La parabola di Rosy Canale: da "paladina antimafia" alla condanna a 4 anni

E' stata condannata a quattro anni di carcere Rosy Canale, già presidente del "Movimento donne di San Luca" che fu arrestata nell'ambito dell'inchiesta denominata "Inganno".  Ad infliggere la pena è stato il Collegio Giudicante del Tribunale di Locri. Il suo coinvolgimento destò scalpore perché all'epoca era considerata una della tante paladine antimafia che gravitano attorno al variegato modo della presunta lotta alla criminalità organizzata. L'accusa nei suoi confronti fu quella di aver speso per fini personali denaro erogato all'associazione dalla Fondazione "Enel nel cuore", dal Ministero della Gioventù, dalla Presidenza del Consiglio Regionale della Calabria, dalla Prefettura di Reggio Calabria. Soldi che servirono, sostennero gli inquirenti avanzando una tesi sposata dai giudici, per comprare automobili, capi d'abbigliamento, mobili, viaggi. Al "Movimento donne di San Luca", peraltro, era stato affidato un edificio confiscato ad una cosca e che avrebbe dovuto essere adibito a ludoteca, ma le attività non furono mai avviate. Il pubblico ministero, al termine della sua requisitoria in aula, aveva formulato la richiesta che Rosy Canale fosse irrogata una pena a sette anni di reclusione. I reati contestati all'imputata erano truffa e malversazione. Gli altri cinque soggetti finiti nelle maglie della medesima indagine sugli interessi criminali dei clan Nirta e Strangio avevano scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. Tra loro figura pure Sebastiano Giorgi, in passato sindaco del paese alle pendici dell'Aspromonte.

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