Guccione (Pd): "Per i malati calabresi di Sla un nuovo farmaco per evitare i viaggi della speranza"

"Lo scorso 20 maggio avevo segnalato al commissario ad acta Saverio Cotticelli, al sub commissario Thomas Schael e al dirigente generale del Dipartimento tutela della salute Antonio Belcastro, una situazione veramente incresciosa che si stava verificando nella nostra regione.

Ci sono almeno tre pazienti in Calabria a cui è stata diagnosticata una patologia cosiddetta rara, la malattia del primo e del secondo motoneurone più comunemente chiamata SLA, che hanno chiesto di essere sottoposti al trattamento di un nuovo farmaco Edaravone, già sperimentato e utilizzato con buoni risultati in Giappone e negli Stati Uniti.

In particolare, ho segnalato il caso di un paziente che, dopo essere stato sottoposto a una serie di esami, è stato ritenuto idoneo a questa terapia ma non è riuscito ad ottenere la somministrazione del farmaco.

A seguito della mia segnalazione, il Dipartimento tutela della salute della Regione Calabria ha inviato una lettera a tutte le Aziende ospedaliere e Asp della Calabria per autorizzare la somministrazione del farmaco Edaravone, con l’obiettivo di raggiungere una fascia sempre più ampia di pazienti. Dal Dipartimento hanno confermato, inoltre, i criteri di accesso alla terapia senza riferimento ad alcun intervento temporale riguardante la durata della malattia. Sarà poi possibile attuare la somministrazione del farmaco a domicilio, dopo ovviamente il primo ciclo che deve avvenire obbligatoriamente nelle strutture ospedaliere autorizzate chiedendo alle Asp e Aziende Ospedaliere di predisporre tutte le misure necessarie a rispettare e rendere agevole tale percorso terapeutico.

In poco tempo siamo riusciti a risolvere questo disservizio. Questa battaglia di civiltà darà la possibilità anche ai malati calabresi di Sla di poter usufruire di un farmaco che ha dato ottimi risultati in altre realtà ed eviterà, almeno questa volta, i viaggi della speranza fuori dalla nostra regione".

È quanto scrive in una nota, il consigliere regionale del Pd, Carlo Guccione.

Guccione (Pd) plaude alla nomina di Andrea Orlando a vice segretario del Pd

"La nomina di Andrea Orlando a vice segretario nazionale del Pd rappresenta il riconoscimento di tante battaglie che in questi anni sono state condotte all’interno del partito. Partendo dall’idea di dover ripensare il partito, mettendo al primo posto non la scelta dei leader ma i contenuti, i territori e i problemi della gente.

Andrea Orlando in questi anni ha continuato a far prevalere una visione collettiva del partito, dove si afferma il noi fuori da ogni logica padronale. Ha capito, da subito, quando serviva riflettere, ragionare su quello che stava accadendo, ricostruendo in maniera lucida i motivi della sconfitta elettorale per ripensare, poi, a una nuova idea di partito che ha preso forma dai problemi reali della società e dal disagio che domina le nuove generazioni.

Ad Andrea Orlando auguro un buon lavoro, certo che saprà occuparsi della Calabria e rilanciare la centralità del Mezzogiorno".

È quanto scrive in una nota il Consigliere regionale del Pd, Carlo Guccione

 

Immobili dell'Asp di Reggio acquisiti dai privati, la denuncia di Guccione (Pd)

«Il 27 luglio 2018, avevamo inoltrato un dossier di ben trenta pagine, con i relativi allegati, sullo stato del patrimonio immobiliare delle Aziende sanitarie provinciali e Aziende ospedaliere della Regione Calabria. Un dossier trasmesso anche alla Corte dei conti, al ministro della Salute, alla Ragioneria generale dello Stato e alla Regione Calabria. I documenti e i dati raccolti, erano stati da me richiesti per fare una ricognizione, appunto, del patrimonio immobiliare delle Asp e Ao. E il Dipartimento competente della Regione Calabria, in data 23 febbraio 2018, ha inviato tutte le delibere e gli atti delle singole Asp e Ao. Quello che è emerso da subito è stato lo spreco e la gestione scellerata del patrimonio pubblico delle Asp e Aziende ospedaliere della Calabria. In particolar modo balzavano agli occhi le negligenze e la gestione poco oculata dell’Asp di Reggio Calabria».

