Attenzione
  • JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 983

Serra, strutture ludico-sportive fra abbandono e inciviltà: le responsabilità di istituzioni e società

Ci sono luoghi che riassumono l’essenza dello stare insieme, soprattutto fra le giovani generazioni, centri di “aggregazione naturale” dove il gioco fa da collante fra le diverse componenti della collettività. In queste strutture dovrebbero incontrarsi ragazzi provenienti dalle più differenti fasce sociali che - scambiandosi informazioni, condividendo abitudini e confrontando gli stili di vita -  dovrebbero accrescere le rispettive conoscenze fortificando il senso di appartenenza alla propria comunità. Lo stato di questi punti d’incontro testimonia, invece, non solo il degrado “materiale” ma anche quello “sociale” imperante nella cittadina della Certosa in questo frangente temporale. Guardando le condizioni del campetto di calcetto posto nei pressi del Calvario (non molto migliori sono quelle del campetto di via Matteotti) e del parco giochi distante qualche decina di metri, si capisce che queste strutture versano nell’abbandono, in preda agli effetti degli agenti atmosferici e ai gesti intrisi di inciviltà di chi baratta qualche quarto d’ora di bivacco con la felicità dei coetanei. Porte di calcio distrutte, altalene private di catene e seggiolini, l’ossatura delle stesse “ferita” da colpi inferti dall’insensibilità. Evidentemente manca l’attenzione di chi ha la responsabilità di salvaguardare queste strutture e di ripristinarne lo stato originario al momento del danneggiamento. Ma almeno altrettanto grave è l’incapacità di capire che Serra è patrimonio di tutti: dei residenti, dei visitatori, di chi la ama ma è costretto a vivere lontano. Lo spirito costruttivo di chi vorrebbe invertire la tendenza spesso s’infrange contro la recidività di chi è vittima della propria mentalità primitiva, del proprio egoismo, dei propri istinti primordiali. Compito di chi ha a cuore questo paese dalla storia millenaria -  indipendentemente dal ruolo ricoperto nella società – è quello di fermare questa regressione. O si agisce o si è complici.

  • Published in Diorama

Serra, la decadenza di Palazzo Chimirri: il senso civico dimenticato

È un’opera affascinante dal punto di vista architettonico che, contemporaneamente, rappresenta l’emblema della cultura serrese. Ricordando la memoria del poeta scalpellino Mastro Bruno Pelaggi e del compianto giornalista Enzo Vellone, Palazzo Chimirri doveva essere la patria di eventi capaci di far operare un salto intellettuale alla comunità dell’entroterra vibonese. E, invece, il combinato disposto della carenza di manutenzione con la scarsa attenzione degli ospiti hanno trasformato questa costruzione posta nel cuore della cittadina della Certosa nell’emblema della decadenza. La sala conferenze è ingrigita nella sua muratura interna, il pavimento è in alcuni punti cosparso di vecchie gomme da masticare calpestate e ormai quasi irremovibili, il cosiddetto tavolo della presidenza è rigato nella superficie superiore oltre che disarticolato, le sedie sono ridotte al minimo. Assistere ad un consiglio comunale (a proposito la sala consiliare è ancora inagibile) è un po' come partecipare ad una partita di calcio a porte chiuse: il pubblico non c’è e se ci fosse ci sarebbero problemi nel farlo accomodare. La biblioteca, che doveva essere posizionata nella parte inferiore, semplicemente non esiste. Spesso gli organizzatori delle manifestazioni richiedono il patrocinio comunale per non pagare l’importo previsto per l’utilizzo della sala: istanza generalmente accolta a cui però non viene abbinato il rispetto di un luogo che è un patrimonio comune. Forse, i criteri di concessione gratuita – se ci sono - andrebbero rivisti. Superficialità, assenza di senso civico, incapacità di avere il giusto approccio con ciò che è pubblico stanno avvelenando Serra. Ci si lamenta degli altri e di chi dovrebbe gestire la cosa pubblica: critiche che sarebbero non solo accettabili ma sacrosante se ci si comportasse di conseguenza dando l’esempio di civiltà. Il punto è che, a queste latitudini, il cambiamento lo si pretende dagli altri ma non da se stessi.

  • Published in Diorama
Subscribe to this RSS feed