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Rifiuti come biglietto da visita: così uccidiamo Serra San Bruno

Ci sono realtà territoriali che non sono dotate di particolari motivi di attrazione turistica, eppure suppliscono alla carenza di paesaggi naturali e di spunti d’interesse storico con iniziative volte a far apparire come desiderabile quel determinato paese, che non ha risorse uniche o rilevanti. Lo fanno grazie al gioco di squadra, unendo le forze, dimostrandosi portatori di senso civico e rispetto verso se stessi e verso gli altri. E poi ci sono luoghi spettacolari, scelti dai più puntuali interpreti della spiritualità come meta da raggiungere, posti in cui fissare la permanenza per riscoprire l’essenza della vera vita. Serra San Bruno poteva essere lo scrigno contenente questi tesori, la culla di una cultura che fa della riflessione e della contemplazione i propri assi portanti. E invece si è trasformata, quasi per un crudele scherzo del destino, nell’esatto opposto, nella sede dell’assenza di senso civico e dell’incapacità di valorizzare un patrimonio inestimabile. E di questo suo squallore, anche  morale, dà rappresentazioni lampanti, addirittura avvertendo chi non ne sia ancora a conoscenza. Come dire: “Eccoci, ci presentiamo. Noi siamo questi e questo, sappiatelo”. Metafore? Costruzioni letterarie? Niente di tutto questo, l’avvertimento è terribilmente materiale. Entrata della cittadina della Certosa, arrivando da Soriano. L’insegna annuncia che si è giunti nel perimetro territoriale di Serra San Bruno. Ai suoi piedi spazzatura di ogni tipo, persino una poltrona. È un biglietto da visita inequivocabile per i visitatori: chi pensava di trovare boschi incontaminati ha sbagliato strada. La comunità serrese si autodenigra così. Inutile girarci intorno: non ci sono colpe da addebitare a chi denuncia questo stato di cose, anzi. Le responsabilità sono di Serra San Bruno nel suo insieme: di questa amministrazione che, dopo 4 anni, non è riuscita ad attuare un servizio di raccolta differenziata degno di questo nome; dell’amministrazione passata per la quale valgono le identiche considerazioni; di tutte le altre amministrazioni precedenti che non hanno gettato solide basi per una crescita civica; di chi è preposto a vigilare perché evidentemente non si trova quasi mai al posto giusto al momento giusto; degli operatori che si fanno travolgere dalla superficialità; dei suoi cittadini che di prendere esempio dalle aree più avanzate non ne vogliono sapere. Educare a crescere è impresa improba, perché c’è un assoluto rifiuto al cambiamento. C’è un muro invalicabile e chi non si adegua deve cominciare a preparare la valigia. C’è una mentalità stantia, anacronistica, rancida. Che offusca l’orgoglio di essere serresi, che ci fa dimenticare chi erano i nostri avi, quali erano (e sono) le nostre tradizioni. Quali erano (e sono) i valori di chi è “di la Serra”. Si preferisce criticare gli altri con ammonimenti severi, salvo poi fare di peggio. Si accusa la politica dei “ladri” e dei “politicanti”. Per le proprie “ruberie”, per i propri errori, si trovano al contrario le più “profonde” e “innocenti” giustificazioni. Chi pronuncia frasi velenose riguardanti gli altri, spesso, è sprovvisto di uno specchio per guardare dentro la propria coscienza. Certo, è vero che chi ha gestito negli scorsi decenni questa regione – che continua a sprecare e a rimanere inginocchiata - non ha saputo costruire il domani e lo ha anche compromesso concretizzando il più famelico familismo amorale, ma è utile ricordare che la classe dirigente è figlia delle indicazioni della società. Se la prima è marcia, lo è a maggior ragione la seconda. Siamo ai primi di agosto, il mese che aspettiamo un anno intero perché dovrebbe equivalere a “turismo” e “ricchezza”. Lo spirito con il quale lo affrontiamo è raffigurato nella foto che vi proponiamo.

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