Attenzione
  • JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 983

La replica che conferma. Sulla fontana della Certosa interviene il Presidente del consiglio

Il merito  all'articolo pubblicato ieri dal titolo: "Fontana Certosa colletta degli anziani per la potabilità dell'acqua", pubblichiamo di seguito la nota inviata dal presidente del consiglio comunale Giuseppe De Raffele:

"Avevamo evitato di intervenire in seguito al fuorviante articolo in cui veniva erroneamente affermato che l’amministrazione comunale era in panne nell’organizzazione degli eventi estivi, ma stavolta, vista l’importanza dell’argomento, non possiamo certamente tacere. Nell’articolo dal titolo “Fontana Certosa, colletta degli anziani per la potabilità dell’acqua” pubblicato su ilredattore.it vengono riportate una serie di imprecisioni non giustificabili dalla semplice distrazione. Va innanzitutto precisato che l’acqua della fontana, in seguito ai lavori effettuati, proviene oggi direttamente dalla Certosa e che, per come stabilito con il signor Antonio Zaffino, il monitoraggio della potabilità sarà a cura esclusiva del Comune. Va detto che i prelievi, per motivi di carattere tecnico, non possono essere fatti subito. Per diversi giorni, infatti, l’acqua deve naturalmente defluire. Solo successivamente potranno essere fatte le dovute analisi. Se i promotori vorranno, i soldi raccolti dagli anziani potranno essere liberamente donati alla Certosa. Considerato che i grossolani sbagli vengono commessi sempre in maniera da danneggiare l’immagine del Comune, invitiamo l’estensore dell’articolo e l’intera redazione a trattare gli argomenti concernenti l’amministrazione comunale in modo obiettivo e senza influenze esterne".

Nel prendere atto delle affermazioni del presidente del consiglio comunale, Giuseppe de Raffele, a beneficio suo e dell'intera amministrazione comunale precisiamo quanto segue:

A) ai lavori partiti dall'input certosino hanno contribuito materialmente diversi anziani;

B) gli stessi anziani hanno effettivamente, come da loro nuovamente confermato al Redattore, promosso una colletta per la raccolta di fondi per verificare la potabilità dell'acqua e nella mattinata di domani procederanno alla consegna di un campione al laboratorio analisi;

C) nell'articolo non c'è scritto da nessuna parte che l'amministrazione comunale non provvederà mai ad effettuare il monitoraggio della potabilità;

D) quanto alle manifestazioni estive il calendario degli eventi è stato divulgato solamente nella serata del 4 agosto;

E) alla data della pubblicazione dell'articolo ( 29 luglio ) relativo alla mancata pubblicazione del cartellone estivo non vi era stata nessuna nota ufficiale dell'amministrazione comunale che lo preannunciava o che lasciava intendere una sua prossima pubblicazione;

F) questa redazione non ha bisogno di richiami, avvertimenti né di amministratori né di altri soggetti. L'obbiettivita é la caratteristica principale che ci ha contraddistinto sin dall'inizio così come testimonia quotidianamente il successo che accordano i lettori.

La Redazione

Serra “Lascia correre”: eccellenze di un territorio unico in TV

Ciak, si gira. In onda, sulle frequenze televisive di Viva Voce (canale 90), va Serra San Bruno. Il cerchietto rosso sul calendario è da apporre sul 20 agosto, l’appuntamento è alle ore 21. Sul piccolo schermo ci sono le eccellenze di un territorio dalle immense potenzialità che vanno trasformate in occasioni di sviluppo. Le telecamere dell’emittente regionale si sono inizialmente concentrate sulle chiese dell’Addolorata, Matrice, dell’Assunta di Terravecchia e di Spinetto. A rispondere alle domande del giornalista Fabio Benincasa è stato lo studioso Marco Primerano, sempre puntuale interprete della vita religiosa. È seguito il “viaggio” nel Museo della Certosa con le successive attente puntualizzazioni dello storico Tonino Ceravolo, abile maestro nello spiegare le scelte di San Brunone di Colonia e nel descrivere le vicende concernenti quanto accaduto entro la cinta turrita. La splendida cornice di Santa Maria del Bosco ha ospitato gli stand gastronomici di alcune realtà produttive di successo: le produzioni di Fiorindo Franco, Serfunghi e Stingi Group. Siparietto con il boscaiolo Bruno Malvaso che ha “estratto” uno zampillo ligneo da un tronco. Meravigliose poi le specie botaniche del vivaio Rosarella descritte con sapienza dal professor Maurizio Siviglia. Nel mezzo le interviste del conduttore Ugo Floro al sindaco Bruno Rosi e al presidente del consiglio comunale Giuseppe De Raffele. La parte finale della puntata di “Lascia correre” è stata dedicata ai motori del 4X4 ("I fanatici delle Serre") e alle pallavoliste under 13 e under 14 di “Serra nel Volley”, fra le più competitive a livello regionale. Un ottimo spot per una terra dotata di bellezze uniche che, attraverso il turismo, può aprirsi una strada verso un futuro di crescita economica e sociale.

