In tribunale per essere processato, si allontana per fare una rapina

Si trovava in tribunale per essere sottoposto a giudizio, quando si è allontanato per compiere un rapina. Protagonista dell'assurda vicenda, accaduta a Paola, un 39enne di Scalea che ha lasciato l'aula giudiziara per andare a mettere a segno una rapina ai danni di un commerciante.

Entrato in un negozio, l'uomo ha aggredito il titolare colpendolo ripetutamente con i pugni. Impossessatosi di 200 euro, il rapinatore si è allontanato dal luogo del reato servendosi di una stampella. Il titolare dell'attività commerciale ha, quindi, allertato i carabinieri ai quali ha fornito una dettagliata descrizione dell'aggessore.

Grazie alle informazioni ricevute, i militari dell'Arma sono riusciti ad individuare il presunto rapinatore che, nel frattempo, era tranquillamente rientrato in tribunale. L’uomo è stato arrestato e trasferito nel carcere di Paola in attesa di giudizio

Si dà fuoco: salvato da un agente

Dopo aver sistemato dei giornali sulle gambe ha acceso il fuoco: voleva morire così un uomo che si trova recluso dietro le sbarre del carcere catanzarese. A salvargli la vita è stato l'immediato arrivo di un assistente capo della Polizia penitenziaria. La vicenda è stata resa nota da Giovanni Battista Durante e Donato Capece, rispettivamente Segretario generale e Segretario generale aggiunto del sindacato autonomo di Polizia penitenziaria. L'agente, per impedire che il tunisino portasse a compimento l'insano gesto, ha utilizzato un idrante spegnendo così le fiamme. "Nel corso del 2015 - fa sapere il Sappe - i suicidi in carcere in Italia sono stati 39 ed i tentati suicidi 956".

Detenuto appicca fuoco a cella: polizia penitenziaria evita tragedia

Ancora tensioni nelle carceri calabresi. Un detenuto ha infatti appiccato fuoco nella sua cella e la situazione non è degenerata solo grazie al tempestivo intervento della polizia penitenziaria di Paola. Secondo il segretario generale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria Donato Capece, il rischio di tragedia è stato reale. L’episodio conferma le criticità esistenti.

Detenuto tenta di impiccarsi in carcere: lo salvano gli agenti

Sono stati gli immediati soccorsi prestati dagli agenti della Polizia Penitenziaria a sventare un tentativo di suicidio da parte di un detenuto di origini nigeriane recluso nel carcere di Reggio Calabria e che ha provato a togliersi la vita impiccandosi. Lo rendono noto Damiano Bellucci e Giovanni Battista Durante, rispettivamente Segretario nazionale e Segretario generale aggiunto del Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria. "Lo stesso detenuto - rivelano i rappresentanti sindacali - aveva tentato d'uccidersi poco tempo fa, non riuscendoci grazie, anche in quel caso, all'intervento delle guardie penitenziarie". "Il detenuto nigeriano - spiega i dirigenti - è ospitato nella sezione psichiatrica del carcere reggino. Una sezione aperta circa dieci anni fa che all'inizio funzionava benissimo, ma nella quale adesso, a causa delle carenze dovute alla mancanza di personale di Polizia Penitenziaria e di altre figure professionali come infermieri, psichiatri e psicologi, è diventato davvero difficile gestire i reclusi".

Trovato un coltello in pacco destinato a un detenuto in Calabria

Nel giubbotto contenuto all'interno di un pacco recapitato ad un detenuto recluso nel carcere di Arghillà, a Reggio Calabria, è stato scoperto un coltello munito di una lama lunga otto centimetri. Lo ha denunciato Franco Denisi, Segretario provinciale del Sindacato autonomo Polizia penitenziaria. "Al personale addetto al settore colloqui - commenta il rappresentante sindacale Denisi - vanno i nostri complimenti, per aver operato in maniera brillante, nonostante le carenze di personale e di mezzi. L'istituto di Arghillà, da quando è stato aperto, ormai tre anni fa, non ha un direttore in pianta stabile, ha un solo commissario che svolge funzioni di comandante di reparto, mentre nell'altro istituto di Reggio Calabria ne sono assegnati cinque, ha solo due unità del ruolo ispettori e nessun sovrintendente".

