La sinistra non va mai al potere, se ci va non dura

I fatti novembrini della Leopolda, con agitazioni contro Bersani eccetera, mentre gli energumeni dei centri sociali, tra le mie risate, difendono con le spranghe la costituzione, inducono a qualche simpatica riflessione.

La sinistra non va mai al potere, e se ci va, non dura. Ci va, qualche volta, sotto forma di centrosinistra, cioè di un centro più vaghe opinioni ugualitarie. C’è stata in Russia, ma come dittatura della burocrazia. Il solo esempio di sinistra sinistra andato al potere in Europa Occidentale fu il Fronte Popolare di Blum, che nel 1936 vinse le elezioni in Francia. Nel 1938 venne abbattuto… e voi pensate da una congiura di aristocratici dell’ancien régime? Da biechi fascisti? Ma no, da un’ondata di scioperi operai!

 Fin dalle origini, negli ultimi decenni del XVIII secolo, la sinistra ha mostrato due evidenti caratteristiche, la seconda conseguenza della prima: alto livello di ideologizzazione, e altissima conflittualità. Marx ha passato più tempo a dir male di Mazzini e Proudhon che dei capitalisti; e viceversa.

 I socialisti italiani si divisero subito in correnti, che, alla grossa, erano due: riformisti e massimalisti; siccome nel 1919 avevano vinto le elezioni ma non sapevano che fare, subito una bella scissione, ed ecco il Partito Comunista d’Italia. Ogni socialista che si rispetti odia i comunisti, e ogni comunista disprezza i socialisti: vi ricordate di Craxi?

 I comunisti, giunti al potere con la forza in Russia poi Unione Sovietica, non per questo trovarono pace; anzi, Trotskij, che se ne stava micio micio e inoffensivo in Messico, venne raggiunto da una picconata speditagli da Stalin in persona: prevenire è meglio che curare, pensava Baffone. Gli anarchici spagnoli non dovettero attendere di essere eliminati dai franchisti, perché ci pensò alla grande il medesimo Stalin attraverso i suoi agenti, tra cui il famigerato Vittorio Vidali, che avrà a che vedere con l’assassino del detto Trotskij, e sarà deputato del PCI. 

 Per dirla con la Traviata, “qui son più miti i cuori”; e non è più tempo di omicidi politici. Renzi chiama rottamazione le sue operazioni di eliminazione politica dei vari D’Alema, Bersani eccetera.

 Tutto questo avviene, dal XVIII secolo, nella più ottusa buona fede; e gli odi tra le sinistre non son dovuti a volgari motivi di soldi e potere, ma sempre a nobili ragioni di alti ideali e parole; parole cui l’uomo di sinistra, a furia di ripeterle, crede davvero, e per cui lotta; nel passato neanche troppo lontano, fino a uccidere e morire. Non sto facendo ironia, è davvero così. Per le infinite divisioni sulle parole, la sinistra propriamente detta non andrà mai al potere. Il massimo che può sperare, qualche compromesso storico di breve durata; e che, generalmente, provoca interessi e corruzione. Tranquilli, è successo lo stesso ai miei ex camerati quando sono divenuti Alleanza Nazionale, Dio me ne liberi, a parte che nel 1995 me ne liberai da solo.

 Oggi, meno male, a sinistra si contentano di espulsioni.

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Gli italiani in Crimea e la riabilitazione di Putin

Putin riabilita, tra i vari perseguitati dal regime comunista, anche gli Italiani di Crimea. Ma che ci facevano in Crimea degli Italiani? Beh, Lucullo, tra un pranzo e l’altro, vi si recò per annientare uno dei peggiori nemici che ebbe mai Roma, Mitridate re del Ponto; e la Penisola e i dintorni fecero parte dell’Impero nei suoi momenti migliori. Nel Medioevo c’erano colonie di Genovesi, la più importante la Tana. Il dominio turco pose fine, dal XV secolo, a questa presenza italiana. Nel 1855 Cavour, primo ministro del Regno di Sardegna, inviò in Crimea a fianco di Francia, Gran Bretagna e Turchia contro la Russia un contingente di 15.000 uomini, che fecero la loro figura all’assedio di Sebastopoli e alla Cernaia: quando bastava per far sedere il conte al Congresso di Parigi, con quel che ne seguì di Seconda guerra d’indipendenza e annessioni. Il Regno delle Due Sicilie, che aveva la Russia come unica amica al mondo, non assunse alcun atteggiamento, e fu l’inizio della sua inevitabile fine. Sembra che, crollato il Regno, alcuni ufficiali borbonici siano andati a vivere in Russia, e si dice restino alcuni curiosi cognomi. Fu verso la fine del XIX secolo che gli zar sollecitarono un’immigrazione italiana in Crimea, in particolare artigiani. Partirono dal Veneto, poi anche dalle Puglie. Queste piccole comunità s’integrarono nel contesto russo, conservando però la memoria e la lingua, e qualche contatto con l’Italia. Nel 1941, invasa l’Unione Sovietica dalla Germania con la partecipazione attiva dell’Italia (CSIR, poi ARMIR), Stalin considerò ostili anche gli Italiani di Crimea, sottoponendoli a restrizioni e controlli pressanti; come approfittò della circostanza per deportare i Tartari… Ora Putin, con la presenza del suo amico Berlusca, li riabilita, grazie Vladimiro.

 

 

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