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Waterfront. Dallo studio di Zaha Hahid la lettera che inchioda Falcomatà

A mancare non è solo una visione strategica, perché, come messo nero su bianco da uno dei più prestigiosi studi di architettura del mondo, l'Amministrazione Falcomatà dimostra anche un deficit di serietà e coscienza del ruolo ricoperto. Al centro della vicenda, neanche a dirlo, è l'avveniristico progetto "Regium Waterfront" a cui gli inquilini di Palazzo San Giorgio hanno deciso di rinunciare. Già dalle prime righe della lettera destinata al sindaco della città dello Stretto, traspare l'incredulità per un modo di agire che non ha giustificazione alcuna, nemmeno sul piano dell'educazione istituzionale. "Abbiamo appreso - sono le chiare parole di Filippo Innocenti, Senior Associate, Project Director - per vie informali che la realizzazione del Museo del Mediterraneo non rientra più negli obiettivi prioritari e strategici della città". Professionisti abituati a trattare su tavoli di ogni Continente ed a livelli ben più elevati dei transitori interlocutori reggini rimangono spiazzati già solo per il fatto di essere venuti a conoscenza delle determinazioni di Giuseppe Falcomatà e compagni, non in modo ufficiale come si conviene a coloro che hanno ben chiara la funzione solenne e pubblica esercitata,  ma  per sentito dire. Si dicono rammaricati e sorpresi per una "decisione che vanificherebbe il risultato di tanti anni di impegno per lo sviluppo della città". Uno schiaffo morale in piena regola inferto agli attuali decisori che, loro sì, dovrebbero avere a cuore le sorti del futuro di Reggio Calabria, oggi ipotecato, e il caso in oggetto è una ulteriore conferma di questo assunto quotidianamente sotto gli occhi rassegnati dei cittadini. La missiva inoltrata dagli architetti dello studio della compianta Zaha Hahid spiega nel dettaglio le ragioni che dovrebbero indurre i "padroni del vapore" ad abbracciare l'idea di realizzare l'opera. Internazionalizzazione, straordinaria ricaduta turistica, consolidamento di una precisa identità collettiva, offerta di servizi di cui la città necessita, socializzazione, storia. La consacrazione della bellezza naturale combinata con la cultura condivisa, partecipata, vissuta. Reggio vera Capitale del Mediterraneo: questo sarebbe diventata la città in una simbiosi perfetta tra il mare ed il Museo Archeologico. Niente che non fosse concretamente attuabile per dare nuovo respiro e linfa vitale ad un lembo di terra asfittico che sembra inchiodato, senza rimedio, ad una atavica marginalità. Una ubriacatura di ambizione immaginifica per i celebratori del cambio di una lampadina. Le due Conferenze dei servizi richiamate nel documento avevano, del resto, accertato la fattibilità del progetto, come unanimemente riconosciuto dalle autorità all'epoca coinvolte. Ancor più grave è il rimando ai 54 posti di lavoro che la struttura avrebbe garantito in maniera diretta ed a cui si sarebbero dovuti aggiungere quelli legati ai servizi di ristorazione, di progettazione delle Esposizioni e della sicurezza. Una boccata d'ossigeno nel deserto di opportunità che oggi è l'immagine più adatta a descrivere la città. La lettera dell'architetto Innocenti si chiude con una stilettata finale che, pur rivolta agli amministratori del Comune di Reggio Calabria, rischia, per manifesta irresponsabilità, di ripercuotersi beffardamente sulle tasche dei reggini: "Torniamo a sollecitare il pagamento delle spettanze preannunciando l'avvio delle necessarie procedure legali". 

 

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