Il clamore sulla Raggi ed il silenzio sulle banche

 “Molto rumore per nulla”. Si potrebbe usare il titolo della commedia di Shakespeare, per descrivere l’atteggiamento della stampa nostrana nei confronti delle polizze assicurative intestate a Virginia Raggi. Non che alcuni dettagli non abbiano interesse, ma rimangono, per l’appunto, dettagli. Si tratta di un episodio decisamente sovradimensionato, anche alla luce, della cappa di omertà calata sulla lista nera dei debitori insolventi che hanno causato il crack di alcune banche.

Sull’argomento, tranne poche lodevoli eccezioni, i giornalisti italiani continuano ad essere piuttosto distratti.

Eppure, si tratta di un tema scottante. In un Paese normale, non soggiogato da poteri forti e da oscuri potentati, si farebbero le barricate.

In nome della libertà, l’informazione dovrebbe fare il suo dovere. Indagare, incalzare, spronare, pretendere la verità.

Ed invece, vige il più servile silenzio.

Del resto, la vicenda si è già risolta nel più italico dei modi, in una impalpabile bolla di sapone.

Pur avendo tutto il diritto si conoscere il nome degli scrocconi cui hanno pagato il “mutuo”,  gli italiani tacciono.

A coprire chi è scappato con la cassa, ci hanno pensato i partiti che sostengono il Governo, Partito democratico in primis.

La commissione Finanze del Senato ha, infatti, bocciato gli emendamenti che prevedevano la pubblicazione dei nomi di quanti non hanno onorato i loro debiti.

Nell’ambito della conversione del decreto “Salva banche”, con il quale agli italiani sono stati sottratti 20 miliardi, la Commissione ha scelto la più classica delle soluzione. Si è deciso, infatti, di pubblicare, non i nomi dei debitori insolventi, ma il loro profilo di rischio. Un dato con il quale i cittadini comuni non riusciranno, mai, a capire chi siano i pitocchi cui hanno  pagato i debiti.

A nulla sono valse le tante proposte presentate dai partiti d’opposizione, dalla Lega al M5s. Ancor meno, sono state prese in considerazione le parole del presidente Abi, Antonio Patuelli che aveva invocato la pubblicazione della “black list”.

Il palazzo, Pd in testa, sì è arroccato a difesa dei disonesti. La giustificazione, piuttosto ridicola, si commenta da sola: ” non si possono mettere alla gogna i debitori insolventi”.

In altri termini, bisogna avere un occhio di riguardo per chi, dopo aver banchettato abbondantemente, è scappato senza pagare il conto.

Immaginiamo la scena.

Seduti al ristorante, per consumare un frugale brodino, assistiamo al lauto banchetto di un allegra combriccola. Osserviamo, con un pò d’invidia, i commensali che mangiano aragoste e bevono champagne. Tutte cose che non possiamo permetterci. Ad un certo punto, uno alla volta, i protagonisti del pranzo luculliano si sfilano senza pagare. Una volta scappati via, il cameriere si avvicina e ci porta il conto. Non quello del nostro brodino, ma quello del banchetto. Chiediamo spiegazioni, chiediamo di conoscere almeno l’identità delle persone che ci hanno lasciato da saldare il salatissimo conto. Il cameriere, piccato, ci risponde che non può dirci i nomi. A quel punto, anche il più pacifico degli uomini, si toglierebbe la soddisfazione di mollargli un ceffone.

Ed invece, senza neppure pretendere una spiegazione, gli italiani pagano e tacciono.

Un comportamento  assurdo, in linea con un collaudato canovaccio.

Come da copione, infatti, nel Paese del buonismo un tanto al chilo, ad essere tutelati sono i carnefice, mica le vittime.

Quindi, nessuna sorpresa se, sulla vicenda, è stata alzata un’impenetrabile cortina fumogena. Nessuna sorpresa se non c’é alcuna vocazione alla ricerca della verità. Nessuna sorpresa se nessuno osa scendere in piazza per chiedere la pubblicazione dei nomi.

Un atteggiamento incomprensibile, tanto più che la famigerata lista aiuterebbe a svelare gli intrecci perversi che soffocano il Paese.

Sarebbe opportuno sapere se, come sembra, tra i nomi figurano faccendieri abituati a fare il bello ed il cattivo tempo. Se, come sembra, ci sono (im)prenditori ben introdotti nel mondo della politica. Se, come sembra, ci sono editori di testate importanti; giornali che su Monte dei Paschi non hanno mai pubblicato un rigo e che, in questi giorni, stanno concentrando la loro attenzione sulle polizze assicurative romane. Il tutto, ovviamente, per stornare l’attenzione da uno dei più grandi scandali degli ultimi decenni.

La mancata pubblicazione della lista  rappresenta l’indicatore del pessimo stato di salute della democrazia italiana. Una democrazia che i “grandi” giornali sono disposti a difendere solo quando ci sono in ballo gli interessi; dei loro editori.

Articolo pubblicato su: mirkotassone.it

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