Uniamo i comuni, ce lo chiede la storia

 Un tempo le cose funzionavano molto diversamente dai comuni di oggi; e la differenza era che ben pochi erano universitates, cioè comuni con personalità giuridica, e gli altri solo casali. L’esagerato numero di 409 comuni in Calabria si deve all’occupazione francese e a provvedimenti del 1807 o del 1811. Che succedeva, prima? Castelvetere (poi, impropriamente, Caulonia) comprendeva, nel suo territorio di principato e di comune, tutto il territorio dall’attuale Marina di Caulonia fino ai confini di Galatro e a Nardodipace, Fabrizia e Mongiana, e, a volte in alternativa a Stilo, Placanica, Camini, Riace, Stignano…: 100 kmq. Stilo si estendeva a Monasterace, Pazzano, Guardavalle; Bivongi era feudo della Certosa. Fino al 1620 anche Serra era solo frazione di Spadola, di cui era parte la Torre. Arena si estendeva fino a S. Caterina I. Badolato comprendeva Isca e S. Andrea; Satriano, S. Sostene e Davoli; ancipite la sorte di Cardinale, Argusto, Gagliato; Chiaravalle acquista importanza e personalità dal XVII secolo. Soverato, a volte centro molto piccolo, compare però sempre come universitas; il suo territorio è più vasto. Squillace si estende su Montepaone, Gasperina, Montauro, Stalettì, S. Floro, Borgia, S. Elia (Vallefiorita), Palermiti, S. Vito, Cenadi, Centrache, Olivadi; Petrizzi è autonoma dal XVI secolo. Tropea, città regia, abbraccia 24 dei comuni attuali del Poro e di Capo Vaticano. Monteleone si estende ai piccoli comuni della cintura vibonese. Filogaso è un centro importante. Pizzo è il porto del Medio Tirreno. Altro discorso, i feudi, che intersecavano i territori e le competenze comunali. Non scordiamo le strutture ecclesiastiche. Da Borgia a Placanica era Diocesi di Squillace. La Certosa, pur non essendo giuridicamente nullius, agiva come tale su se stessa e Serra, Spadola e dintorni, Montepaone, Montauro, Gasperina e altro, sia nel temporale sia nello spirituale. Anche i molti altri conventi godevano di qualche autonomia, o se la prendevano. Monteleone dipendeva, come tuttora, da Mileto; c’era una Diocesi di Nicotera, e quella di Tropea comprendeva, senza continuità territoriale, Amantea. Nei paesi c’era spesso più di una parrocchia; e perciò si nominava un arciprete, poi passato solo a significare parroco. Insomma, le cose sono molto cambiate; perciò possono cambiare ancora.

 

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Unire i Comuni per superare la crisi

