Serra: chiude la storica segheria "La Foresta", saranno licenziati più di 30 lavoratori

La notizia circolava da qualche tempo, ma finora mancavano i crismi dell’ufficialità. “La Foresta” chiuderà la segheria e procederà al licenziamento di quasi tutta la sua forza lavoro. A confermare quelle che sembravano semplici dicerie, il documento con il quale l’azienda ha informato le organizzazioni sindacali dello “intendimento di procedere al licenziamento per riduzione di personale di 9 lavoratori su un totale di 13 lavoratori ( oltre a 25 lavoratori a tempo determinato) della complessiva azienda”. Fin dal preambolo della missiva, inoltrata lo scorso 18 luglio, si evince il sostanziale azzeramento del personale. La scure è, infatti, destinata ad abbattersi su 34 dei 38 dipendenti attualmente in servizio. L’impresa, considerata fino a qualche tempo fa una delle realtà produttive più solide del circondario, secondo il documento, starebbe attraversando una grave crisi economica. “La Foresta”, la cui sede produttiva è ubicata a poche centinaia di metri da Santa Maria del bosco,  “ si occupa di attività forestale ( dalla semina al taglio delle piante, prevalentemente Abete Bianco); di lavorazione delle piante tagliate per la produzione di segati destinati alla carpenteria e all’imballaggio; di produzione di biomassa da destinare alla centrale di generazione elettrica da 1 MWe […] La Società dispone, quindi, di un bosco, di un reparto segheria destinato alla lavorazione dei tronchi per la produzione di segato e di una centrale termoelettrica che assorbe tutta la produzione aziendale”. A pesare negativamente sul bilancio aziendale sarebbero diversi fattori, a partire dalla “centrale termoelettrica” la cui “redditività è molto bassa a causa di un maggiore assorbimento di materia prima rispetto al preventivato in fase di business plan”. A ciò andrebbe ad aggiungersi “la crisi immobiliare post 2008”, con il conseguente crollo del “mercato del segato”. A  fotografare le difficoltà in atto, il dato relativo al fatturato: “ crollato dai 381 mila euro dei primi cinque mesi del 2015 ai 171 mila dei primi mesi del 2016”. Un 55% in meno che “impone una drastica e veloce riorganizzazione che porti alla riduzione dei costi fissi e una ottimizzazione dei costi variabili, oltre all’eliminazione dei settori – attività meno profittevoli”. Quella che nel documento viene definita riorganizzazione, in realtà si concretizzerà: nella “chiusura” della segheria, ritenuta la “attività in maggiore perdita”; nella “esternalizzazione” del “servizio di gestione e conduzione del macchinario” della centrale a biomassa e nello “snellimento” del reparto tecnico e nella “esternalizzazione del servizio di agronomia”. In altre parole,  verranno cessate “l’attività della segheria e della gestione della centrale a biomassa e del servizio interno di agronomia”. Secondo lo specchietto riassuntivo, contenuto a pagina 3 del documento, dei 38 dipendenti attuali ne dovrebbero rimanere in servizio solo 5 ( 1 dirigente, 1 impiegato, 3 camionisti/trattoristi). Complessivamente, quindi, i licenziamenti dovrebbero interessare 33 lavoratori, un numero leggermente diverso rispetto a quello indicato in premessa dove si parla  del “licenziamento per riduzione di personale di 9 lavoratori su un totale di 13 lavoratori (oltre a 25 lavoratori a tempo determinato)”. Tuttavia, al di là della discrepanza, il dato sostanziale è che, a breve, oltre 30 padri di famiglia rimarranno senza stipendio. Verosimilmente, i licenziamenti potrebbero essere recapitati ai destinatari tra metà settembre ed inizio ottobre, ovvero al termine dell’iter procedurale previsto dalla normativa di riferimento. Per fermare l’ennesimo macigno che sta per abbattersi su Serra servirebbe una mobilitazione, un atto di responsabilità da parte di chi ha il potere per intervenire. Nessuno può pensare di rimanere indifferente rispetto alla sostanziale chiusura della più importante realtà produttiva serrese.   

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