A cosa serve la Trasversale delle Serre

Sarà bene chiarire, nel dubbio, che il Comitato per la strada delle Serre, e che si sta allargando ad altri temi, non ha una veste politica e non intende candidarsi né tutto né in parte a niente. Vuole solo la strada, e passarci sopra, io personalmente in bicicletta. Posso perciò dormire sonni tranquilli e i politici che non partecipano e quelli che partecipano. Vogliamo solo la strada. E perché vogliamo la strada? Ecco nascere, dalla costola del Comitato, un gruppo di studio, auspice Gianni Sgro, che si dichiara “Io resto qui”, e intende lavorare sulle risorse del territorio. Una prima riunione ha visto molta e qualificata gente, tra cui si faceva notare Pippo Callipo, che di “resto qui” se ne intende. Una strada, è stato detto, ha funzioni strategiche nell’organizzazione di un area geografica. Non serve a passare dal paese X o a Y, o sotto casa di qualcuno come l’A3 a Cosenza; ma riverbera i suoi effetti per almeno 50 km a destra e sinistra, e senza che gli abitanti necessariamente se ne accorgano subito. Riflessione: se un TIR impiega un giorno per arrivare da Milano a Soverato, e poi un’altra per Serra, la seconda giornata la paga comunque il territorio. Potremmo continuare. La strada è dunque elemento essenziale per la vita economica. Ma questa, esiste? O, in difetto, può esistere? Le attività tradizionali della Calabria ionica tra mare e Appennini furono l’allevamento degli ovini, l’agricoltura di sussistenza, l’industria boschiva, l’artigianato, la pesca. Tra i secoli XVIII e la prima metà del XX si assistette alla nascita di industrie moderne: mulini e gualchiere ad acqua, di cui troviamo infiniti esempi; le ferriera di Mongiana, Razzona, Ferdinandea; il ferro di Pazzano e Bivongi; il quarzo di Davoli e l’opificio di Soverato… Tutto, ormai, solo archeologia industriale! Il turismo, che inizia a Soverato alla fine dell’Ottocento (non faccio lo sbarcatore di Ulisse o il bufalaro pseudomeridionalista: è  vero!), ebbe un suo momento di alto livello fino agli anni 1980, per poi ripiegare in un flusso di fine settimana e d’agosto; flusso, non turismo. Il dilagare dei servizi fu causa diretta dell’abbandono di agricoltura e artigianato; e oggi che Chiaravalle e la stessa Soverato li perdono, la “società di servizi di stampo scandinavo” lascia il vuoto da essa stessa provocato. È ancora possibile, e le strade sono utili a questo, recuperare alcune risorse e adattarne lo sfruttamento all’economia del 2016. Evitiamo, vi prego, sogni di ricchezze passate che mai non furono, e di ricchezze future che mai saranno; e restiamo con i piedi saldamente ancorati al suolo! Ma Turismo: il nostro territorio si presta benissimo al turismo di salute, familiare, della terza età, religioso, congressuale… Lasciamo Ibiza e le Maldive dove sono; e gli acquari, dove li sanno e li possono gestire: e l’esempio basti! I nostri centri storici possono ospitare per gran parte dell’anno, se riusciamo ad ammodernare quanto basta gli antichi edifici di fatto abbandonati. Il mare è a due passi, se tracciamo strade dritte. Il forestiero non è uno scemo del villaggio tipo Vitelloni; va dunque accolto con una dimensione umana e culturale. Ovvio che per cultura non s’intende la pesantissima erudizione del professorone con la gobba, il quale sa tutto di ciò che accadde il 3 febbraio 1207, e, ovviamente, ignora il 2 e il 4 del medesimo anno e mese; e figuratevi il  1206 e il 1208! Occorrono musica, teatro, escursioni, cucina locale… E agriturismo che non spacci per locale un prodotto cinese. Perciò servono allevamento e agricoltura anche finalizzati al turismo. Se no, nelle terre abbandonate fare qualcosa tipo carburanti vegetali… Siamo nel 2016, è possibile. E quant’altro detti una seria ricerca scientifica. A far ciò, bisogna ridurre a zero ogni forma di assistenzialismo, cioè vanno assistiti solo coloro i quali, per evidenti inguaribili malanni, versino in condizioni di non poter lavorare. Vedete a cosa serve una strada?

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