 

  • Published in Cultura

Il magico “tempio” del bosco di Santa Maria

Tra il 1907 ed il 1911, il viaggiatore inglese Norman Douglas visita la Calabria. Il suo, però, più che un giro turistico è una vera e propria esplorazione. Animato da spiccata curiosità intellettuale, si muove con i mezzi più disparati pur di raggiungere la propria destinazione. Per cercare di conoscere da vicino una terra selvaggia, abitata, come diceva Dumas da “streghe e maghi”, Douglas non si sottrae a nessuna fatica. Nel corso del suo lungo e paziente peregrinare raggiunge anche le Serre. Partito da Caulonia, arriva nel paese della Certosa dopo aver attraversato Fabrizia. Di Serra, definita “uno dei luoghi più bigotti di Calabria”, non scrive niente di originale. Il racconto della sua brevissima permanenza inizia con una banale: “Può benissimo dirsi che la cittadina sia sorta attorno, o piuttosto vicino, alla tanta decantata abbazia dei certosini”. Dopo aver raccontato, con non poche imprecisioni, l’episodio accaduto nel marzo 1811, quando il generale francese Manhés fece chiudere le chiese e proscrivere i preti dopo l’uccisione, da parte dei briganti, di due soldati transalpini, ritorna a parlare fugacemente del “ monastero”, del “ laghetto artificiale” e della “rinomata cappella di Santa Maria”. Si tratta di brevi annotazioni nelle quali viene rilevata la ricostruzione, “su schemi moderni”, della Certosa che “conserva ben poco della struttura originale “ antecedente al terremoto del 1783. La curiosità lo spinge, però, ad occuparsi più dei certosini che del convento. Pertanto scrive:  “Ho gironzolato […] in compagnia di due monaci francesi in tonaca bianca, sforzandomi di ricostruire non il convento come era ai suoi tempi più giovani, ma ‘loro’”. Da uno dei due, “il più vecchio” che “aveva conosciuto il mondo”, apprende che, per ovviare alla prescrizione della regola che impone l’astinenza dalla carne, la “divina confraternita ha un contratto affinché il pesce venga portato su quotidianamente, per mezzo del servizio postale dalla lontana Soverato”. Indagate le abitudini alimentari dei certosini, quel che più di ogni altra cosa sorprende Douglas è la “maestosa foresta” che si trova sul “retro del monastero”, che “nella luce fioca del mattino madido di rugiada” appare come un “tempio” che racchiude “una magia più naturale e più sacra, che non negli ambulacri dei chiostri poco lontani”. Quel che ha permesso allo “aggruppamento di alberi solenni” di svilupparsi sono “ le rare condizioni del suolo e del clima”. “ La regione – scrive – è alta; il suolo è perennemente umido e intersecato da un’orda di ruscelli che riuniscono le loro acque per formare il fiume Ancinle; frequenti scrosci di pioggia scendono dall’alto. Serra ha un regime di precipitazioni piovose di insolita abbondanza”. Del centro abitato, che forse non ha neppure visitato, dice soltanto che “ sta in una vallata che occupa il bacino di un lago pleistocenico”. Ansioso di lasciare Serra per raggiungere la vita “lussuosa” e gli “agi” offerti dalla città di Crotone, Douglas, prima di partire, osserva quello che definisce uno “spettacolo benedetto per l’utilitarista”, ovvero la “fabbrica che trasforma il legno in carta”. Con tutta evidenza si riferisce alla fabbrica di cellulosa che ha operato a Serra tra il 1892 ed il 1928.

