La 'ndrangheta fa affari con l'Isis, opere d'arte in cambio di armi

C'è un asse invisibile, fatto di soldi, sangue ed opere d'arte, che lega la Libia alla Calabria. A svelarlo, il giornalista Domenico Quirico, che ha pubblicato sulla Stampa un'inchiesta dalla quale emerge il coinvolgimento delle cosche calabresi nel traffico di reperti archeologici trafugati dai miliziani dell'Isis. "A Vietri sul Mare dove inizia l’autostrada Napoli-Reggio - scrive Quirico - l’appuntamento con l’emissario che arriva dalla Calabria è, a metà pomeriggio, all’albergo Lloyd. Un posto «sicuro» che lui stesso ha indicato. Sono qui per comprare reperti archeologici arrivati da Sirte, bastione degli indemoniati dell’Isis, al porto di Gioia Tauro". Il porto Calabrese è, quindi, diventato il crocevia di un lucroso traffico originato dallo scambio di armi con opere d'arte. "Sì - prosegue Quirico - non è un errore: Gioia Tauro. Sono stati saccheggiati con metodo nelle terre controllate dal Califfato islamico, Libia e vicino Oriente. Gli islamisti li scambiano con armi (kalashnikov e Rpg anticarro). Le armi arrivano dalla Moldavia e dall’Ucraina attraverso la mafia russa". Tra le famiglie calabresi coinvolte ci sono, anche, quelle "della ’ndrangheta di Lamezia". Al trasporto, invece, provvede la criminalità cinesi con le "sue innumerevoli navi e container".  Una volta incontrato il mediatore, Quirico visiona il reperto: "Dal bagaglio dell’auto avvolto in un telo bianco esce il mio possibile acquisto. L’imperatore mi fissa [...] con il suo eterno sguardo di marmo, il naso leggermente abraso, la barba e i capelli magnificamente incisi dal bulino dello scultore del secondo secolo dopo Cristo, pieno di rigonfia e marmorea romanità. Dal collo spunta, reciso, il perno di bronzo che lo teneva collegato alla statua. Mi fa un po’ senso: come se l’avessero appena decapitato, lì, per mostrarmelo nel suo cimiteriale splendore. Il trafficante - continua il giornalista - spiega che era in un’altra Neapolis, quella libica, la romana Leptis Magna. Con Cirene e Sabrata sono i luoghi di provenienza di tutti tesori che mi mostrerà. Luoghi che jihadisti controllano o hanno controllato. Ma, rifletto, anche gli islamisti «moderati» di Misurata, quelli legati ai Fratelli Musulmani a cui sembra riconosciamo un ruolo di alleati affidabili nella lotta ai cattivi del Califfato". Il valore storico artistico del pezzo serve solo per stabilire la posta. La testa dell'imperatore viene offerta a "Sessantamila euro". L’emissario della Famiglia calabrese, non è uno sprovveduto "parla con proprietà di epoche storiche classiche, di marchi di scultori e di vasai. È abile, mescola agli oggetti libici anche altri reperti prelevati clandestinamente in necropoli greche in Italia, svela, racconta, ma parla di oggetti di «due anni fa»: in modo di poter negare, se necessario, le circostanze più gravi. E al massimo rischierà un accusa di ricettazione: tre anni. Da dove viene questa testa? Questa viene dalla Libia. Armi in cambio di statue, anfore, urne: funziona così… Il materiale arriva a Gioia Tauro, una volta era qui a Napoli, poi qualcosa è cambiato" . Il catalogo dei reperti nelle mani delle 'ndrine è variegato, il mediatore, infatti, offre a Quirico, anche preziosissimi reperti provenienti dal "Medio Oriente". I prezzi, ovviamente, sono "sono molto molto più cari", ma acquistarli non è un problema, basta salire in macchina ed andare a trattare direttamente l'acquisto. Ma dove? A "Gioia Tauro", naturalmente. 

 

 

 

 

 

 

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