Platì, la mafia e il PD

A Platì fallisce il Partito Democratico, non il mondo intero. A Platì sono state presentate due liste, quella Mittiga e quella Sergi. Come vi viene a mente che manchi la democrazia perché il PD non è riuscito a mettere assieme una lista sua con la bella statuina? Tre liste, del resto, erano troppe, per un paesino. Auguri a tutti i candidati. A Napoli, invece, i candidati sono diecimila (10.000). Gli opinionisti diranno che la camorra vuole tanti candidati, dopo aver detto che la mafia a Platì non ne vuole: mettessero il collegamento la testa con la penna! La Leonardi, una distinta signora evidentemente ignota ai cittadini di Platì, era stata indicata da Renzi, ma i suddetti cittadini non se la sono filata proprio, e con lei per la lista non si è offerto nessuno. Un’operazione banale, un normale fallimento della Leonardi e del PD: niente di epocale e catastrofico, non è caduto l’Impero Romano, non è l’Apocalisse; è un piccolo, insignificante fatto di un piccolo paese. Pigli pace, il cervellotico pezzo del Corsera di oggi su presunte "sindache" salvapatria. Una Lanzetta ci basta, sindaco men che mediocre, pessimo ministro, mancata assessore regionale; ottima farmacista. E non sta scritto da nessuna parte che se non c’è il PD non vale. Se questo partito, soprattutto in Calabria, è zeppo di beghe interne, lascia pur grattar dov’è la rogna, Paradiso XVII. A parte che il PD ultimamente è alle cronache per arresti e incriminazioni, e magari uno si guarda bene dal prendere la tessera e finire indagato! Renzi da dove aveva preso la Leonardi? Ma dallo stesso cappello a cilindro della Lanzetta, della Mogherini, della Guidi: facce pulite (beh, la Guidi… ), bell’aspetto… a! quanta species cerebrum non habet; sia detto in senso figurato e solo politicamente parlando. Bell’aspetto e nessuna sostanza politica. Di questo passo faremo presidente del Consiglio quell’attricetta già miss Italia che le fanno recitare la parte di Ecuba nelle Troiane o quella di Mirandolina o quella di Giovannona Coscialunga, ed ha sempre la stessa faccia se campa o se muore: però è bellina. Sarebbe ora che Renzi si disintossicasse dal passato di boy scout. Ma torniamo a Platì. Credo a Milano pensino Platì essere una metropoli tentacolare piena di industrie e porti e aeroporti e turismo, quindi con enormi interessi e tali da attirare le cupidigie di tutte le mafie del pianeta, inclusa la Jacuzia giapponese. Invece è un borgo aspromontano di 50 kmq tutto compreso, e ufficialmente 3.800 anime, di cui gran parte vivono altrove. Altro che turismo, non ha manco un metro di spiaggia dove piantare un ombrellone. Uno di quei tanti, di quel troppi, di quei 409 Comuni calabresi che andrebbero accorpati e tanti saluti; e per mille ragioni senza bisogno di mafia. Ammesso che un decimo dei 3.800 siano mafiosi, fa 380. Prima domanda: di che campano, chi rapinano, a chi impongono il pizzo e su che? Al negozietto dei tabacchi e verdura? Agli impiegati comunali? Sussistono attività industriali, commerciali, turistiche, culturali eccetera che facciano campare di pizzo i 380? Certo che no. Seconda domanda: se ci sono a spasso 380 mafiosi, perché non li arresta nessuno? Corollario finale. Io non mi candiderei mai a sindaco di Platì. Per paura della mafia? Macché: per paura di don Ciotti, don Mazzi, la Musella, e infiniti altri antimafia in servizio permanente effettivo… i quali verrebbero tutti i giorni a tenere un convegno, una marcia, una veglia, una cena, insomma una cosa antimafia; e io, invece di badare ai problemi del paese quali l’acqua e le fogne e le strade e il bilancio, dovrei trascorrere infelici mattinate a sentire predicozzi rifritti in risposta a domande preconfezionate di ragazzini sottratti alla scuola.  Mi viene un’ideona, e la suggerisco al futuro sindaco di Platì. Nomini un incaricato antimafia, ovviamente non per "combattere la mafia", che se ne frega di Platì, ma per fronteggiare l’arrivo di giornalisti, opinionisti e martiri vari; riceverli, tenere il discorsetto di circostanza, offrire un caffè a mezza mattinata. E quando chiederanno del sindaco, rispondere invariabilmente così: "Il sindaco vi saluta, ma ha molto da fare al Comune". Compito del sindaco non è fare lo sceriffo, ma badare a strade e marciapiedi e spazzatura e luci e altre pubbliche esigenze. Ah, un caffè, s’intende, e via: il Comune non ha fondi. Vitto e alloggio degli ospiti, a spese dei convenuti o di chi li vuole e invita: sarà un efficiente sistema di scrematura; e vedrete che verranno sempre di meno! Intanto, auguri a Platì.

