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Tre segretari provinciali "abusivi": una ferita all'etica pubblica

Le fondamenta della democrazia dovrebbero trovare una base stabile nelle regole che si danno i partiti. I valori costitutivi, secondo un principio di coerenza rispetto alle ambizioni di consenso che si coltivano verso l'esterno, si delineano formalmente negli statuti che ne determinano la vita interna. Considerazioni che hanno un peso specifico ancor più rilevante per chi ritiene sia una distorta perversione della democrazia abbandonarsi alle pulsioni dell'antipolitica i cui perniciosi effetti sono, il più delle volte, colpevolmente sottovalutati o ridotti a giudizi di mera natura macchiettistica. E' alla luce di queste considerazioni preliminari che, quando gli stessi partiti hanno l'impudenza di non far rispettare il sistema normativo che si sono autonomamente e liberamente dati, diventa un esercizio di pura ipocrisia proporsi all'opinione pubblica come depositari di una inesistente superiorità morale. Quanto da mesi sta succedendo nelle viscere del PD calabrese corrisponde alla perfezione a questo doppio binario interpretativo della realtà. Circostanza, questa, che sconta l'aggravante, di essere incastonata nel pieno dell'era imperante del "renzismo", un fenomeno metapolitico e sociale in cui le parole d'ordine, come noto, sono "rottamazione" di antichi riti e ceto dirigente, "cambia verso" alle lente e farraginose procedure tipiche della cosa pubblica, "la volta buona", come se quella messa in atto dal segretario nazionale del PD e presidente del Consiglio fosse l'azione risolutrice capace di far sbarcare in modo deciso e perentorio verso gli agognati orizzonti dell'efficienza pragmatica, autentico totem del Terzo Millennio. Peccato che sia poi la realtà quotidiana vissuta alla periferia dell'Impero a rappresentare in maniera plastica la totale assenza di aderenza alle teorie magnificate a colpi di tweet. Capita, infatti, che dal novembre scorso tre segretari provinciali di federazioni calabresi esercitino abusivamente l'incarico in virtù, appunto, del mancato rispetto di un preciso articolo, il 21, dello Statuto del PD. Esso prevede, comma 2 lettera C, addirittura l'incandidabilità dei segretari provinciali a cariche istituzionali. Si dà il caso, invece, che da oltre cinque mesi, Enzo Bruno (presidente della Provincia di Catanzaro), Michele Mirabello (consigliere regionale ed eletto presidente della Commissione Sanità, Attività sociali, culturali e formative), Seby Romeo (anch'egli nuovo inquilino di Palazzo Campanella ed assurto al ruolo di capogruppo del PD), siano a tutti gli effetti incompatibili con i rispettivi incarichi di responsabilità: il primo della Federazione di Catanzaro, il secondo di Vibo Valentia, il terzo di Reggio Calabria. Di fronte allo stallo prodotto dalla volontà dei tre che avrebbero dovuto obbligatoriamente fare un passo indietro già al momento della candidatura, rimane oscura la motivazione che induce il segretario regionale Ernesto Magorno a non sanare il vulnus di legittimità. Altrettanto incomprensibile appare l'immobilismo dei dirigenti nazionali del Nazareno: evidentemente sono talmente proiettati verso la "Terra promessa" da Renzi che fino al momento si sono lasciati la palese violazione delle regole inferta da autorevoli rappresentanti del partito in Calabria. Quella Calabria che pretende, oggi come ieri, oggi più che mai, di essere governata senza ambiguità e con autentico spirito di servizio. Caratteristiche indispensabili per tirare fuori dal pantano una regione schiacciata sotto il peso insostenibile di una crisi sociale, economica e di fiducia che rischia drammaticamente di porre in modo definitivo nei maleodoranti scantinati della Storia un'area dell'Europa occidentale popolata da quasi tre milioni di abitanti. Sia pur con ingiustificabile ritardo, commissariare le federazioni investite dal caso o celebrare al più presto congressi che mettano una toppa ad una condizione di oggettiva illegittimità è un dovere improcrastinabile per la forza politica a cui l'elettorato di questa terra ha affidato un mandato chiaro al quale ottemperare con comportamenti cristallini.

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