"E ‘ndi partimma di tantu luntanu San Cuosmu e San Dumianu", l'inno dei pellegrini serresi ai Santi Medici

 “E ‘ndi partimma di tantu luntanu San Cuosmu e San Dumianu mu ‘ndi vidimu. Li muntagnieddri mi parianu chiani, l’arvuli arganelli e pietrusinu. Apritila sa porta mu trasimu, supa st’ataru mu ‘ndi salutamu, Apritila sa porta mu trasimu e alli pedi vuostri mu ‘ndinocchiamu. Na grazia sula nui vi circamu,: aguannu chi vena mu ‘ndi vidimu. E mo chi simu arrivati ‘ntra stu chianu, crijiuca l’ajiu fattu lu caminu. E mo chi insiemi a Vui simu orisenti, mo non ni serva cchiù di jiri avanti. E salutamu tutti li prisenti San Cuosmu e San Dumianu sempi tanti: na sula grazia vi circamu, mu ‘ndi crisciti la fedi chi avimu.”.

Con questo inno cantato a suon di chitarra battente dal serrese Bruno Tassone, trasmessoci con devozione dalla figlia Maria Rosa, a migliaia, da Serra San Bruno e da tanti paesi  dalle Serre vibonesi, dopo decine e decine di chilometri attraversati a piedi nella notte, i pellegrini sono accolti a Riace, piccolo centro preaspromontano, dove i festeggiamenti per i Santi medici risalgono al 1669, quando le loro reliquie furono portate da Roma, ma solo nel 1734 furono proclamati patroni. Ed ancora.

 “Simu vinuti di tantu luntanu, San Cuosmu e San Dumianu, purgitindi la manu, simu vinuti cantandu e prigandu”, così cantando e pregando vengono a migliaia dai paesi aspromontani. A Riace, vengono anche nei loro caratteristici costumi e musiche, migliaia di uomini e donne della gente rom. 

Cosma e Damiano, due fratelli gemelli, della città siriana di Cirro, furono avviati dai genitori ad apprendere l’arte della Medicina che esercitarono, una vota stabilitisi nella Cilicia, attuale Turchia. Qui si mostrarono cristiani zelanti e coraggiosi e, per la loro costante preghiera, ottennero il dono di operare prodigi e guarigioni. Facevano il tutto gratuitamente e per questo furono detti “anargiri”, cioè che non accettavano compensi. Arrestati durante la persecuzione di Massimino, furono sottomessi a duri tormenti e decapitati nel 287. Il culto verso questi santi martiri, ovviamente, si propagò, da subito, per tutto il mondo di allora: le loro reliquie e le loro icone divennero fonte di guarigione. Addirittura l’imperatore Giustiniano nel VI sec., guarito da una grave malattia per loro intercessione, fece ingrandire e fortificare la città di Ciro, presso Antiochia. Insomma il culto per i “santi medici”, come sono da sempre ricordati, è ancora oggi vivo nelle terre orientali come in quelle occidentali e dovunque sono solennizzati il 26 settembre. A Soriano Calabro, la città di san Domenico, dove, nella chiesa parrocchiale di san Martino si venera una scultura lignea dei Santi del 1823, opera dell’artista Vincenzo Zaffino di Serra San Bruno, col canto “Partimmu di tantu luntanu, San Cosma e Damianu, la grazia ti cercamu. Cu voli grazii mu vene a Surianu ca c’è san Cosma e Damianu…” vengono accolti pellegrini da Simbario, Spadola e Vibo Valentia.

Anche a Crotone vengono dedicati due giorni con momenti di preghiera a tema nell’omonima chiesetta parrocchiale, eretta canonicamente nel 1991 e  sita nel quartiere di nuova espansione urbanistica di Tufolo sulla via Gioacchino da Fiore. Ma non solo in Calabria. La venerazione ai Santi medici è particolarmente attiva nel Meridione: Puglia, Campania, Abruzzo e Sicilia.

“ A nuttata” ad Eboli è festa popolare, tra sacro e profano, legata ai Santi.

A Bitonto vi è un santuario molto frequentato e qui sono conservate le Reliquie delle braccia dei Santi. 

Anche ad Alberobello vi è un imponente santuario e qui il culto è molto antico e risale al 1637 e si svolge una particolare processione che accompagna un sacro quadro.

“E ‘ndi partimma di tantu luntanu San Cuosmu e San Dumianu mu ‘ndi vidimu .

Un pellegrinaggio da secoli che non conosce ostacoli e non si ferma neanche davanti a certa modernità tanto vacua.

 

 

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La Calabria, Riace ed il culto dei Santi Medici

Secondo le diverse tradizioni, Cosma (Cosimo) e Damiano, gemelli e medici entrambi, erano siriani o arabi, comunque orientali, e furono martirizzati sotto Diocleziano. Avevano esercitato la medicina a vantaggio dei poveri, senza mai chiedere compenso, e sono perciò chiamati Anargiri (ἀν-αργύριοι, senza denaro). All’arte terapeutica umana accompagnarono miracoli. Sono venerati da sempre, ma sembra che il loro culto si diffonda in Occidente attorno al XIV-XV secolo, per andare crescendo nei secoli successivi. Un frequentatissimo santuario è a Bitonto, proprio di fronte all’Obelisco Carolino della battaglia del 1734; è oggi in forme moderne, ma conserva le Reliquie delle braccia dei santi, sicuramente molto anteriori al XVIII secolo. La venerazione è prevalentemente meridionale, con importanti luoghi di culto in Puglia, Campania, Abruzzo, Sicilia; e diremo della Calabria. Una curiosità che meriterebbe di essere approfondita è però la devozione familiare della dinastia fiorentina dei Medici, suggerita forse dall’omonimia. Questa casata, così determinante nella storia toscana, italiana ed europea, compare però tardi, e non è compresa nel lungo elenco di nobili fiorentini del XV del Paradiso. Il primo notevole già porta significativamente il nome di Cosimo, detto poi il Vecchio, nonno di Lorenzo il Magnifico; Cosimo il Grande è il primo granduca di Toscana dopo la conquista di Siena; seguono i granduchi Cosimo II e Cosimo III; e se ne ricordano altri. I Medici diffusero la venerazione dei santi ritenuti loro omonimi. Come accade spesso nella mitopoiesi dei gemelli divini o sacri (Castore e Polluce, Ercole e Ificle, Romolo e Remo… ), c’è anche tra i santi la prevalenza di uno, Cosimo, su Damiano; e anche nella devozione, con la maggiore diffusione tradizionale del nome proprio Cosimo, anche in versione Cosma. In Calabria il luogo di culto per eccellenza è Riace, dove avveniva, e ancora avviene, un grande concorso di popolo. Di un certo popolo parliamo un’altra volta, perché l’argomento, delicato, distrarrebbe il lettore. Si radunano a Riace con il loro re o regina gli Zingari, devoti ai santi Medici, e celebrano la festa con riti particolari e danze. Qualcuno, con ipotesi ingegnosa che però vale la pena qui ricordare, ha messo in una qualche misteriosa connessione i due Anargiri con i Bronzi. Beh, ci sono sant’Apollo, san Mercurio e persino santa Venere (chi lo crederebbe mai?), e non sarebbe nemmeno la prima volta che un sincretismo accade. Il patrono di Satriano è san Teodoro, ma la festa è quella dei Santi Medici, e magari qualcuno pensa che i patroni siano loro. Un tempo Teodoro, importantissimo santo bizantino e patrono dell’esercito imperiale, era così venerato che la sua festa si celebrava il giorno della Pentecoste; oggi è un po’ in ombra. Ma anche di questo, un’altra volta. 

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