 

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'Ndrangheta. Sequestrati beni per 5 milioni di euro ad imprenditore e alla sua famiglia

Nella mattinata odierna i Carabinieri, in esecuzione di provvedimento emesso dalla I Sezione della Corte di Appello, su proposta avanzata dalla locale Procura Generale, hanno proceduto al sequestro beni ai fini della confisca, per un valore stimato di circa 5.000.000 di euro riconducibili al patrimonio di Giovanni Franco, 69enne di Reggio Calabria, e del nucleo familiare, tra cui il figlio 37enne Paolo, in atto entrambi detenuti e ritenuti appartenenti alla "locale di ‘ndrangheta" operante nella frazione Pellaro di Reggio Calabria. Entrambi tratti in arresto il 16 gennaio 2007 per associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti nell’ambito dell’operazione cosiddetta "Chalonero", Giovanni Franco, con sentenza di condanna definitiva emessa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria nel maggio 2010 divenuta irrevocabile il 16 febbraio 2012, è stato condannato alla pena di 11 anni e 4 mesi di reclusione per il reato associativo di cui all’art. 74 l del D.P.R. 309/90; Paolo Franco è stato invece sottoposto, il 25 gennaio scorso  nell’ambito dell’operazione denominata "Antibes", a fermo di indiziato del delitto di associazione di tipo mafioso, con contestazione della gestione di pregresso stato di latitanza del padre Giovanni. L’odierno provvedimento, scaturito dalle risultanze investigative patrimoniali del Reparto Operativo dei Carabinieri reggini, che hanno consentito di accertare illecite accumulazioni patrimoniali, riguarda beni consistenti in: quote della società "Lido Sogno – s.a.s. di Paolo Franco" (bar, ristorante, pizzeria) con sede a Motta San Giovanni, frazione Lazzaro, via Vecchia Provinciale n.88; quote della società "Fratelli Franco Group – società cooperativa agricola" (colture miste viticole, olivicole e frutticole) con sede a Reggio Calabria frazione Pellaro, via torrente Perara n.2; l'impresa individuale "Franco Demetrio" (bar) con sede a Reggio Calabria, frazione Pellaro, Strada Statale 106; prodotti finanziari riconducibili ai patrimoni aziendali.

 

'Ndrangheta. Sequestrati beni per 27 milioni di euro a 5 presunti affiliati

Gli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica, hanno eseguito un provvedimento di sequestro nonché di confisca, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, che ha riguardato un ingente patrimonio riconducibile a 5 soggetti appartenenti alla cosca di ‘ndrangheta Fontana di Reggio Calabria. Trattasi, in particolare, dell’imprenditore reggino capo dell’omonima cosca e dei suoi 4 figli, tutti attualmente reclusi per i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso e trasferimento fraudolento di valori aggravato dalle finalità mafiose. A seguito di una mirata attività di indagine e di analisi economico-finanziarie, gli uomini della Guardia di Finanza hanno accertato, a ,loro parere, una palese sproporzione tra l’ingente patrimonio individuato e i redditi dichiarati dal soggetto investigato, tale da non giustificarne la legittima provenienza. Complessivamente sono stati sequestrati e confiscati 5 imprese, 14 fabbricati,  20 terreni, 43 automezzi e diversi rapporti finanziari, il tutto per un valore stimato pari a circa 27 milioni di euro. Irrogata anche la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale nei confronti dei citati soggetti.