 Capisco che siamo in crisi economica mondiale, e figuratevi calabrese, ma non riduciamo tutto ai conti della serva. La conurbazione, cioè fusione tra Comuni, farà certamente risparmiare qualche stipendio di sindaco: se però fosse solo questo, la spesa, con tutti i passi e procedimenti, non varrebbe l’impresa. Lo scopo della conurbazione è consentire l’uso ragionevole della principalissima risorsa di ogni comunità: il territorio. Qualunque cosa vogliate farne – turismo, industria, agricoltura, boschi, pascolo eccetera – il territorio è la risorsa prima, e se male adoperato, il danno è secolare, e i rimedi, quand’anche possibili, sono lunghi e pesanti. Vi porto un solo esempio. Soverato è ancora il centro più popoloso e meglio dotato di servizi del Basso Ionio catanzarese. Ebbene, le circostanze storiche hanno ridotto il suo agro comunale a 7,5 kmq.; e lo vediamo costipato tra una sua piccola zona industriale (Caldarello) e la vasta zona industriale di Satriano (Nigrello - Laganosa), entrambi esempi di spreco di aree che andavano destinate al turismo. Esempi ancora più strambi ce li fornisce Gasperina, con agro sotto Montepaone e sotto Stalettì, e senza mare; o Petrizzi, con una “zona turistica” in alta collina e lontana da una spiaggia, che del resto è di Montepaone o Soverato. In queste e altre non meno complicate situazioni – dimenticavo Satriano nel bel mezzo di Davoli! – come si fa un piano regolatore, o qualsiasi altra seria programmazione? A scanso di interventi di intellettuali della domenica, vi ricordo che quasi tutti i Comuni calabresi non risalgono affatto alla mitica Magna Grecia e ai tempi del re Italo, ma sono stati istituiti, quasi sempre per arte e dolo a vantaggio di quattro possidenti giacobini, da Giuseppe Buonaparte nel 1807 o da Murat nel 1811. Così vi passano le ubbie storiografiche.  Ciò premesso, logica vuole che nascano, per restare nella Valle dell’Ancinale e dintorni, i seguenti nuovi Comuni: Nardodipace, Fabrizia, Mongiana, Serra S. B., Spadola, Brognaturo, Simbario; Torre R., Cardinale, Chiaravalle Centrale, Argusto. Né è detto che i futuri Comuni accorpati debbano risultare dalla sommatoria degli attuali agri, o non sia il caso di riconsiderare anche i confini.  È già nella natura delle cose che siano integrati i paesi di Petrizzi, Gagliato e Satriano con Soverato. Vorrei meglio convincermi se estendere l’ambito anche a Davoli e S. Sostene; o che questi, con S. Andrea, possano farsi Comune. Insomma, questa proposta delle conurbazioni sarebbe un lavoro per competenti, per una commissione seria e fattiva, e con meno profumo di politicanti che si possa; e tenendo alla larga i chiacchieroni generici. Ma dove metteremo le sedi comunali? Boh, al centro di ogni nuovo Comune. E come farà la vecchietta a raggiungere l’ufficio per un certificato? Con una delegazione per quartiere, un ufficio con un piccolo computer e una robusta stampante.

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Molti comuni, pochi abitanti

Pian pianino si fa strada la mia idea della conurbazione dei Comuni: magari si fanno belli con le penne altrui, ma almeno se ne parla. Perché conurbare? Detto in breve: - quasi tutti i Comuni sotto elencati non sono “storici” come si millanta, ma risalgono, come Enti, al 1807 o 1811; - quasi tutti contano una popolazione di poche o pochissime centinaia di anime, e non sto qui a distinguere le età, o pare brutto; - molti posseggono un vasto territorio male o per niente utilizzato; - i detti territori sono intrecciati tra loro, il che rende arduo ogni piano regolatore o altro intervento urbanistico e turistico e industriale… - tutta l’area dal Corace all’Alli conta meno abitanti della sola Lamezia, e perciò stesso non conta niente, come prova che quasi mai riesce ad eleggere un qualsiasi politico. Io, nel Golfo di Squillace Sud in senso lato, metterei assieme i seguenti Comuni: 1.Guardavalle, Santa Caterina, Badolato, Isca; 2. S. Andrea, S. Sostene, Davoli, Satriano, Soverato, Gagliato, Petrizzi; 3. Argusto, Chiaravalle, Cardinale, Torre R.; 4. S. Vito, Cenadi, Centrache, Olivadi, Palermiti; 5. Montepaone, Montauro, Gasperina, Stalettì; 5. Squillace, Borgia, S. Floro; 6. Girifalco, Amaroni, Vallefiorita; 7. Serra San Bruno, Spadola, Brognaturo, Simbario, Mongiana, Fabrizia (Nardodipace lo mandiamo con Caulonia etc).  Restano due problemi che a dirli paiono grossi e in realtà sono irrisori nel senso letterale: i nomi da assegnare ai nuovi Comuni, e qui sbizzarrite la fantasia; e l’eventuale opposizione di improvvisati (e interessanti) patrioti, con vibranti manifestazioni di piazza. Tranquilli, la Chiesa ha chiuso Diocesi con un millennio e mezzo di storia, Squillace in testa, e non se le ricorda più nessuno: e non per questo gli indigeni sono diventati meno cattolici o più cattolici. 

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