  • Published in Cultura

Serra e l'incanto di Santa Maria del Bosco

Serra San Bruno è Certosa, ma non solo. La cittadina deve l’origine alla sua millenaria Certosa, la prima in Italia fondata dal Santo di Colonia nel 1084 come primitivo nucleo, dove oggi troviamo lo splendido Santuario mariano regionale di Santa Maria del Bosco immerso, ab aeterno, nel verde delle conifere, da Brunone di Colonia, fondatore dell’Ordine monastico certosino. Il vero fiore all’occhiello, in termini di fede, arte e natura è, appunto, il Santuario mariano regionale di Santa Maria del Bosco, forte richiamo turistico in ogni stagione dell’anno. Siamo a due chilometri dalla Certosa, nell’antico eremo certosino dove sono evidenti i luoghi abitati e vissuti dal Santo. La chiesa, fatta edificare da san Bruno con rami e tavole, è stata in tempi successivi ingrandita e abbellita alla maniera delle chiese del centro abitato. Riedificata in muratura, venne consacrata nel 1094 con la concelebrazione di ben sei vescovi tra cui quelli di Palermo e Catania, alla presenza del Conte Ruggero. La chiesa rimase, poi, gravemente rovinata sempre dal sisma del 1783 ma dopo il ritorno a Serra dei monaci cartusiani, che erano stati espulsi dall’eversione napoleonica del 1807, fu riparata e consegnata al culto e venerazione non solo dei Serresi. Qui vi han trovato sepoltura san Bruno e il  suo primo seguace Lanuino per più di quattro secoli fino a quando furono qui rinvenuti i resti mortali nella Pentecoste del 1515 e quindi traslati nel monastero detto di Santo Stefano. Nello splendido scenario incorniciato da alte conifere di abeti bianchi, faggi, pini ed altre singolari piante, non solo spicca la chiesa che custodisce una suggestiva statua della Madonna, ma di fronte a questa troviamo la cappella che ricorda la grotta dove viveva e dormiva il Santo e per testimoniarlo vi è posta la statua marmorea di san Bruno dormiente, opera di Venanzio Pisani. Scendendo la caratteristica scalinata di Giuseppe Maria Pisani, vediamo il laghetto con il santo tedesco genuflesso e immerso nell’acqua a ricordo dei suoi momenti penitenziali. Qui, nell’ottobre del 1984, nel IX Centenario della fondazione dell’Ordine Certosino, il Papa Giovanni Paolo II venne, vi sostò e pregò insieme ai tantissimi fedeli e a tutto il clero dell’Arcidiocesi Metropolita di Squillace – Catanzaro. Questo è un suggestivo angolo, fra i tanti, di Serra San Bruno: città di arte, fede e natura, città testimonianza ed opera del Divino. È doveroso, qui, precisare, che tutto il ricco ed abbondante patrimonio artistico è creatura di artisti serresi: scultori, scalpellini del granito, ebanisti, architetti, pittori ed artisti del ferro battuto. Sono artisti figli di tante dinastie che vanno dai Pisani agli Scrivo, ai Barillari e ai De Francesco, dagli Scaramozzino agli Zaffino, ai Reggio e ai Lo Moro e Tripodi. Sono quegli uomini d’arte che hanno costituito la leggendaria “Maestranza di la Serra” che ha arricchito, anche, tante chiese sparse in Calabria: Nicotera, Vibo, Catanzaro, Stilo, Roccabernarda, Petronà, Santa Severina ed altri e financo a Napoli dove ha operato Biagio Scaramozzino. Per fortuna l’arte  a Serra non si è estinta, fino a pochi anni orsono si è distinto il magistrato Bruno Stefano Scrivo scultore del legno, e continua ancora con gli scultori e pittori Giuseppe Maria Pisani, Domenico Dominelli, Antonio Callà ed altri e molti giovani.  “Insomma, come scriveva Corrado Alvaro, è il paese di Calabria in cui si vorrebbe sostare. Ha un colore alpino e vi si arriva spiritosa l’aria del mare!”. E non solo. Questo paese, per dirla con lo scrittore Sandro Onofri, “per la sua storia ha assunto nell’immaginario collettivo il valore simbolico del deserto evangelico”. Qui è davvero piacevole anche un breve sosta, mordi e fuggi, tra l’ombra delle sue conifere sparse attorno all’abitato o anche nei suoi bar storici su Corso Umberto I dove non si può fare a meno di gustare i deliziosi gelati e soprattutto il secolare ‘nzullo, biscotto duro sotto i denti ma da una fragranza indescrivibile: se ne chiedi la ricetta, silenzio assoluto. Ed infine, il principe della cucina serrese: il fungo porcino delizioso e prelibato in tutte le salse. Questa è Serra San Bruno che, ancora una volta, ha accolto un altro papa: il 9 ottobre del 2011 Benedetto XVI. Orbene, è sicuramente arrivato il momento di dare maggiore dignità a questo bell’angolo di Calabria. È giusto mettere Serra, la sua Certosa e Santa Maria del Bosco sotto la protezione dell’Unesco come patrimonio dell’Umanità. Una proposta avanzata, qualche tempo fa, dal Lions Club di Serra San Bruno, il cui presidente, Rosa Scidà, ha attivato tutti i canali possibili per inserire il nostro prezioso patrimonio, in particolare Santa Maria del Bosco, sotto la tutela dell’Unesco. Sarà possibile, si può realizzare, perché Serra San Bruno possiede tutti i requisiti perché possa ottenere questo prestigioso riconoscimento a buon pro di tutta la gente di Calabria. 