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‘Ndrangheta. Estorsioni e acquisizioni di terreni a basso costo: arrestati vertici cosca Alvaro

I carabinieri del Comando provinciale su ordine della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria - Direzione Distrettuale Antimafia hanno tratto in  arresto, in esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, 4 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. Le indagini, avviate dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri reggini sin dal ottobre 2015 e che si sono avvalse anche delle propalazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, hanno permesso di acclarare l’appartenenza di uno degli indagati, con ruolo di vertice, ad un’associazione di tipo ‘ndranghetista nella sua articolazione territoriale denominata cosca Alvaro di Sinopoli ramo “carni ‘i cani” nonché di far luce sul “sistema della guardiania”, diffusamente applicato dalla criminalità organizzata nei territori di “competenza”, quale “tassa” extra ordinem nei confronti di chi a qualsiasi titolo disponga di possidenze potenzialmente produttive di reddito. In taluni  casi, anche grazie alla collaborazione di alcune vittime dell’attività estorsiva, è stata accertata finanche la “spoliazione” della proprietà subita dalle stesse, costrette a vendere i propri fondi a prezzi notevolmente inferiori a quelli di mercato. Nella circostanza, sono stati sottoposti a sequestro preventivo i fondi illecitamente sottratti, ritenuti prodotto di attività estorsiva, per una superficie complessiva di oltre 55 ettari, per un valore stimato in 1,5 milioni di euro. In manette sono finiti Nicola Alvaro, 70enne di Sinopoli, (già detenuto a Lanciano); Grazia Violi, 68enne di San Procopio; Antonio Alvaro, 46enne di Sinopoli e Natale cutrì, 48enne di Taurianova. 

 

 

Faida dei boschi: condanne definitive per tre imputati

Con il verdetto emesso dalla Corte di Cassazione sono diventate definitive le condanne inflitte a tre imputati di uno dei tronconi processuali scaturiti dall'inchiesta ribattezzata "Confine". Angelo Natale Misiti dovrà scontare una pena di 16 anni in quanto è stato giudicato responsabile del tentato omicidio di Damiano Vallelunga, il boss di Serra San Bruno successivamente assassinato nel settembre 2009 a Riace. Allo stesso Misiti sono stati addebitati, inoltre, il reato di associazione mafiosa ed il tentato omicidio di Enzo Cavallaro, commesso in provincia di Reggio Calabria il 19 giugno 2010. Colpevole di associazione mafiosa, Domenico Ruga, di Monasterace, nel Reggino, espierà una pena pari a 6 anni e 8 mesi di carcere. Al collaboratore di giustizia Michael Panaja, di Placanica, è stata, invece, comminata la condanna a 2 anni e 8 mesi. Al centro della vicenda giudiziaria la faida dei boschi esplosa sette anni addietro e protrattasi fino al 2012. Numerosi furono i delitti che insanguinarono la striscia di terra a cavallo delle provincie di Vibo Valentia, Catanzaro e Reggio Calabria. Una battaglia senza esclusione di colpi di cui si resero protagonisti gli affiliati alle cosche di Guardavalle, Monasterace, Stignano, ed a quelle alleate di Serra San Bruno e Soverato.

