Gli italiani in Crimea e la riabilitazione di Putin

Putin riabilita, tra i vari perseguitati dal regime comunista, anche gli Italiani di Crimea. Ma che ci facevano in Crimea degli Italiani? Beh, Lucullo, tra un pranzo e l’altro, vi si recò per annientare uno dei peggiori nemici che ebbe mai Roma, Mitridate re del Ponto; e la Penisola e i dintorni fecero parte dell’Impero nei suoi momenti migliori. Nel Medioevo c’erano colonie di Genovesi, la più importante la Tana. Il dominio turco pose fine, dal XV secolo, a questa presenza italiana. Nel 1855 Cavour, primo ministro del Regno di Sardegna, inviò in Crimea a fianco di Francia, Gran Bretagna e Turchia contro la Russia un contingente di 15.000 uomini, che fecero la loro figura all’assedio di Sebastopoli e alla Cernaia: quando bastava per far sedere il conte al Congresso di Parigi, con quel che ne seguì di Seconda guerra d’indipendenza e annessioni. Il Regno delle Due Sicilie, che aveva la Russia come unica amica al mondo, non assunse alcun atteggiamento, e fu l’inizio della sua inevitabile fine. Sembra che, crollato il Regno, alcuni ufficiali borbonici siano andati a vivere in Russia, e si dice restino alcuni curiosi cognomi. Fu verso la fine del XIX secolo che gli zar sollecitarono un’immigrazione italiana in Crimea, in particolare artigiani. Partirono dal Veneto, poi anche dalle Puglie. Queste piccole comunità s’integrarono nel contesto russo, conservando però la memoria e la lingua, e qualche contatto con l’Italia. Nel 1941, invasa l’Unione Sovietica dalla Germania con la partecipazione attiva dell’Italia (CSIR, poi ARMIR), Stalin considerò ostili anche gli Italiani di Crimea, sottoponendoli a restrizioni e controlli pressanti; come approfittò della circostanza per deportare i Tartari… Ora Putin, con la presenza del suo amico Berlusca, li riabilita, grazie Vladimiro.

 

 

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