È quanto ha affermato il consigliere regionale Carlo Guccione dopo le notizie diffuse sulla relazione del prefetto Di Bari in cui vengono evidenziate le criticità che hanno portato allo scioglimento dell’Asp di Reggio Calabria. E nelle relazioni si fa riferimento anche al patrimonio dell’Asp e ai terreni espropriati per usucapione.

«C’è stata un’evidente inerzia – non ha dubbi il consigliere Guccione - anche da parte di chi sapeva della gestione poco trasparente dell’Asp di Reggio Calabria e del fatto che il patrimonio veniva “regalato” ai privati. Poi, nonostante il dossier con gli atti certificati dalle Asp e Ao in nostro possesso, nessun ente si è attivato per fare chiarezza su quanto stava accadendo. Nell'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, alcuni terreni e fabbricati avevano contratti di locazione stipulati nel 1957, nel 1958, nel 1988 e addirittura nel 1933. Contratti per canoni irrisori, non pagati. E i contratti non sono stati rinnovati con il rischio che potesse essere esercitato il diritto di usucapione. Cosa che infatti in alcuni casi è già accaduto. Come dimostrato dalle due sentenze emesse dal Tribunale di Palmi nel 2014 e nel 2016, su terreni per un complessivo di 73.440 mq, il cui valore di bilancio complessivo è stato omesso dall’Azienda sanitaria di Reggio Calabria: la proprietà, scaduti i termini fissati dalla legge, è stata trasferita al possessore privato del terreno. È evidente che gli enti hanno permesso che si potessero realizzare le condizioni per esercitare il diritto di usucapione».

«Ma tanti altri giudizi sono ancora in corso: spesso nonostante le Asp e Ao fossero a conoscenza dell’altrui impossessamento del bene – ha sottolineato Carlo Guccione -, non hanno sollevato alcuna opposizione nei confronti del possessore. Inoltre, tali “distrazioni” sono alla base di ulteriori cause di potenziale perdita patrimoniale che lo stesso Ente potrebbe subire per il realizzarsi delle condizioni che hanno già permesso a terzi l’esercizio del diritto di usucapione. Un chiaro ed evidente meccanismo truffaldino – afferma il consigliere regionale - che non esclude che, in molte situazioni, si siano intromessi i poteri criminali, venendo o cercando di venire in possesso di terreni, figurativamente a destinazione agricola, e fabbricati di pregio di proprietà dell’Asp di Reggio Calabria a prezzi molto inferiori a quelli reali. Tra i casi eclatanti segnalati nel dossier, ci sono terreni di 465.082 metri quadri dell’Azienda sanitaria di Reggio – valore di bilancio complessivo (molto sottostimato) di 3.829.145,58 euro – oggi oggetto di dodici cause per usucapione. Così come è in corso la causa per usucapione di due fabbricati, sempre dell’Azienda sanitaria di Reggio Calabria, di 174 metri quadri». 

Emigrazione sanitaria, Guccione: "La Regione ha pagato prestazioni per pazienti non residenti in Calabria"

«Roba da non crederci. In questi quattro anni e mezzo di legislatura abbiamo pagato decine di milioni di euro per non aver contestato, nella Conferenza dei presidenti sul riparto del Fondo sanitario, il dato dell’emigrazione passiva che in questi anni ha raggiunto 320 milioni di euro. Un dato incredibile, come quello di aver pagato 4 milioni e 699mila euro per prestazioni di pazienti che alla fine si è scoperto non residenti in Calabria. O ancora il non aver contestato, per quanto riguarda i ricoveri “flusso A” pari a 222 milioni di mobilità passiva nel 2017 che avrebbe potuto farci risparmiare 36 milioni di euro».

È quanto ha affermato il consigliere regionale Carlo Guccione che ha inviato un’interrogazione al presidente della Regione Mario Oliverio.

