San Bruno, la Certosa e gli "Spirdati". Nascita e morte di un rito misterioso

«Si può allora ipotizzare che gli “spirdati” calabresi appartengano a quella costellazione di figure inquiete di cui sono protagonisti i ben andanti friulani e le rusalii serbe, rumene e arberesh? Che anche essi siano vicari nell’aldiquà del mondo dell’aldilà?». Lo storico Tonino Ceravolo, nel suo volume “Gli spirdati. Possessione e purificazione nel culto calabrese di san Bruno di Colonia”, ricostruisce l’origine storica di un fenomeno particolare: i posseduti dagli spiriti maligni e la loro guarigione ad opera della potenza taumaturgica di San Bruno. Attraverso l’opera di Ceravolo riaffiorano “voci, testimonianze, fonti e memorie”, insomma tutto “l’universo sommerso” che c’è dietro questo fenomeno per il quale il Santo fondatore dell’Ordine dei Certosini e la cittadina della Certosa divennero celebri tra fedeli, antropologi di caratura internazionale, miscredenti e appunto “spirdati”. Partendo da fonti “unilaterali e di parte”, Ceravolo, con estremo rigore, sposta la sua indagine fino a giungere alle vicinanze che vi sono tra il fenomeno “antropologico-religioso” degli “spirdati” e “diverse credenze presenti in Europa in età moderna e documentazione nel folklore calabrese”. Il primo caso di presunta guarigione dagli spiriti maligni si ha nel 1522, otto anni dopo il recupero del Monastero di Santo Stefano da parte de monaci certosini. Garetto Scopacasa di Simbario e la moglie Isabella accompagnano la figlia che sarebbe posseduta da uno spirito immondo alla Certosa affinchè le reliquie di San Bruno, quelle del Beato Lanuino e di altri Santi la liberino dal maligno. Il prodigio non avviene e il Priore dell’epoca consiglia di ripetere “l’esorcismo” alla Grotta di San Bruno dove successivamente la ragazza sarebbe stata guarita ed in grado di baciare l’effige del Santo di Colonia. Nasce da questo episodio un fenomeno popolare-religioso-antropologico che non avrebbe conosciuto crisi fino al sopraggiungere del duemila e all’avvento della moderna scienza psichiatrica. A Santa Maria del Bosco, dove oggi c’è il Santuario Mariano, vi è quella che lo stesso Ceravolo definisce “la scena teatrale” necessaria affinchè si possa compiere il “prodigio”. La Grotta, cioè il dormitorio del Santo, l’Acqua e quindi il laghetto nelle cui acque gelide San Bruno era solito fare penitenza, c’è il bosco, e quindi, nel lunedì successivo alla Pentecoste, la presenza del busto reliquiario di origine cinquecentesca che custodisce le reliquie di Bruno di Colonia. Qui, nell’antico rito di purificazione collettiva, gli “spirdati”, dopo aver ricevuto l’esorcismo venivano immersi nelle acque del laghetto dove avrebbero cominciato a dimenarsi, per poi calmarsi lentamente, “liberati dal maligno” grazie alla potenza taumaturgica di San Bruno. Una volta guariti, gli ossessi venivano portati fuori dall’acqua e avvolti in panni nuovi mentre i lori vestiti originari venivano bruciati. Non solo. La strada del ritorno verso casa doveva esser diversa da quella effettuata per giungere al laghetto. Il pericolo sarebbe stato che proprio lungo la via, lo spirito maligno sfrattato, avrebbe potuto in qualche modo tentare di tornare in possesso del corpo guarito. In un primo momento furono i monaci certosini a effettuare i riti purificatori, solo successivamente, quando la stessa Chiesa prese in parte le distanze da queste manifestazioni, gli esorcismi collettivi vennero praticati da “esorcisti popolari” le cui “guarigioni” venivano poi ratificate dai Padri certosini con le loro benedizioni. Tra i tanti spettatori di questo rito suggestivo vi fu anche il celebre etnologo e antropologo italiano Ernesto De Martino che in un suo scritto dal titolo “Purificazione di giugno” contenuto nel libro “Furore, simbolo, valore” descrive in maniera critica tutto l’assetto sul quale si fonda il fenomeno degli “spirdati”. Secondo De Martino, giunto quando il fenomeno era in declino, “il diabolico spogliarello” ormai sarebbe consistito in “un casto pediluvio dei pellegrini”. Il tutto ha fatto seguito ad uno scoraggiamento della Chiesa e degli stessi certosini che trattavano con severità questa fenomenologia, indice di come, a metà del secolo scorso, è stata ingaggiata una vera e propria lotta alla superstizione popolare. «La nascita del moderna psichiatria – spiega De Martino – segna la crisi della teologia cattolica in fatto di possessione, obbligandola a un faticoso lavoro di rabberciamento per mantenere in piedi i muri maestri di tale teologia e al tempo stesso per attenuare i contrasti troppo evidenti con i risultati della scienza». Ma nonostante tutto, di  notte, c’è ancora chi bussa alla Certosa.

 

 

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