   

In un carcere calabrese trovata droga nel pacco di un detenuto

La Polizia Penitenziaria ha sequestrato confezioni di hashish rinvenute all'interno di una scatola inviata ad un detenuto. Il pacchetto, fanno sapere Damiano Bellucci e Giovanni Battista Durante, rispettivamente Segretario nazionale e Segretario generale aggiunto del Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria (Sappe), era nel reparto colloqui della casa di reclusione di Arghillà, a Reggio Calabria. "La sostanza - spiegano i due rappresentanti sindacali - è stata inviata alla Questura di Reggio Calabria per i controlli necessari, poiché, purtroppo, diversamente da quanto avviene in altri reparti, a Reggio Calabra la polizia penitenziaria non dispone dei kit per i controlli previsti. Il fenomeno della droga in carcere è particolarmente diffuso, anche perché i detenuti tossicodipendenti sono tanti, ma l'Amministrazione penitenziaria stenta ad attrezzarsi in maniera adeguata, anche con unità cinofili che, seppur previste dall'ordinamento, sono presenti solo in alcune regioni, tra cui non c'è la Calabria".

Chatta e usa Facebook dai domiciliari: torna in carcere pregiudicato del Vibonese

Nonostante fosse sottoposto agli arresti domiciliari continuava ad avere contatti con “il mondo esterno” navigando in rete e chattando. Con l’accusa di violazione degli obblighi impostigli dalla detenzione domiciliare è stato arrestato, nella mattinata, un 44enne. L’uomo, che sta scontando una pena per i reati di ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale, nel corso dei controlli di routine da parte dei militari dell’Arma è stato sorpreso più volte mentre era intento a chattare e ad utilizzare profili a lui riconducibili su vari social netwoork. Il giudice, che gli aveva imposto, tra le altre prescrizioni, il divieto di utilizzare strumenti di comunicazione anche telematici per avere contatti con soggetti estranei al nucleo familiare, sulla scorta delle segnalazioni dei militari della Stazione di Sant’Onofrio ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare. Ora il soggetto si trova presso il carcere di Vibo Valentia ove dovrà scontare il resto della sua pena.

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Allarme terrorismo islamico nelle carceri calabresi

"Nella sezione speciale del carcere di Rossano dove sono detenuti 21 terroristi islamici, uno dei quali appartenente all’Isis ed un altro all’Eta, e gli altri 19 integralisti islamici, tutti con pena definitiva nel 2026, c'è un livello di sicurezza pari a zero". Sono preoccupanti le parole pronunciate da Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria che ha visitato il penitenziario proprio per accertare la sussistenza dei parametri e dei requisiti attestanti la sua concreta affidabilità, soprattutto nel braccio in cui trovano posto ventuno fondamentalisti del jihad. Dietro le sbarre della casa di reclusione in provincia di Cosenza, quattro di loro si erano lasciati andare a manifestazioni di giubilo subito dopo aver appreso degli attentati di Parigi. Un caso che è stato al centro del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza convocato dal Prefetto di Cosenza, Gianfranco Tomao. In ragione delle esigenze emerse, è stato deciso di rendere ancora più stringenti i dispositivi di sicurezza attorno alle mura di cinta. Secondo Capece, rappresentante dell'organizzazione sindacale Sappe: "Questo istituto penitenziario è carente e inadeguato. Dunque noi o siamo eroi o siamo ingenui. Il personale che ci lavora è specializzato, ma carente. Ogni giorno in quella sezione speciale dovrebbero esserci 4 agenti di polizia penitenziaria, ma purtroppo ne abbiamo solo uno ed i turni sono estenuanti. In questi giorni, dopo gli attentati di Parigi, sono stati alzati i livelli di sicurezza, con maggiore attenzione ai terroristi islamici detenuti. Ogni giorno hanno diritto ad un’ora d’aria singolarmente e mai in compagnia. Dalle 18 alle 19 possono recarsi fuori dalla cella per pregare e nel periodo del Ramadan la preghiera si protrae fino alle 22, ma in questi giorni hanno avuto qualche limitazione". Non capisco - è il dubbio che assale Capece - perché i terroristi islamici debbano essere ristretti nel carcere di Rossano e non a Pianosa o Asinara. Questi soggetti devono essere collocati in posti isolati e non nelle carceri dei centri abitati, dunque non condivido la scelta di Rossano per detenuti definiti di alta sicurezza". Analoghi rischi si presentano nella casa di reclusione di Siano, a Catanzaro, dove pure un'ala è riservata alla detenzione di soggetti legati al terrorismo. Pericoli che, denuncia il sindacato, sono accresciuti dalla consuetudine di trasferire tali prigionieri fra le due strutture. 

 

 

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