È ormai un ricordo che sfuma, tingendosi sempre più di un colore pallido. Un rituale che comincia a mostrare i segni di un vecchia pellicola d’epoca. Davanti alle poche persone convenute in paese per l’annuale manifestazione, appare uno scenario diverso di quello degli anni passati. Presenti solo gli anziani del luogo legati ai loro ricordi, i giovani oggi hanno altri culti, altri interessi. 

Ma un altro scenario è cambiato da più tempo a Melissa: è crollato il mito della terra “rossa” ed il vecchio “feudo” è amministrato dallo scudocrociato, un avvenimento nemmeno immaginabile 40 anni fa. La memoria torna prepotentemente indietro nel tempo quando Piazza del Popolo era gremita di gente che pur di essere presente il 29 ottobre, per ascoltare gli oratori di turno, si accontentava di sentirne da lontano la voce, attraverso i roboanti altoparlanti. E quando ormai Melissa non era più in grado di contenere l’assembramento, la celebrazione fu spostata a Crotone, nella grande piazza Pitagora. Folle oceaniche sottolineavano con scroscianti applausi , bandiere rosse sventolanti al vento, i discorsi dei comizianti. Fasce tricolori cingevano i fianchi dei sindaci che si raccomandavano con i “potenti”, per aver concesso l’opportunità di poter pronunciare, davanti ai microfoni, poche parole. 

E così, sui morti di Melissa si sono vergate parole a fiumi, si sono spiegati quei fatti come faceva più comodo. Per anni vecchi ‘tromboni’ hanno sfilato davanti ai cortei millantando un protagonismo di facciata, rilasciando dichiarazioni a destra e a manca per descrivere il loro momento di gloria. Ma la storia - ci diceva qualcuno – non la si scrive nell’immediatezza, perché puzza di falso ed è impregnata di convenienti bugie, occorre almeno un secolo, perché il vello della mistificazione venga squarciato e si incominci a riscriverla nella sua realtà. 

Che qualcosa di ciò che veniva propalato, non andasse per il verso giusto, lo incominciai a ravvisare alcuni anni fa, nel corso di una quelle celebrazioni per il 29 ottobre a Melissa. Mentre su un improvvisato podio qualcuno si affannava ad attirare l’attenzione de presenti e con enfatiche frasi cercava di carpire qualche assenso ed applauso, riuscì ad ascoltare, mescolato alla folla, una conversazione tra alcuni anziani che mi lasciò alquanto stupefatto: stavano criticando il Partito comunista e uno di essi ad un certo punto ha esclamato: “Continuano a prendere in giro la gente, uno di questi giorni dovremo dire al popolo come stanno veramente le cose”.

Spinto dalla curiosità cercai di saperne di più ma ad una mia richiesta un’espressione di disagio apparve sul volto di quelle persone che si allontanarono frettolosamente. Riuscì a sapere chi era il contestatore. Si trattava di uno dei protagonisti del ’49: Giuseppe Nigro, fratello di Francesco, rimasto ucciso, insieme con Angelina Mauro e con Raffaele Zito, quel famoso 29 ottobre di 42 anni fa. Armato di pazienza e di caparbietà, attesi. Alle mie insistenze, finalmente dopo due anni, il signor Nigro ha deciso di parlare davanti alle telecamere di Tele Diogene e per la Gazzetta del Sud. Per circa 40 minuti ha risposto alle domande raccontando alcune verità legate ai fatti di Fragalà (agro di Melissa dove caddero uccisi i tre contadini), fino ad oggi nascoste. È comprensibile che Nigro sorvoli un po’ sulla vicenda legata alla sparatoria, (all’epoca da parte della polizia si affermò che i celerini aprirono il fuoco dopo che nei loro confronti furono esplosi dalla folla alcuni colpi d’arma da fuoco) essendo stato protagonista da una parte della barricata, ma è molto loquace invece sul resto.

 

Qual è il suo nome?

 

“Nigro Giuseppe

 

Lei ha avuto un parente ucciso durante il moto del ’49? 

 

Sì, mio fratello Nigro Francesco.

 

Ha partecipato a quel movimento? 

 

Sì, c’ero anch’io su a Fragalà.

 

Cosa ricorda? 

 

Ricordo tutto. Ho visto arrivare i carabinieri e la polizia, maggiormente la polizia con i mitra. Appena siamo arrivati ci hanno detto di lasciare il terreno. Abbiamo risposto che noi non eravamo lì per rubare il terreno ma solo per coltivarlo poiché era incolto. Per tutta risposta ci hanno sparato ad altezza d’uomo. Ho visto mio fratello colpito, prima cadere a terra e poi trascinarsi sul terreno. Quando ho tentato di soccorrerlo era già morto.

