Morte&Misteri: Esplosione alla polveriera

Venerdì 21 agosto 1953 giunge all’indomani di un ferragosto speciale. La cittadina della Certosa è un focolaio di vita: le martellate dei calzolai, quelle dei fabbri e degli artigiani hanno battuto incessantemente nei giorni che lo hanno preceduto e la gente, durante la fiera, ha fatto buoni affari. Le lenzuola estive vengono appese per le ultime volte alle finestre e le donne di casa, tra un mestolo e l’altro, canticchiano canzoni popolari. Nel pomeriggio, mentre i mariti giocano a briscola nelle cantine, devono andare al lavatoio pubblico, per questo scrutano bene il cielo per verificare il capriccio del tempo. In località “Firmiculusu” invece si lavora. C’è la timida presenza di una colona, Maria Giuseppa Franco che come ogni giorno, accompagnata dal nipotino di 9 anni Nicola Gallace detto (Coluzzo), in cambio di fatica e sudore chiede alla terra i mezzi per sopravvivere. Oltre ai contadini c’è anche un’attività particolare che, negli anni, ha contribuito a far conoscere la “Mastranza di la Serra” nel 20° secolo: si tratta di una fabbrica di fuochi pirotecnici messa in campo nell’immediato dopoguerra dall’imprenditore Fioravante Calvetta. Quest’ultimo, in seguito alla Seconda Guerra Mondiale, in un primo momento si occupa dello “spolettamento” e della separazione dell’esplosivo dai metalli con procedimenti fisico-meccanici, fino a quando, successivamente, decide di mettersi in proprio con una fabbrica di fuochi pirotecnici. Una professione rischiosa nella quale la tragedia è sempre in agguato ma che fa in breve tempo dei membri della famiglia Calvetta abili preparatori di effetti che risultano uno più bello degli altri e che nessuno aveva ancora ideato. Nascono dalla dedizione e dal sacrifico quei capolavori della pirotecnia per i quali la “Ditta Calvetta” sarà rinomata in tutta la Calabria. Quel venerdì si lavora al confezionamento degli “spari” per la prossima festa dell’Addolorata. Nella fabbrica, a creare scintille grandiose ed effimere e a dare voce ad oracoli luminosi, ci sono il titolare 33enne Fioravante Calvetta, Filippo Staropoli di 38 anni e Orlando Calvetta che di anni ne ha 19. A guardare il papà Filippo nell’arte del confezionamento dei fuochi c’è anche la piccola Tina Staropoli di 5 anni. A poca distanza ci sono la moglie di Filippo Staropoli, Carmela Calvetta insieme al figlioletto di 3 anni Cesare Staropoli. La Fabbrica di fuochi artificiali è strutturata in 6 casette ciascuna delle quali è destinata ad un singolo uso ma i fuochi si confezionano spesso all’aperto. Verso mezzogiorno il cielo si addensa di nuvole minacciose e improvvisamente scoppia un temporale, una tempesta forte ed imprevista. La pioggia potrebbe rovinare alcuni “spari” e Fioravante Calvetta insieme a Filippo Staropoli decidono, aiutati da Orlando Calvetta, di portarli al riparo dentro la casetta della guardia giurata. Li segue la piccola Tina che insieme alla contadina Giuseppa e al nipotino Nicola vi entrano per ripararsi dalla pioggia incessante. Maria Carmela con il piccolo Cesare, invece, si riparano nella casetta adibita a cucina. Improvvisamente un fulmine squarcia il cielo, una luce abbagliante illumina la fabbrica e un enorme boato si lamenta con l’infinito: la saetta colpisce in pieno la casetta della guardia giurata dove si erano rifugiati i sei. Nell’esplosione perdono la vita Fioravante Calvetta 33 anni, Tina Staropoli 5 anni, la nonna Maria Giuseppa Franco e il nipotino Nicola Gallace di 9 anni. L’esplosione è udita in tutto il circondario e subito da Serra San Bruno partono i soccorsi. Ai soccorritori si presenta una scena apocalittica: 4 persone morte sul colpo e due feriti gravi. Filippo Staropoli e Orlando Calvetta vengono in un primo momento trasportati in paese per essere curati dal medico, dott. Zaffino, poi trasferiti presso l’ospedale di Vibo Valentia dove Filippo Staropoli morirà dopo 2 giorni. Orlando Calvetta nel momento della tragedia, si trovava vicino alla porta, e riesce in qualche modo a non essere preso in pieno dall’esplosione ma viene colpito dalle macerie e dalle pietre della casetta che gli sotterrano le gambe e che lo invalideranno a vita. Orlando è un giovane particolare, fa attività politica con l’allora Partito Comunista Italiano e, ironia della sorte, quel pomeriggio a Vibo Valentia avrebbe dovuto recarsi per una riunione. La tragedia tanto temuta è avvenuta. A Carmela Calvetta, con il cuore sommerso dal dolore ma con il coraggio che solo le grandi donne possiedono, non rimane che prendere le redini della famiglia, ricostruire insieme ai fratelli Orlando e Domenico Calvetta la fabbrica di fuochi d’artificio e seguire la faticosa e pericolosa missione intrapresa dal fratello maggiore. L’11 luglio 1957 la fabbrica sarà teatro di una nuova esplosione, per autocombustione, a morire sarà proprio Domenico Calvetta, ma questa è un’altra storia.

 

 

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