Attenzione
  • JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 983

Il declino di Serra ed il silenzio della politica

Lenta e dolorosa, come solo un’agonia può essere. Un’agonia ancor più tragica, poiché colpisce, non un individuo, ma un’intera comunità. Una cittadina, fino a qualche anno addietro, fiera ed orgogliosa della sua centralità rispetto ad un intero comprensorio. Una centralità, nata non per caso, ma dettata dalla storia e dagli uomini. A dare l’abbrivio alla nascita di Serra, furono due figure dall’eccezionale levatura, chiamate a fare la storia, Brunone di Colonia e Ruggero d’Altavilla, un santo ed un soldato, condottieri, entrambi, seppur in opposti campi. Da quell’incontro e da quel “privilegio” del 1091, concesso dal conte normanno al Santo tedesco, ebbe origine Serra e la sua centralità. Una centralità puntellata, nel corso degli anni, dall’affiancarsi alla Certosa di strutture ed uffici civili. Fu così, che nel paese della Certosa pian piano, vennero realizzati i centri di un potere destinati a far sentire più vicina la presenza dello Stato. La pretura, l’ufficio del registro, l’ospedale avevano fatto di Serra un piccolo capoluogo. Vennero, poi, gli anni Novanta e con essi l’inizio della lunga agonia. Un’agonia che non si abbatte solamente su Serra, ma sull’intero circondario. Come se non bastassero lo spopolamento ed un reddito medio pro capite di appena 5.067 euro annui, di gran lunga al di sotto della media regionale e provinciale, i serresi, nelle loro diverse declinazioni, trovano sul loro cammino sempre più domande e sempre meno risposte. Domande sulle quali campeggia quella principale, perché rimanere in un territorio che dall’offrire poco è passato a non offrire nulla? Come fosse una miniera da cui attingere senza pensare alla conseguenze nel lungo periodo, una classe politica inconcludente ed inutilmente vanagloriosa ha pensato di fare delle Serre un deserto. L’attentato alla sopravvivenza di un intero territorio ha avuto inizio con la chiusura della pretura ed il ridimensionamento dell’ufficio del registro. Per arricchire ulteriormente il loro bottino, i novelli saccomanni, hanno provveduto, poi, a ridimensionare fin quasi a chiuderlo, l’ospedale. E’ stata, quindi, la volta del giudice di pace ed ora si parla della prossima chiusura degli uffici Inps, senza contare che, stante la disastrata situazione della Provincia di Vibo è a rischio, anche, la permanenza del centro per l’impiego. Alla politica, ricordando con un noto detto serrese “ca lu pieju vena arriedi”, non si può che rivolgere la classica domanda da seduta spiritica, “se ci sei batti un colpo” con la consapevolezza che i politici, come i morti, appartengono ad un altro mondo, i morti però, talvolta, rispondono.

Leave a comment

Make sure you enter all the required information, indicated by an asterisk (*). HTML code is not allowed.