  • Published in Cultura

Serra e la Certosa domani su Rai Uno a Linea Verde Orizzonti

Dovrebbe essere la volta buona, il condizionale e d’obbligo. Dopo le numerose vicissitudini che l’hanno fatta differire di alcune settimane, la puntata di Linea Verde Orizzonti dedicata alla Calabria, andrà in onda domani (25 aprile) su Rai Uno, a partire dalle 11. Interamente dedicata al territorio compreso tra i Golfi di Squillace e Sant’ Eufemia, la trasmissione prenderà il via dalla Certosa di Serra San Bruno, da dove i due conduttori, Federico Quaranta e Chiara Giallonardo, muoveranno in direzioni opposte, rispettivamente verso la costa tirrenica e quella jonica. Il titolo della puntata, “Calabria prima Italia”, porterà le telecamere della rete ammiraglia di casa Rai a scoprire, tra le altre cose, “prodotti e specialità gastronomiche diventate ormai dei veri e propri toponimi, come la cipolla di Tropea, la ‘nduja di Spilinga, il pesce stocco di Mammola, i peperoncini di Capo Vaticano”. Oltre ai prodotti gastronomici più caratteristici, la trasmissione accenderà i riflettori su un prodotto che non mancherà di richiamare l’attenzione dei vegetariani, il muscolo di grano. Si tratta di un brevetto alimentare esclusivo frutto di un  impasto di grano e legumi di ottima consistenza, che si presta ai più svariati modi di cottura. La Calabria a tavola vanta, anche, una lunga tradizione legata ai prodotti della terra che, oggi, fanno la felicità di vegetariani e  vegani. Una tradizione che, nel corso della trasmissione, verrà rievocata a “ Squillace nel luogo dove Re Italo introdusse anche il concetto di “sissizio”, la  pratica conviviale propugnatrice di uguaglianza, fraternità,  pace fra gli uomini e con gli animali dei quali, diceva due millenni fa,  dovrà prima o poi finire la pratica dell’uccisione a scopo alimentare. Un convivio vegetariano dunque, dove si consumavano i prodotti della terra, base storica della cultura vegetariana e vegana e della nascita della dieta mediterranea come alimentazione del benessere. Ma non solo: il “sissizio” fu in sostanza anche  il progenitore della moderna democrazia:  a tavola si ragionava tutti meglio, si trovano intese anche per le controversie più difficili, e meglio è  se  venivano  bandite pratiche cruente”.  Nel pieno rispetto del proprio format, “Linea Verde” guiderà i telespettatori nel lungo viaggio tra i prodotti, i sapori e le tradizioni della terra di Calabria.

