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La brutta fine della costituzione "più bella del mondo"

Che la vigente fosse “la costituzione più bella del mondo” lo ha detto… Aristotele, quando comparò i diversi assetti delle città greche, ed egli stesso studiò quella di Atene; o il Machiavelli, il Vico, o Montesquieu? Ma no, l’ha detto Roberto Benigni, poi lo ha ripetuto Laura Boldrini; e né questa né quello risultano essere dei filosofi della politica, perciò la loro affermazione mi fece l’effetto che fanno le battute. Anche perché questa costituzione più bella del mondo non arriverà al compleanno dell’1 gennaio 2018, anniversario di quanto entrò in vigore; anzi, spero, nemmeno al 2017. In questi decenni, del resto, di costituzioni ce n’erano due, e la costituzione davvero vigente era quella “materiale”, cioè la partitocrazia, che lottizzava governi e posti; e i governi nazionali e le amministrazioni locali cadevano e risalivano e si rimpastavano a ritmi industriali: una cinquantina di governi! Dopo il 1990, si provò con una surrettizia e ambigua elezione diretta del “premier”, che ebbe grama vita: i governi Berlusconi, frutto di elezione, o caddero o vennero fatti arcanamente cadere; Prodi lo buttarono giù i suoi amici e compagni; Dini, Monti e roba del genere non si sa da dove siano spuntanti; e così lo stesso Renzi. Insomma, già così della costituzione del 1948 era rimasto ben poco. Ora, niente. Ma l’errore non fu cambiarla di fatto, e non è oggi cambiarla di diritto; fu scriverla in modo che ci fossero due assemblee legislative praticamente uguali, con la sola differenza che i senatori dovevano avere 40 anni e i loro elettori 25: un pallido ricordo scolastico del “senatus” come riunione dei “senes”, vecchi. Era un sbaglio, e fu una delle cause dell’instabilità italiana di questi decenni. Un’assemblea basta e avanza; e non che io sia contento di come funzioni la Camera; ma un passo per volta, e intanto mandiamo a casa il Senato. Un corollario, anche se non è l’essenziale, sono 350 bocche di luccio in meno da sfamare: e che bocche!


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