«Potrebbero essere decine gli esempi, come evidenziato nella riunione della Terza Commissione “Sanità, attività sociali, culturali e formative” della Regione Calabria dello scorso 14 febbraio, dal dirigente generale del Dipartimento sanità della Regione Calabria, Antonio Belcastro: di fatto, per gli anni passati, siamo stati condannati in contumacia per non aver sollevato il problema anche perché gli esercizi finanziari risultavano ormai definiti con un danno di almeno duecento milioni di euro per la nostra regione. Il dirigente generale ci ha informato di aver inviato nel mese di febbraio una relazione dettagliata alla Conferenza dei Presidenti, al coordinatore e al coordinatore vicario, che sono rispettivamente l’assessore del Piemonte e l’assessore dell’Emilia-Romagna, confutando una serie di dati sull’emigrazione passiva. Tutto questo ha permesso – ha spiegato Carlo Guccione - di verificare inesattezze, inappropriatezze e veri e propri errori che alla Calabria sono costati milioni di euro e che solo oggi si è avuto la possibilità, attraverso un’iniziativa del direttore generale Belcastro, di far emergere. Una responsabilità esclusivamente nostra: non controllando e non contestando negli ultimi cinque anni mai un dato sulla mobilità passiva calabrese, le altre regioni ne hanno approfittato e hanno assunto comportamenti opportunistici. E non solo. La Regione Calabria, di fatto, ha causato un danno erariale per centinaia di milioni di euro con il suo comportamento omissivo e pressapochista pagando prestazioni sanitarie ad altre regioni non dovute».

«Si è voluto intraprendere un corpo a corpo con il commissario per il Piano di rientro – ha sottolineato Guccione - ma nello stesso tempo si è smantellato il dipartimento Salute, dove mancano 83 dipendenti e 6 dirigenti. Si è preferito fare scena muta nella Conferenza dei Presidenti delle Regioni nel momento in cui si trattava di contestare e far valere gli interessi della Calabria. Quella emersa è una situazione gravissima che non può passare sotto silenzio e qualcuno deve prendersi delle responsabilità, per molto meno qualcuno si è dimesso. Una classe dirigente non può presentarsi a Roma con il cappello in mano, ma deve avere schiena dritta nelle sedi istituzionali e far valere gli interessi della nostra regione. Fino ad oggi questo non è accaduto».

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Cosenza, Guccione (Pd):"Sul Psc l'ennesimo atto di arroganza di Occhiuto"

Riceviamo e pubblichiamo

"A domanda non risponde. È trascorso un mese dalla presentazione della mia interrogazione al sindaco di Cosenza sul Piano strutturale comunale (Psc). Con una delibera di Giunta comunale del giugno 2017, con la scusa di “modificare e adeguare alcune tavole del Psc finalizzate a una buona lettura e fruizione delle stesse”, venivano modificati e spostati – rispetto al Piano strutturale comunale del 2015 che aveva avuto tutti i pareri dalla Conferenza di Pianificazione - milioni di metri cubi edificabili dalle frazioni e periferie della città al centro di Cosenza. Il sindaco fa finta di non capire che questa modifica sostanziale del Psc, licenziato nel 2015 con tutti i pareri di legge dalla Conferenza di Pianificazione, deve essere nuovamente sottoposta ai pareri di tutti gli organismi istituzionali competenti. Infatti, la modifica degli indici territoriali di perequazione e compensazione al Psc/Reu è da considerare come variante sostanziale allo strumento urbanistico in corso di approvazione. Qualsiasi variazione apportata al Psc/Reu invalida il precedente parere rilasciato dalla Regione Calabria - Settore 2 Vigilanza normativa tecnica sulle costruzioni e supporto tecnico – quale parere prodromico all’adozione dell’atto. Siamo al disprezzo delle regole e delle procedure. A questo punto servirebbe un atto di correttezza istituzionale e chiarezza da parte del sindaco: dica finalmente alla città, in maniera trasparente, chi sono i beneficiari di questa modifica subdola, mascherata da un atto amministrativo. Un atto che non evidenzia in maniera chiara che veniva avviata una procedura di modifica sostanziale degli indici di edificabilità. Nei fatti comporta uno spostamento di milioni di metri cubi nel centro di Cosenza per attività edificatorie. Da ciò emerge, ancora una volta, l’arroganza istituzionale e politica di collocarsi fuori dal confronto e dalle procedure a garanzia della buona amministrazione. Il sindaco, invece, ha fatto prevalere l’interesse privato rispetto a quello pubblico. Non dimentichiamo poi che il sindaco architetto nel Piano strutturale comunale (Psc) ha previsto, nei prossimi vent’anni, un aumento di soli 620 abitanti nel centro storico di Cosenza, proprio nel momento in cui il governo Gentiloni stanziava 90 milioni di euro e oggi il governo Conte sta programmando la spesa per la realizzazione delle opere che si dovranno realizzare per il rilancio di questa parte della città. Siamo veramente al paradosso. Si spenderanno 90 milioni per il centro storico di Cosenza e il sindaco, nel suo Psc, prevede di fatto uno spopolamento dell’area. Il Piano strutturale comunale andrebbe sicuramente rivisto alla luce di quello che si sta per concretizzare, e anche per non compromettere uno sviluppo a Sud della città che renderebbe più centrale la parte storica di Cosenza. Tale impostazione rischia ancora di più di marginalizzare la nostra città. I dati, forniti dall’ufficio Affari generali Servizi demografici del Comune di Cosenza, parlano chiaro: nel 2011 Cosenza aveva 69376 abitanti, nel 2017 arriviamo a 67239 (2137 abitanti in meno). Evidentemente la qualità della vita, i servizi idrici, di trasporto, il caos e la paralisi del traffico cittadino rendono sempre meno appetibile la città".