  • Published in Cronaca

Majorana sepolto nella Certosa. Il Giornale conferma la tesi di Sciascia

Si arricchisce di un'ulteriore tessera il complesso mosaico che tratteggia la misteriosa scomparsa di Ettore Majorana. Solo due mesi addietro era stata data la notizia che il fisico catanese, dopo la fuga nel 1938, avesse trovato rifugio in Sud America. Una tesi nata in contrapposizione  all'ipotesi di una "fuga dal mondo" culminata nel ritiro in un convento. Ad avvalorare quest'ultima possibilita', Leonardo Sciascia che aveva seguito le tracce di Majorana fino alla Certosa di Serra San Bruno.  A riproporre l'idea dello scrittore siciliano, un articolo, pubblicato oggi dal "Giornale", con il titolo: "Majorana visse in un convento del Sud Italia. Ecco le prove". Nel pezzo, scritto da Rino Di Stefano, si legge: " Sciascia aveva ragione: Ettore Majorana non sarebbe morto suicida, né tanto meno sarebbe fuggito in Venezuela. Lo scienziato scomparso nel nulla il 27 marzo del 1938 a poco più di 31 anni, mentre era docente di Fisica teorica presso l'università di Napoli, non si sarebbe mai mosso dall'Italia. Per essere più precisi, avrebbe chiesto e ottenuto di essere ospitato in un convento del Sud Italia, dove sarebbe rimasto fino alla fine dei suoi giorni". A supporto di questa tesi, il giornalista cita le dichiarazioni rilasciate da un fisico settantasettenne, Rolando Pelizza. L'uomo sostiene di essere stato l'allievo di Majorana e di averlo aiutato a costruire una macchina in grado di annichilire la materia e di produrre quantità infinite di energia a costo zero. Quella raccontata da Pellizza e'una storia in cui si parla di scoperte scientifiche e di un'intensa relazione epistolare che lo avrebbe legato per decenni a Majorana. Per vincere lo scetticismo di quanti sono portati a non dar credito ad un'ipotesi del genere, Pellizza esibisce delle "prove concrete, e cioè lettere e foto, che dimostrerebbero, al di là di ogni ragionevole dubbio, che in effetti avrebbe realmente conosciuto e frequentato colui che, ancora oggi, chiama il «suo maestro»". Le foto, scattate in un convento sono due: "la prima risale ai primi anni Cinquanta, la seconda agli anni Sessanta. La somiglianza con il giovane Majorana è impressionante". Oltre al materiale fotografico, ci sarebbe una delle lettere, scritte tra il 1964 ed il 2001, che sarebbe stata attribuita al fisico catanese. Un'attribuzione supportata da una perizia grafologia redatta dalla dottoressa Sala Chantal, la quale, "paragonando la calligrafia degli scritti lasciati a suo tempo da Majorana con il testo della lettera stessa, ha effettuato una completa perizia calligrafica di 23 pagine, conclusa con le seguenti parole: «Detta lettera è sicuramente stata vergata dalla mano del sig. Majorana Ettore»".  Leggendo le lettere "si evince che il Majorana che si nasconde in convento non è poi così lontano dal mondo come sembrerebbe". La corrispondenza sarebbe andata avanti fino al 2001, anno in cui, afferma Pellizza : "il mio maestro mi aveva autorizzato a rendere pubblico il mio contatto con lui. Non l'ho fatto perché speravo di far conoscere questa verità in modo molto più morbido e graduale. Ma purtroppo non è stato possibile: troppe maldicenze e calunnie sono state messe in giro contro di me in questi anni. Adesso, dunque, ho deciso di dire tutto e di far conoscere la verità sulla sorte di Ettore Majorana". Tuttavia, il presunto Majorana, avrebbe scritto:" riservati l'ultimo segreto, dove e come mi hai conosciuto, il luogo e i fratelli che da sempre mi hanno segretamente ospitato". Pelizza, infatti, "rifiuta categoricamente di dire in quale convento Majorana sia stato ospitato per oltre mezzo secolo e dove, ancora oggi, sarebbe sepolto". L'ultima lettera risale al 2001, quando, a 95 anni, ormai stanco e malato, Majorana avrebbe deciso di non "ricevere piu' il suo allievo" nel convento, dove su "sua precisa disposizione, le sue spoglie sarebbero state seppellite in terra consacrata, sotto una croce anonima". Una storia i cui elementi, da Sciascia, al convento del Sud Italia, per finire alle croci senza nome sotto le quali riposano i morti, potrebbero portare, ancora una volta, ad una Certosa, quella di Serra San Bruno.

