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Sequesto impianto Coda di Volpe, M5S: “Senza la legge sugli eco-reati avrebbero continuato ad inquinare”

«Purtroppo ciò che temevamo è stato confermato dall'operazione Cloaca Maxima di questa mattina. L'impianto di Coda di Volpe inquinava le acque anziché depurarle».

È quanto affermano i portavoce del Movimento 5 Stelle, l'eurodeputata Laura Ferrara, il deputato Paolo Parentela e Domenico Miceli, consigliere comunale di Rende, dopo il sequestro di questa mattina del depuratore consortile “Valle Crati”.

I tre avevano presentato una denuncia alla Procura a gennaio del 2016.

«Ci avevano allarmato – continuano i pentastellati – i valori alterati delle acque, valori rilevati con il Progetto “Punto Zero acqua”. In seguito all'evidenza sui risultati delle analisi dei campionamenti di acqua nell’area industriale di Rende sita in Contrada Coda di Volpe abbiamo immediatamente presentato un esposto/denuncia alla Procura della Repubblica e per conoscenza anche al Ministero dell'Ambiente. Sulla base del nostro esposto e sui riscontri con secondi rilevamenti, lo stesso Ministero chiedeva, in via formale, al Comune di Rende di avere maggiori informazioni. Ad uno dei sopralluoghi del corpo forestale intervenne anche un nostro collaboratore, per indicare agli inquirenti i punti precisi in cui noi avevamo effettuato i nostri prelievi. Il caso volle che proprio quel giorno le acque si presentassero ricoperte da una coltre schiumosa, evento già accaduto come confermato dai residenti di quella zona. Quella di oggi è una delle più importanti indagini condotte finora in materia di tutela dell’ambiente nel cosentino, se si è arrivati a questo risultato è solo grazie alla legge sugli ecoreati, legge fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle. Continueremo le nostre battaglie – concludono Ferrara, Parentela e Miceli – chi inquina deve pagare è il principio cardine del nostro attivismo ambientale, bisogna fermare chi, curando solo i propri interessi ammala l'ambiente e le persone che lo circondano».

Non sopporta gli schiamazzi esce sul balcone ed inizia a sparare, 50enne arrestato a Vibo Marina

Un cinquantenne, già noto alle forze dell’ordine, è stato arrestato a Vibo Marina perché ritenuto responsabile dei reati di tentato omicidio, porto abusivo d'arma da fuoco, spari in luogo pubblico e danneggiamento aggravato.

In particolare, intorno alle 20 di ieri, l’uomo si sarebbe affacciato al balcone della sua abitazione ed avrebbe esploso diversi colpi di pistola verso la strada, perché disturbato dagli schiamazzi.

Fortunatamente, i colpi non hanno provocato feriti, anche se hanno danneggiato due autovetture di proprietà di un vigile del fuoco e di un cittadino bulgaro.

Al loro arrivo, le pattuglie della squadra volante e del Reparto prevenzione crimine di Vibo Valentia, hanno sorpreso in strada il cinquantenne mentre, con la pistola in pugno, discuteva animatamente con un trentaseienne, individuato, verosimilmente, quale responsabile degli schiamazzi.

Ad avere la peggio è stato, proprio, il trentaseienne, che è stato ferito alla testa con il calcio dell’arma. L'uomo è stato, quindi, accompagnato in ospedale per una grave ferita lacero-contusa.

Gli agenti hanno, quindi, disarmato e immobilizzato il responsabile che, al termine delle formalità di rito, è stato condotto in carcere.

La pistola, una semiautomatica calibro 9x18 assemblata e priva di matricola, è stata posta sotto sequestro. 

UNICAL, UIL SCUOLA sulla questione dei 24 CFU: "l'ateneo vuole far cassa sui neo laureati"

Riceviamo e pubblichiamo una nota stampa da parte di Carlo Infusino e Francesco Gallo, rispettivamente Segretario GAU UIL SCUOLA RUA e Segretario Regionale UIL SCUOLA RUA, che pongono l'accento sulla difficoltà che molti neo laureati hanno nel comprendere come acquisire i 24 crediti che permetterebbero loro di poter partecipare ai concorsi a cattedra.

