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Il fantasma del PD volteggia sui resti della Calabria

Fanno sorridere i tentativi di analisi politologica del voto in Calabria. In tanti, in queste ore, si stanno sforzando, tra commentatori e politici, nell'elevarsi verso vette impossibili da raggiungere: conferire dignità politica ad un voto amministrativo che, già per mille ragioni, storicamente e generalmente sfugge a qualsiasi connessione con le dinamiche nazionali. Ancor di più nella nostra regione, dove il voto d'opinione, salvo rarissime eccezioni, ha rappresentato una chimera visibile soltanto ad una sparuta fetta di elettorato, peraltro mai decisivo ai fini del risultato finale. Tuttavia, non è questo l'elemento che stupisce di più: è ben noto, infatti, che la mancata consapevolezza dei propri limiti gioca brutti scherzi quando a farla da padrona è la spocchia. A meravigliare, infatti, è la disperata ricerca tesa a scandagliare le cause del crollo del Partito Democratico, che pure dovrebbe ancora beneficiare della luna di miele con un presidente ed una maggioranza usciti trionfatori dalla competizione celebratasi neanche sette mesi addietro. Ma, come evidente a chiunque, Mario Oliverio in un lasso di tempo così ristretto è riuscito nell'impresa di disperdere per intero il credito di fiducia accordatogli e di cui non sono rimaste nemmeno le briciole. A rendere impietoso il giudizio sulle prime miglia percorse, per modo di dire, dall'ex presidente della Provincia di Cosenza non sono soltanto le mediocri beghe, tra faide territorial-correntizie e Statuto inventato di sana pianta, che hanno finora impedito il parto della Giunta nella sua interezza. In realtà, a lasciare un retrogusto amaro di delusione e sconcerto, è la somma indifferenza verso le drammatiche emergenze che, giorno dopo giorno, stanno affossando la Calabria nel pozzo senza fondo della residualità rispetto al resto dell'Italia e dell'Europa. Come se il gap non fosse già difficilmente colmabile, ci si sta accanendo su questioni tutte interne al partito dominante a Palazzo Campanella, lasciando all'iniziativa dei singoli consiglieri la presentazione di proposte di legge che, nella maggior parte dei casi, resteranno lettera morta. Certo, si dirà, l'Esecutivo presieduto da Oliverio ha pur tirato fuori dai cassetti un paio di provvedimenti, ma immaginare che questo basti, a fronte della gravissima situazione attuale, a rendere meno dura la valutazione complessiva sull'operato della Giunta, è la conferma che da una parte albergano i marziani, dall'altra i cittadini con le loro immani sofferenze quotidiane. La causa di questo scollamento così insopportabile non può che risiedere nella funzione che i partiti, con ancora maggior evidenza in Calabria, conservano nell'attuale fase storica: non più cinghie di trasmissione tra istituzioni e società, ma asettici comitati elettorali senz'anima che rispondono, secondo una confusa catena di comando, a capi e capetti privi di legittimità. Una quota parte di responsabilità più consistente è, per le responsabilità che detiene a livello nazionale e regionale, addebitabile proprio al PD. Un partito che nei fatti non esiste, nella realtà è sfuggente, un'entità astratta utilizzata, in troppi casi, per cavalcare le proprie ambizioni personali, quasi mai aderenti agli interessi della collettività. E' da questa sorgente di indifferenza che arriva il fluido in grado di alimentare, senza soluzione di continuità, l'antipolitica. La scomparsa delle ideologie ha ceduto il passo ai meschini interessi di bottega, difesi da cordate affastellate da personaggi che nulla avrebbero a che fare con l'amministrazione ed il governo della cosa pubblica. D'altro canto le mani libere lasciate da Renzi nelle lontane lande periferiche sono una delle conseguenze peggiori della personalizzazione impressa al partito dal segretario-premier. Una prateria sterminata si è così aperta per coloro che, orfani di una gerarchia autorevole, non hanno il buongusto di rispettare nemmeno il minimo sindacale delle regole: quelle proprie, scelte nell’ambito ristretto di una libera associazione qual è un partito. Come non ricordare, una volta ancora, che, sprezzanti rispetto a quanto sancito dallo Statuto del PD, tre segretari di federazioni provinciali del PD in Calabria continuano imperterriti a mantenere abusivamente le rispettive cariche? Quanto accade, o meglio, non accade, a Catanzaro, Vibo Valentia e Reggio Calabria rappresenta il biglietto da visita di una forza politica che, pur incapace di darsi un ordine interno, si presenta all’opinione pubblica con la velleità di governare i complessi fenomeni contemporanei. Tipica, intollerabile, doppia morale dei tanti che faticano a mettere insieme parole e fatti. "Politik als beruf" sentenziò Max Weber e lo smarrimento che è facile intuire negli occhi dei virgulti che affollano le diverse aule rappresentative non è addebitabile alla difficoltà di tradurre dal tedesco "Politica come professione-vocazione", ma alla mancata conoscenza del pensiero e delle opere dell'intellettuale tedesco.

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