 

  • Published in Cultura

Sabato, Serra su Rai 1 a Linea Verde Orizzonti

Sarà interamente dedicata alla storia della Calabria, in particolare a quanto accaduto nel territorio compreso tra i Golfi di Squillace e Sant’ Eufemia, la prossima puntata di “Linea Verde Orizzonti” che andrà in onda, su Rai Uno, sabato prossimo, 18 aprile, a partire dalle 11,15. La trasmissione prenderà il via dalla Certosa di Serra San Bruno da dove, i due conduttori Federico Quaranta e Chiara Giallonardo, inizieranno il loro cammino per raggiungere rispettivamente la costa tirrenica e quella joinica. Il titolo della puntata, “Calabria prima Italia”, porterà le telecamere della rete ammiraglia di casa Rai a scoprire, tra le altre cose “prodotti e specialità gastronomiche diventate ormai dei veri e propri toponimi, come la cipolla di Tropea, la ‘nduja di Spìlinga, il pesce stocco di Mammola, i peperoncini di Capo Vaticano”. Spazio, inoltre, ad una delle ultime novità alimentari nate in Calabria, il muscolo di grano “un brevetto esclusivo frutto di un  impasto di grano e legumi di ottima consistenza, che si presta ai più svariati modi di cottura”. La Calabria a tavola vanta, anche, una lunga tradizione legata ai prodotti della terra che, oggi, fanno la felicità di vegetariani e  vegani. Una tradizione che, nel corso della trasmissione, verrà rievocata a Squillace "nel luogo dove Re Italo introdusse anche il concetto di “sissizio”, la  pratica conviviale propugnatrice di uguaglianza, fraternità,  pace fra gli uomini e con gli animali dei quali, diceva due millenni fa,  dovrà prima o poi finire la pratica dell’uccisione a scopo alimentare. Un convivio vegetariano dunque, dove si consumavano i prodotti della terra, base storica della cultura vegetariana e vegana e della nascita della dieta mediterranea come alimentazione del benessere. Ma non solo: il “sissizio” fu in sostanza anche  il progenitore della moderna democrazia:  a tavola si ragionava tutti meglio, si trovano intese anche per le controversie più difficili, e meglio è  se  venivano  bandite pratiche cruente”.  Nel pieno rispetto del proprio format, “Linea Verde” guiderà i telespettatori nel lungo viaggio tra i prodotti, i sapori e le tradizioni della terra di Calabria.

  • Published in Cronaca

Serra, la Certosa e i suoi visitatori illustri

L’antico monastero certosino di Serra San Bruno, nel corso dei secoli, ha affascinato una moltitudine di persone ed è stato meta di visitatori illustri. Tra coloro i quali hanno lasciato la testimonianza del loro passaggio nell’amenità dell’eremo certosino, ce n’è uno che avrebbe desiderato trovarci riparo e a causa di alcune vicissitudini non ha potuto farlo. Si tratta dell’autore del Decamerone, Giovanni Boccaccio. E’ in una lettera del gennaio 1371, indirizzata da Napoli a Niccolò da Montefalcone, scoperta da Sharo Gambino presso la Biblioteca di Firenze, che appendiamo la notizia di una sua eventuale visita alla Certosa di Serra San Bruno. Niccolò da Montefalcone, suo amico d’infanzia, infatti era diventato Priore del monastero di Santo Stefano del Bosco, in quel tempo cistercense, e lo aveva invitato presso il suo convento. Niccolò gli aveva prospettato «l’amena solitudine dei boschi» che circondava il monastero, «l'abbondanza dei libri, i limpidi fonti, la santità del luogo e le cose confortevoli e l'abbondanza di ogni cosa e la benignità del clima». Tutto ciò aveva indotto in Boccaccio «non solo il desiderio di vedere» quel luogo, ma che il quello di trovarci dimora e rifugiarsi «se la necessità lo avesse richiesto». Tuttavia all’improvviso Niccolò dopo tante affettuosità silenziosamente esce di scena dalla vita di Boccaccio, ed egli profondamente deluso si dice «povero e i poveri non hanno amici».

Ad aprire il registro dei visitatori della Certosa figura il nome di Alcide De Gasperi insieme a quello della moglie Francesca che giunsero a Serra nel marzo del 1953, due anni dopo la disastrosa alluvione avvenuta nel mese di ottobre.

La visita a Serra dell’allora Presidente del Consiglio era stata preceduta da quella del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi che vi giunse accompagnato dalla consorte e dal ministro dei Lavori Pubblici Aldisio.

