Serra: "Salviamo il reliquiario della chiesa Matrice"

Bruno Maria Tedeschi lo descrive “ricco e famoso”. Per Sharo Gambino era stato frutto di “chissà quale rapina bellica”. Lo storico Tonino Ceravolo se n'è occupato con un contributo televisivo (Rai Uno) all'interno di un servizio sulla Pasqua di qualche anno fa, raccontandone perlatro la storia nel volume "Reliquie e culto dei santi nella Certosa di Serra San Bruno", curato dallo stesso Ceravolo e Vito Teti e uscito nel 2000. Stiamo parlando del reliquiario (rifacimento settecentesto di quello di origine medievale) in possesso alla Certosa che, oggi, si trova nella parte frontale della navata di destra della chiesa “Matrice” di Serra San Bruno. Quest’opera della devozione religiosa era stata donata da Adelaide, seconda moglie del Conte Ruggero, a San Bruno. Dopo varie peripezie e non senza che le leggende popolari gli attribuissero chissà quali reliquie miracolose, nel 1824 il vescovo della diocesi di Gerace – all’epoca Serra ne faceva parte - mons. Giuseppe Maria Pellicano decise di effettuare una ricognizione di tutto ciò che il prezioso reliquiario avesse in grembo: «Un pezzo della croce di D.N.I.C., che è posto nel centro, ed è circondato da reliquie di S. Ciriaco, S. Cassiano martire, dei SS. Stefano e Callistro pontefici e martiri, S. Mansueto M., S. Bibiana di Cappadocia M., S. Albano M., S. Laurenzio M., dal capo di S. Basilio Magno e San Diomede M., S. Mauro M., S. Ampliata M., S. Agnese V., S. Martino V., S. Abbondio M., S. Callistro, S. Clemente M., S. Sebastiano M., S. Francesco Borgia confessore, S. Giovanni della Croce, S. Rocco confessore, S. Vitale M., S. Carlo Borremeo Conf., S. Raimondo di Pannaforte Conf:, S. Mansueto M., S. Addeo M., S. Fortunata M., S. Diletta M., S. Prospero M., S. Marcella M e V., S. Benigno M., S. Gemina., S. Amplicata M., S. Gioconda M., polvere ed ossa di S. Giovanni Battista. Resti del corpo di S. Antioco M., S. Vittoria M., S. Amplicata M., S. Giovanni da Capistrano Conf., S. Fabiano M., S. gaudenti M., S. Giustina M., S. Dilusa, S. Diluti M., S. Zosimo PP; sangue dei santi Tommaso Bonifacio e Adriano, S. Candido M., S. Procula M., S. Felice P. e M., S. Pietro Conf., S. Urbano M., denti di S. Agata vergine e m., S. Roberto, Goberto e degli altri s. Fortunata M., S. Lorenzo M., S. Teresa verg., S. Aloisio di Gonzaga, S. Bernardo Ab., S. Gervasio M., S. Demetrio M., S. Andrea Ap., S. Lucido M., S. Agapito M., e in un ampolla sangue di S. Tecla verg. e mart». Ma c’è di più. Il sangue di Santa Tecla posto nell’ampolla, si rendeva protagonista dello stesso prodigio del sangue di San Gennaro, fino a quando – lo scrive don Domenico Rachiele nella “Platea della Chiesa Matrice” intorno agli anni 1860 – lo stesso vescovo Pellicano avendo visto o sentito dire di questo “miracolo” ne fece prelevare una porzione e il prodigio non si verificò più. Un patrimonio di eccezionale valore sia storico che religioso che però è mal conservato. Adagiato su qualche mattone, malridotto dal passaggio del tempo e dall’incuria, con i vetri completamente offuscati, messo in secondo ordine dietro a candelabri, sembra quasi un quadretto di quelli comprati in un mercato rionale ed appeso al muro per tappare qualche buco nella parete. Eppure il contenuto – c’è anche qualche moneta dell’epoca del Conte Ruggero – ne avrebbe di cose da raccontare. Una teca dal fascino particolare che avrebbe dovuto essere restaurata degnamente e messa a disposizione di fedeli e storici. Ma nulla di tutto questo, nonostante gli appelli dei parroci che si sono succeduti. L’auspicio è che, in tempi in cui la religione sembra non essere cosi ricca da potersi occupare delle “sue cose”, lo possano fare le autorità civili o, in mancanza, i privati, affinché il reliquiario possa essere salvato e restituito al suo antico splendore e diventi una delle belle opere d’arte e di religione per le quali Serra San Bruno torni ad essere rinomata.

 

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