Carlo Guccione -Consigliere comunale Pd - Cosenza

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Il libro di Goffredo Bettini presentato a Cosenza

 «Se non conosci la storia, non puoi capire quando e dove qualcosa si è rotto all’interno del Partito. Non riusciremo mai a riprendere il cammino, se non andiamo a fondo affrontando le questioni del passato».

Goffredo Bettini, europarlamentare del Pd e da sempre vicino a Nicola Zingaretti, ha presentato a Cosenza, al Salone degli Specchi della Provincia, il suo ultimo libro “Agorà – L’Ago della bilancia sei tu”. 

Ad accoglierlo una platea che insieme all’autore ha ripercorso le tappe della sinistra italiana.

Bettini, già all’età di 14 anni iscritto al Partito Comunista, innamorato di politica e cinema, uno dei fondatori della Festa internazionale del cinema di Roma, fa un’analisi di quello che è accaduto negli ultimi anni, dove lo smisurato, proiettato sulla società e sulla politica, “illude che tutto sia possibile”, è diventato modello di vita. Partendo dalla solitudine moderna e individuando nella crescita delle ingiustizie e della povertà le condizioni di uno sviluppo malato, l’autore tenta di indicare la via da seguire «dopo un fallimento senza precedenti».

«Un libro scritto dopo la sconfitta del 4 marzo. Ero molto arrabbiato. E dopo questa scoppola, ancora non abbiamo discusso sulle ragioni della sconfitta. Senza questo esame collettivo – ha spiegato Bettini - è difficile anche fare un’opposizione incalzante ed efficace contro l’attuale governo, che presenta contraddizioni, evidenti insufficienze culturali e una condotta avventuristica che può portate l’Italia al disastro. Il problema viene da lontano e sono due le date che ci devono far riflettere: il 1989 e il 1992. Abbiamo sottovalutato ciò che stava accadendo. Già negli anni Ottanta il quadro cambiò e si avviò un processo di restrizione della democrazia. Poi, a un certo punto, abbiamo fatto solo propaganda politica e se non la smettiamo non saremo in grado neanche di cogliere la crisi di questo governo».  

Un’analisi lucida, da molti definita spietata, come ha ammesso lo stesso autore.

Insieme a Goffredo Bettini sono intervenuti il presidente della Provincia di Cosenza Franco Iacucci e il consigliere regionale Carlo Guccione.

A discutere delle varie tematiche del libro, dalla crisi della rappresentanza alla secessione delle élite, al problema della meritocrazia che “funziona oggi all’interno dei ceti privilegiati, e non ha più alcuna funzione di ascensore sociale”, alla “missione” Europa, Federica Pietramala (segreteria Flai-Cgil), Michele Leonetti (senatore accademico Unical), Francesco Scanni (dottorando di ricerca Unical), Giuseppe Terranova (Dems Calabria).

