I musulmani in piazza e le bugie del giornalismo politicamente corretto

Un quotidiano di Roma, unico a fare i conti, afferma che gli islamici presenti in piazza alla manifestazione dei moderati erano “quattrocento, 400 di numero!”; le tv, invece, hanno mostrato con pudore delle immagini in campo corto, cortissimo; e il TG5, alla faccia del centro(destra), ammette tra i denti che “non è stata una presenza massiccia”, traduzione politicamente corretta di “non c’era nessuno”, però è lieto che c’erano degli imam. E non dice “alcuni islamici”, ma “gli islamici”: bugia di un articolo! La libertà di stampa non è libertà di mentire o di reticenza; oppure volete vedere che la libertà di stampa è una bufala, e invece ci sono precisi ordini, esattamente come le famose “veline” del duce? Solo che allora c’era una dittatura, con il consenso di massa ma sempre dittatura; oggi dicono che c’è la democrazia. E non è il governo che manda ordini: è la tirannide del politicamente corretto, il linguaggio despota che maschera la verità con parole mielate e sostanzialmente false. Come mi piacerebbe un giornalismo serio, che se gli islamici sono centomila dica centomila, se sono quattrocento dica quattrocento e basta! Se devo essere contento dei centomila o dei quattrocento, lo decido io; ma la notizia dev’essere la notizia, non detenere presunti o veri contenuti educativi. Un giornalismo che quando sente che islam vuol dire pace, consulti un vocabolario arabo ed eccepisca che vuol dire invece piena adesione alla volontà di Allàh o di chi per Esso; e invece pace si dice salàm. Ma no, è politicamente corretto bersi le bufale. Tanto non ci casca nessuno; e allora, a che serve il politicamente corretto? Ovvio: a conservare lo stipendio al giornalista mentitore.

 

 

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Terrorismo islamico, operazione del Ros: 17 arresti

I carabinieri del Ros, in collaborazione con forze di polizia di altri 6 Paesi europei, hanno eseguito 17 ordinanze di custodia cautelare emesse dalla procura di Roma. Le persone destinatarie dei provvedimenti sono 16 curdi ed un kosovaro. L’accusa è di associazione con finalità di terrorismo internazionale aggravata dalla trans-nazionalità del reato. Non tutti gli indagati sono reperibili, alcuni, infatti, sarebbero morti in combattimento in Siria ed Iraq. Dalle indagini sarebbe emerso che il centro dell’organizzazione si trovava in Norvegia, dove operava Mullah Krekar, al secolo Faraj Ahmad Najmuddin, fondatore, nel 2001, del gruppo terroristico Ansar Al-Islam. L’uomo, ritenuto il capo dell’organizzazione, pur essendo recluso riusciva a guidare e coordinare i suoi adepti sparsi in giro per l’Europa. Alle indagini, svolte in Regno Unito, Norvegia, Finlandia, Germania e Svizzera, ha partecipato Eurojust, l’organismo, creato nel 2002, per coordinare le autorità nazionali nella lotta alla criminalità che opera nell'Unione europea.

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