 

Ma quel giorno a Fragalà chi c’era oltre a voi contadini? 

 

C’era il segretario della Camera del Lavoro, Peppino Barletta e nessun dirigente comunista o socialista. Non erano voluti venire perché avevano paura.

 

Ma allora quei personaggi politici che hanno sempre dichiarato di essere stati alla testa del movimento, quel giorno dove erano?

 

Le ripeto: quel giorno non c’era nessuno: Nessuno: l’on. Silvio Messinetti […] è venuto dopo. Anche Pasquale Poerio e Alicata sono venuti dopo. E dopo molto, molto tempo, è arrivato Ernesto Treccani il pittore.

 

Perché avete consentito a questa gente, fino ad oggi, di “appropriarsi” del movimento?

 

Per le promesse che ci hanno fatto. Ci hanno promesso milioni, ci hanno promesso i posti di lavoro, tante cose che non ci hanno mai dato. Lo stesso on. Messinetti ci disse che gli operai della Fiat avevano raccolto e inviato 9 milioni di lire, che per l’epoca erano una ricchezza incalcolabile, per devolverli alle famiglie delle tre vittime di Fragalà. Dopo un periodo di tempo, siccome questi soldi non arrivavamo mai, io stesso chiesi all’on. Messinetti che fine avessero fatto. Lui mi rispose ‘ci sono serviti per le sezioni (Pci) più povere’. 

 

Vi siete accontentati di questa risposta? 

 

Si in un certo senso ci siamo accontentati di questa risposta ma allo stesso tempo, presso la Procura della Repubblica di Crotone, abbiamo cercato di sapere se era stata intentata una causa contro lo Stato per un risarcimento ai parenti delle vittime ( così ci avevano detto i politici) e a quale punto fosse arrivata. L’allora procuratore ci rispose che la causa era stata archiviata, per motivi ancora oggi a noi sconosciuti.

 

Ci sono stati altri aiuti ed espressioni di solidarietà alle vostre famiglie? 

 

Sì, ci sono state altre cose. Gli operai della Fiat ci hanno direttamente scritto per chiederci se avevamo bisogno di un aratro a motore oppure di un aratro trainato da cavalli. Noi abbiamo risposto, ringraziandoli, ‘quello che ci potete mandare’.

 

Ma poi questo aratro è arrivato? 

 

Non è arrivato niente qui.

 

Ma dalla Fiat sapete se il dono è stato inviato? 

 

Penso di si perché gli operai si sono dimostrati persone serie, fin dall’inizio, interessandosi alla nostra tragedia. Non avrebbe avuto senso allora scriverci per poi non mandare niente. L’aratro sicuramente l’avranno spedito ma ripeto: qui non è mai arrivato niente. Anche dalla Russia era stato inviato un trattore presso l’indirizzo della cooperativa “Proletaria” di Melissa. Il mezzo è arrivato a Crotone, poi non si da dove sia andato a finire. Di certo a Melissa non è arrivato.

 

Ma allora, davanti a questi episodi di “sottrazione” nei vostri confronti, avete continuato a tacere, aspettando i frutti di promesse che non sono mai state mantenute? 

 

Esatto! Proprio delle promesse che ci hanno sempre fatto i comunisti. A me personalmente, per esempio, hanno promesso che avrebbero procurato un posto di bidello o qualche altra mansione presso il Comune. Purtroppo questo posto non è arrivato mai, mai, mai. Anche agli altri parenti delle vittime hanno promesso un posto di lavoro che non hanno mai avuto. 

 

Però ogni qualvolta si sono rinnovate le celebrazioni a ricordo di quel giorno, con comizi e cortei vari, voi eravate lì, a partecipare assieme a quei politici che vi hanno, a quanto sembra, turlupinati. 

 

Per un certo periodo abbiamo collaborato con loro. Poi ho capito che era tutto vano quello che facevo e non ho voluto più partecipare alle commemorazioni. Gli altri parenti non so cosa hanno inteso fare. Mi ricordo tra l’altro, che nel ’68, per riferirvi un’altra presa in giro, mi trovavo in Germania dove ero andato a lavorare e loro mi hanno fatto tornare in Italia assicurandomi un posto di bidello nella mia terra. Sono tornato ma qui non c’era nessun posto di lavoro a mia disposizione ed ho perso quello che avevo in Germania. 

 

Si è sempre detto che i morti di Melissa appartengono alla Sinistra…

 

…Ma non è vero niente! Non è vero niente, perché mio fratello aderiva a uno di quei gruppi che avrebbe dato vita al Movimento sociale italiano. 

 

Quindi i partiti della Sinistra si sono appropriati del moto spontaneo dei contadini di Melissa per monopolizzarlo in una loro campagna propagandistica durante gli anni. 