"Ancora una volta la nostra università si caratterizza in negativo sulla stampa per l’ incapacità di gestire i servizi e le relazioni con gli studenti.

Questa volta le lamentele vengono da numerosi laureati, molti dei quali in possesso già di master e corsi perfezionati, che hanno serie difficoltà nel comprendere criteri di acquisizione dei cosiddetti 24 crediti per partecipare al concorso a cattedra nelle scuole. L’unica motivazione che spinge il nostro ateneo sembrerebbe quella di fare cassa su questi quattromila precari che siamo riusciti ad acquisire sul mercato dei disoccupati.

E’ lo stesso modo di agire che caratterizza la proposta di istituzione dei master e dei corsi di perfezionamento che non tengono conto in alcun modo delle ricadute occupazionali e degli eventuali bisogni formativi, ma solo dei guadagni per i formatori e i gestori di ormai queste lucrose attività.

Ci piacerebbe sapere quanti di questi “studenti” trovano effettivo lavoro per effetto di questa ulteriore specializzazione e quali sono invece i compensi che finiscono nelle tasche dei docenti impegnati in queste attività.

L’altra questione che a giudizio della UIL emerge è quella di annullare il valore della laurea che ai sensi dell’ultima riforma avrebbe dovuto avere valore abilitante, invece si scopre che c’è necessità di conseguire ulteriori crediti se si vuole concretamente avere opportunità occupazionali, specie come in questo caso nei concorsi della scuola. Solo chi può accettare questa vera vessazione, avendo la disponibilità finanziaria, può garantirsi un punteggio aggiuntivo essenziale per primeggiare nelle graduatorie. E si tratta proprio di comprarlo il titolo, accertato che fra i partecipanti a questi  questi corsi non esiste l’insuccesso formativo.

Ma le conquiste sul diritto allo studio che fine hanno fatto?

Per ritornare alla vicenda iniziale la cosa che preoccupa ulteriormente questo sindacato sono le ripercussioni sul personale che lavora negli uffici interessati che è costretto a subire ormai quotidianamente la pressione di tanti aspiranti insegnanti senza che gli stessi uffici siano stati dotati preventivamente di spazi e strumenti necessari ad accogliere e rispondere efficacemente alle istanze dell’utenza".

Operazione "Cloaca maxima": sequestrato depuratore, 6 indagati

Il Nipaaf di Cosenza, con il supporto delle Stazioni carabinieri forestali e del Comando provinciale di Cosenza, hanno dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo del depuratore consortile Valle Crati, ubicato a Rende, in contrada Coda di Volpe.

Il provvedimento, emesso dal Gip del Tribunale di Cosenza, su richiesta della Procura della Repubblica, è stato accompagnato da sei misure cautelari a carico degli operai, del loro coordinatore e del direttore dell'impianto.

I sei dovranno rispondere del reato d'inquinamento ambientale, a seguito dello sversamento di liquami non depurati nel fiume Crati.

L'operazione, denominata “Cloaca maxima” ha preso le mosse in seguito ad un esposto presentanto nei mesi scorsi, alla Procura della Repubblica di Cosenza.

Le indagini, condotte mediante intercettazioni telefoniche e riprese video, avrebbero permesso di accertare che gli indagati, tutti dipendenti della Geko Spa, in concorso tra loro scaricavano illegalmente ingenti quantitativi di liquami direttamente nel Crati.

Gli sversamenti avrebbero compromesso le acque del fiume, al punto da provocarne l'alterazione della composizione chimica, fisica e batteriologica.

In particolare, le analisi eseguite da Arpacal nel punto di sversamento, avrebbero rivelato un livello di escheria coli, quasi, cento volte superiore rispetto a quello misurato a monte.

Dopo il sequestro, l'impianto è stato affidato alla gestione di un custode giudiziario nominato dal Gip.

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