«Agorà – ha spiegato Bettini - è il tentativo di dire a questo partito che deve tornare a riunirsi dove ci sono iscritti e non iscritti, dove non si discute su quali correnti scegliere, ma finalmente le persone libere si confrontano e decidono quello che il gruppo dirigente deve mettere in campo. Dobbiamo parlare anche a un elettorato deluso. Nelle Agorà si decide sulla politica, sulle strategie che contano. Ed è l’occasione per abbandonare forme di rappresentanza che non stanno più in piedi. Bisogna tornare alle persone, al rapporto con l’altro. La rete invece oggi deforma la realtà, tutto diventa lecito, viene fuori il peggio di te, insulti e non si prevedono No. Tutto ciò ci sta portando a un crollo antropologico che alla fine renderà l’uomo schiavo di ciò che ha creato». 

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Reddito di cittadinanza, Guccione (Pd): "Nelle regioni del Sud rischia di diventare una forma d'assistenzialismo"

Riceviamo e pubblichiamo

" Il reddito di cittadinanza ha una giusta finalità: chi si trova in una situazione di difficoltà deve essere sostenuto e aiutato. Mi auguro che anche il Partito Democratico riconosca la necessità di avere degli strumenti che vanno nella direzione di garantire un reddito a chi si trova in condizione di povertà. Ma va detto con molta chiarezza che il rischio di assistenzialismo è molto alto se non legato a percorsi di inserimento al lavoro.

Il decreto è sbagliato e rischia di screditare e vanificare lo strumento stesso. Mettere in campo il reddito di cittadinanza senza che i Centri per l’impiego funzionino produrrà una catena clientelare e, se guardiamo alla nostra regione, si rischia una vera e propria degenerazione. Attualmente in Calabria nessuno dei 15 Centri per l’impiego (Cpi) è in grado di reggere tale impatto.

Ad oggi negli uffici del servizio pubblico regionale calabrese risultano impegnati 406 operatori che si trovano a gestire circa 1500 disoccupati a testa, contro una media nazionale – secondo gli ultimi dati Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro) - di 359 disoccupati per ogni operatore. Come faranno a reggere l’impatto del reddito di cittadinanza? È facile intuire la difficoltà dei dipendenti che si vedrebbero impegnati nella gestione dei beneficiari del reddito di cittadinanza e poi nell’accompagnamento nel mondo del lavoro. I Cpi, contando al momento sullo stesso numero di dipendenti, già largamente deficitario, si troveranno a gestire un carico di lavoro maggiore, considerando anche che la Calabria è una delle regioni con il più alto tasso disoccupazione e ciò comporta un utilizzo maggiore dei servizi pubblici per il lavoro.

In Calabria si registra già da ora un’aspettativa altissima. In queste settimane persone che mancavano da anni ai Cpi, sono ritornate a iscriversi. Così come professionisti, commercianti, titolari di Partita Iva preferiscono chiudere le proprie attività per essere potenziali beneficiari del Reddito di cittadinanza, dando dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro.

I Centri per l’impiego calabresi non sono nelle condizioni di fronteggiare la mole di lavoro che arriverà con le pratiche del Reddito di cittadinanza. Il rischio è che tale strumento si trasformi in una semplice Social Card rilasciata dall’Inps.

In queste condizioni si arriverebbe a una doppia beffa: l’illusione per migliaia di famiglie di ottenere benefici e l’illusione per tanti giovani di entrare nel mondo del lavoro anche attraverso la figura dei tutor-navigator.

La preoccupazione, più che legittima, è che il sistema possa andare in tilt già prima di partire e che non si riescano a mettere in campo tutti gli strumenti che serviranno a garantire il Reddito di Cittadinanza. Ad esempio, nell’articolo 6 del decreto, si fa riferimento all’attivazione delle Piattaforme digitali per condividere le informazioni sia tra le amministrazioni centrali e i servizi territoriali sia, nell’ambito dei servizi territoriali, tra i centri per l’impiego e i servizi sociali. Ma quali saranno i tempi di realizzazione di queste Piattaforme digitali? Non dimentichiamo, tra l’altro, che tutti i Cpi calabresi addirittura sono in attesa da anni non solo di un adeguamento tecnologico delle apparecchiature informatiche, ma il Sistema informativo lavoro denominato Sil-Calabria non è in linea con le cinque banca-dati attualmente presenti nelle cinque province.