A Serra Re Ferdinando di Borbone ci giunse due volte, il 23 aprile del 1833 e il 16 ottobre 1852 quando s’inginocchiò innanzi la chiesa Matrice e al busto argenteo di San Bruno.

Il 24 agosto 1923 a visitare la Certosa ci fu il principe ereditario Umberto II di Savoia accompagnato dal Contrammiraglio Bonaldi e dal marchese della Rocchetta. Il Principe dopo aver partecipato alla messa conventuale visitò il monastero per poi ripartire.

Negli anni Settanta a visitare la Certosa fu il famoso poeta e regista italiano Pierpaolo Pasolini. Accompagnato dal vibonese Andrea Frezza che viveva a Roma e che a Vibo Valentia aveva fondato il cineclub.

All’incontro con i certosini, Pasolini fu accompagnato dall’avv. Franco Inzillo e da altre persone che facevano parte del settore turistico. Il regista di film come “Il vangelo secondo Matteo” dopo aver visitato la Certosa e una cella certosina dove il monaco trascorre per la quasi interezza la parabola della propria esistenza, rimase affascinato dalla vita contemplativa e di clausura del monaci bruniani.

Nel 1975, a varcare la porta del millenario monastero fu il celebre scrittore siciliano Leonardo Sciascia che giunse alla Certosa di Serra San Bruno sulla pista dello scienziato Ettore Majorana, scomparso nel 1938 e presumibilmente morto suicida. Sciascia si recò presso il convento, in cerca di conferme alla sua ipotesi che voleva Majorana monaco certosino ma non trovò niente che potesse dare conforto alla sua tesi.

La persona più importante che ha fatto visita negli ultimi decenni alla Certosa di Serra è stata senza dubbio Papa Giovanni Paolo II che il 5 ottobre l984, dopo essersi brevemente intrattenuto con la popolazione, ha visitato la comunità certosina e ha firmato il registro del monastero. Importanti furono i discorsi che il Santo Padre tenne a Santa Maria del Bosco, luogo presso il quale San Bruno era solito pregare nel laghetto ancora esistente e dove sono state successivamente trovate le sue ossa e quelle dei suoi compagni. In quella circostanza, il Papa, richiamò il particolare carisma del monaci certosini la cui presenza spirituale costituisce «il cuore di questa Regione». A Serra Giovanni Paolo II ebbe una gradita sorpresa: gli abitanti di Spadola, per riconciliarsi con l’autorità pontificia, gli restituirono simbolicamente, con una pergamena, una pantofola che i loro antenati avrebbero sottratto a Callisto II il 1121 durante la sua visita in Certosa, mentre passava dal loro paesino.

Negli anni Novanta due furono i visitatori illustri, l’ex procuratore della Repubblica di Palmi e successivamente di Napoli Agostino Cordova che passò alla storia per una importante indagine sulla massoneria e quello che sarebbe diventato il primo leader post comunista a diventare presidente del Consiglio Massimo D’Alema che fece tappa a Serra San Bruno e chiese di visitare la Certosa.

La visita in Calabria, di Bartolomeo I Patriarca ecumenico di Costantinopoli ebbe inizio il 19 marzo 2001, e si concluse il 23. Il 21 marzo fu caratterizzato dalla storica visita alla Certosa, alla presenza di autorità ecclesiastiche. In quella occasione Bartolomeo I tenne un toccante discorso, a cui fece seguito un caloroso saluto del Priore Dom Jacques Dupont, che volle così accogliere l’illustre ospite. Al termine dell’evento il Patriarca di Costantinopoli fece dono alla comunità monastica certosina di una preziosa lampada votiva conservata gelosamente dai monaci serresi nella Cappella delle reliquie.

La penultima visita degna di nota è stata quella delle Regina del Belgio Paola Ruffo di Calabria per la quale, vista l’assoluta clausura maschile, è valso l’antico privilegio di consentire alle regnanti di varcare la soglia della clausura e visitare il monastero.

Il 9 ottobre 2011, a varcare la soglia del “popolo giusto”, è stato Papa Benedetto XVI che ha partecipato alla celebrazione dei Vespri nella chiesa conventuale della Certosa serrese. In quell’occasione, Papa Ratzinger definì il monastero bruniano come «la cittadella dello spirito», per poi essere circondato dal silenzio e lasciare il millenario monastero nell’abbraccio dell’oscurità.

  • Published in Cultura
Subscribe to this RSS feed