 

Certo! Mentre loro sulle piazze strumentalizzavano i morti di Fragalà, […] a noi parenti ci tenevano buoni con le promesse. Ultimamente mi hanno anche promesso un posto di lavoro presso il Comune, per uno dei miei figli, io ormai sono diventato anziano a furia di aspettare, ma anche questa è stata la classica promessa del marinaio. Ho scritto una lettera al segretario del Pci di Crotone con la quale ho chiesto di essere invitato formalmente ad una riunione della segreteria. La richiesta è stata accolta e in quella occasione ho parlato delle cose strane, che ho messo in evidenza anche nella lettera, riguardo tutta la vicenda delle promesse fatte ai parenti delle vittime di Fragalà e l’allora segretario del Pci mi chiamò distruttore del partito. Vi consegno questa lettera perché vorrei venisse pubblicata perché tutti i raggiri a noi fatti, in tutti questi anni, vengano resi di dominio pubblico e letti anche dai compagni comunisti.

 

E gli altri partiti cosa hanno fatto per voi? 

 

La Dc niente. Da parte del Partito socialista ci sono arrivate anche delle promesse che, come quelle comuniste, non hanno sortito effetti. Ha anche partecipato a delle riunioni organizzate dal Psi di Crotone e, in una di esse, sono stato intervistato da due giornalisti stranieri alla presenza del dott. Visconte Frontera, che mi aveva assicurato che uno dei miei figli l’avrebbe occupato presso l’ospedale civile di Crotone come inserviente. Ma anche questa volta sono state parole. 

 

Ci sono stati altri partiti che hanno tentato di strumentalizzarvi? 

 

No. Soltanto da parte dell’Opera Sila. E qui io sono colpevole. I dirigenti dell’Opera Sila  mi avevano detto che se noi (tutti i parenti delle vittime) lasciavamo il Pci, almeno quelli che erano iscritti, poiché io non lo ero, ci avrebbero dato 20 tomolate di terreno, a nostra scelta. Purtroppo mio padre non ha voluto poiché era un vecchio socialista e siamo rimasti con le pive nel sacco. Mi rendo conto che abbiamo sbagliato perché dovevamo accettare. Abbiamo partecipato al normale sorteggio per l’assegnazione della terra e mi è toccato un appezzamento tutto argilloso sul quale non ho potuto operare nessun miglioramento. 

 

A distanza di tanti anni quali sono i rimpianti? 

 

La perdita di mio fratello e l’amarezza di non aver avuto aiuto da nessuno.

 

Qualcuno potrebbe pensare che questa intervista rilasciata oggi, possa essere una ripicca. 

 

Il mio è uno sfogo perché dei nostri morti ne hanno fatto quello che hanno voluto, tenendoci dietro le quinte, promettendoci mare e monti e poi buggerandoci ci hanno buttati in mare. Ci hanno portato in giro per l’Italia, come dei burattini, facendoci intervistare e rilasciare dichiarazioni di comodo tenendoci legati a delle promesse. Loro, i politici ne hanno tratto profitto, per noi, mi rendo conto è stato soltanto un disonore. 

 

Ma gli altri parenti delle vittime cosa dicono? 

 

La famiglia Mauro è sulle mie stesse posizioni; con quella degli Zito non ho parlato ma penso che, anche loro, stiano con noi. Il sangue di quei morti grida vendetta. Non fa niente che siano passati 40 anni ma ritengo che sia giusto intentare una causa allo Stato per avere un risarcimento e far sì che i tre di Fragalà non siano morti inutilmente.  

 

Quindi per concludere a Fragalà quel giorno non c’erano politici.

 

No, assolutamente no! C’eravamo solo noi contadini e non c’erano bandiere rosse. C’erano soltanto rastrelli, zappe, aratri trainati dagli asini e basta. Io ero presente e posso giurarlo. Era un moto popolare. La spinta era stata data da noi giovani che ritornavamo dalla guerra, dai campi di concentramento e abbiamo cercato di trovare un lavoro dignitoso, considerato che in quel momento si pativa la fame e c’era una disoccupazione terribile. Io provenivo dall’Egitto mentre mio fratello fu fatto prigioniero in Grecia e portato nei campi di sterminio in Polonia. Liberato dagli americani fu rimandato in Italia dove per una manciata di terreno incolto ha perduto la propria giovinezza e i propri sogni. 

 

Fin qui la verità di Giuseppe Nigro. Nello scenario mondiale sono crollate mura e ideologie. Oggi, nel suo piccolo, anche Melissa trova il coraggio di rompere la congiura del silenzio. Chissà, forse, ci vorranno altri 40 anni per conoscere il resto della verità.” (Elio Diogene)

 

 

 

 

 

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