È evidente che siamo in notevole ritardo sulla tabella di marcia. Il personale dei Centri per l’impiego non è ancora stato potenziato con nuove assunzioni. E in Calabria servirebbero almeno altri 1200 operatori per adeguare i Cpi regionali agli standard del resto d’Italia. Così come non sappiamo nulla di quando e come verranno selezionati i tutor-navigator, figure professionali che dovranno accompagnare i beneficiari del Reddito di cittadinanza nella ricerca del lavoro.

La Regione non può assistere passivamente al rischio di un fallimento annunciato, vista la fragile struttura del sistema dei Cpi, sia in termini di personale che di distribuzione territoriale. Urge un tavolo istituzionale specifico tra Regione Calabria e Governo nazionale.  In queste condizioni nella nostra regione il Reddito di cittadinanza si limiterebbe solo a una semplice erogazione di una Social Card.

Al di là delle competenze istituzionali specifiche, vanno messe in campo una serie di iniziative finalizzate ad ottenere una reale applicazione del Reddito di cittadinanza. Ad oggi il vero primo atto del federalismo differenziato, proprio alla luce delle differenze logistiche, gestionali, organizzative e di carico lavorativo dei Cpi (un dipendente su 350 disoccupati nelle regioni del Triveneto, un dipendente su 1500 disoccupati in Calabria) tra le regioni del Nord, quelle del Sud e la Calabria, avverrebbe proprio su questa materia.

Tale enorme divario tra i vari uffici pubblici del lavoro delle diverse regioni impegnati nell’erogazione del reddito di cittadinanza, garantirebbe al Sud un semplice sostegno assistenziale, mentre al Nord uno strumento di vero accompagnamento al lavoro".

Carlo Guccione - Consigliere regionale Pd

 

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Cosenza, Guccione (Pd) chiede di "Ripristinare gli interventi destinati alla riqualificazione di San Vito Basso"

«Ripristinare gli interventi destinati alla riqualificazione di San Vito Basso, illegittimamente dirottati dal Comune di Cosenza verso il centro cittadino».

È quanto chiede il consigliere comunale Carlo Guccione che ha inviato una lettera al presidente del Consiglio dei Ministri, al responsabile del procedimento del programma Riqualificazione delle Periferie e al Nucleo per la valutazione dei progetti per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie.

Il Comune di Cosenza partecipò al bando per la “presentazione di progetti per la predisposizione del programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle Periferie delle città metropolitane, dei comuni capoluogo di provincia”.

«Fondi stanziati all’epoca dal Governo Renzi che finanziò con 18 milioni di euro i  progetti che riguardano l’area di Vaglio Lise, l’ultimo lotto di via Popilia, San Vito Basso e Serra Spiga. Oggi il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto con la delibera di Giunta comunale, numero 131 del 24/07/2018, li ha dirottati per ultimare lavori nel centro cittadino e non per riqualificare San Vito Basso, quartiere caratterizzato, come previsto dall’art. 4 del DPCM 25 maggio 2016 (Bando Periferie), da situazioni di marginalità economica e sociale, degrado edilizio e carenza di sevizi».

Guccione segnala «le anomalie emerse con la delibera della Giunta Comunale che modifica quanto stabilito dal DPCM 25 maggio 2016. Ben 1.818.761,99 euro destinati a San Vito Basso sono stati spostati per abbellire e terminare la pavimentazione dell’ultimo tratto di Corso Mazzini».

I progetti finanziati vennero elogiati, lo scorso mese di aprile, dal sindaco Occhiuto ma oggi «alle aree più abbandonate della città, alla valorizzazione dei quartieri periferici ha preferito, con una “manovra truffaldina”, dirottare i soldi della riqualificazione di San Vito Basso – spiega Guccione - ai lavori per la pavimentazione dell’ultimo tratto di Corso Mazzini (tra viale Trieste e Corso Umberto). Lasciando a San Vito Basso un contributo ministeriale di soli 48mila euro. Fondi spostati, tra l’altro, per un’area che non presenta le caratteristiche delle aree urbane definite periferiche. E mentre il sindaco decide di trasferire i soldi altrove, San Vito continuerà a rimanere in uno stato di abbandono, degrado, senza veder ultimato alcun intervento di riqualificazione non solo urbanistico ma anche sociale». 

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