Operazione "Eclissi": in carcere 3 presunti affiliati alla 'ndrangheta

Ieri 26 aprile, in tarda serata, i Carabinieri hanno tratto in arresto tre persone in esecuzione alla relativa ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Reggio Calabria, a seguito della sentenza di condanna emessa nel tardo pomeriggio di ieri, nell’ambito del processo denominato "Eclissi". I provvedimenti restrittivi sono stati eseguiti dai militari dell'Arma della Compagnia di Gioia Tauro a Seminara, San Ferdinando e Reggio Calabria. In manette sono finiti Francesco Di Bella, 33enne di Seminara; Jhonny Pantano, 24enne di San Ferdinando, e  Viktoriya Trifonova Georgeva, 25enne di nazionalità bulgara. I tre sono stati condannati rispettivamente alla pena di 12 anni e 4 mesi di reclusione; 12 anni; 14 anni, in quanto  ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso per aver partecipato attivamente all’organizzazione criminale egemone San Ferdinando nota appunto come "Locale di San Ferdinando". Le indagini, avviate nell’estate del 2013, hanno consentito di far luce sugli interessi criminali ed economici nella zona di San Ferdinando e Rosarno, in cui operano le famiglie di ‘ndrangheta dei Bellocco-Cimato-da un lato e dei Pesce-Pantano dall’altro che, a seguito di alcune frizioni, rischiarono di scendere tra loro in guerra (cosiddetta operazione Eclissi  portata a compimento dai Carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro). In particolare Di Bella, quale intraneo alla cosca Bellocco-Cimato, imperante a San Ferdinando e zone limitrofe, aveva il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati ed eseguiva le direttive impartite dai vertici dell’associazione, nell’interesse dell’intera organizzazione criminale, occupandosi della custodia delle armi della cosca e dell’acquisto di inneschi per confezionare il munizionamento cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo. Pantano, partecipe ed intraneo alla cosca Pesce-Pantano, alle dipendenze del padre Giuseppe, 54 anni, vertice del medesimo sodalizio, con compiti operativi nel settore delle armi e dei danneggiamenti; costui era deputato a mantenere rapporti con esponenti di altre famiglie, in particolare con gli appartenenti alla cosca rivale dei Bellocco-Cimato. In generale, era a completa disposizione degli interessi della cosca cooperando anch’esso con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo. La Georgeva, anch’essa partecipe alla cosca Bellocco-Cimato, con il compito di "postina", veicolando le informazioni tra i sodali, con il compito di recapitare, portare e detenere armi e munizioni, nonché di gestione delle attività commerciali per conto di altre persone e di contrabbandare ingenti quantitativi di tabacchi lavorati esteri, cooperando anch’essa, con gli altri associati, nella realizzazione del medesimo programma criminoso. I tre arrestati, ultimate le formalità di rito, sono stati tradotti presso la casa circondariale di Palmi, ad esclusione della Geogeva, la quale era già detenuta per altri motivi, presso la casa circondariale di Reggio Calabria.

 

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'Ndrangheta nel Vibonese: catturato presunto boss

Era irreperibile da circa una settimana, ma i Carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia lo hanno individuato e catturato a Briatico. E' stato tratto in arresto, infatti, Antonino Accorinti, 60 anni, che gli inquirenti ritengono essere boss dell'omonimo clan. Destinatario di un provvedimento restrittivo emesso nell'ambito dell'inchiesta "Costa pulita", condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, è accusato di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni e di reati connessi alle armi. Gli investigatori, peraltro, ritengono che il presunto capo cosca abbia condizionato l'attività amministrativa del Comune di Briatico, nei cui confronti in due distinte circostanze era stato  disposto lo scioglimento proprio per le influenze esercitate dalla 'ndrangheta. 

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Collusioni 'ndrangheta-forze di Polizia: arrestate 2 persone

Agenti della Squadra Mobile e Carabinieri del Reparto Operativo hanno eseguito stamattina due arresti nei confronti di altrettante soggetti accusati di concorso esterno in associazione mafiosa. In manette un membro delle forze dell'ordine. E' stato il giudice delle indagini preliminari della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro a firmare l'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari nel contesto delle indagini condotte  dalla Procura della Repubblica del capoluogo. L'inchiesta verte sulle attività criminali messe in atto a Cosenza e nell'area limitrofa ed è collegata all'operazione "Nuova Famiglia" che il 6 aprile è sfociata nella condanna, in abbreviato, di 33 persone accusate di appartenere al clan degli Zingari. I giudici, nell'occasione, hanno inflitto complessivamente 271 anni di carcere ed affibbiato la reclusione a vita nei confronti di Maurizio Rango, considerato il capo della cosca "Rango-Abbruzzese". E' così che sarebbero emersi i legami e le collusioni tra forze di Polizia ed affiliati alla 'ndrangheta. I dettagli dell'inchiesta saranno illustrati durante un incontro con i giornalisti fissato alle 11 negli uffici della Procura della Repubblica. 

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