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Le scuole primarie di Serra e Nicotera gemellate nell'ambito del progetto Etwinning

Grande entusiasmo per gli alunni della scuola primaria “A. Tedeschi” di Serra San Bruno che, lunedì scorso, nell’ambito del decennale del programma Etwinning hanno accolto gli scolari della scuola “A. Pagano” di Nicotera. Nel corso dell’incontro, con il quale è stato suggellato il gemellaggio tra i due istituti, le docenti Eleonora Contartese ed Anna Scarfone hanno presentato i risultati del progetto “Mare Monti – Mountains to sea cooperation”, di cui è capofila l'istituto serrese e del quale, oltre alla scuola primaria “A. Pagano” di Nicotera, fanno parte un istituto scolastico greco, uno bulgaro ed uno romeno. Nel suo complesso il progetto ha avuto lo scopo di sviluppare la cooperazione tra le aree marine e montane dei paesi europei mediante “la valorizzazione  delle risorse locali e la promozione del territorio”. Le molteplici attività realizzate sono state programmate con il duplice obiettivo di cercare di sviluppare nei bambini il senso d’appartenenza rispetto al territorio nel quale vivono e di stimolare la conoscenza delle differenze esistenti tra le diverse aree geografiche che caratterizzano i paesi che fanno parte dell’Unione europea. Il progetto, ormai, giunto al traguardo si è articolato in una serie d’iniziative avviate lo scorso febbraio con lo scambio di informazioni tra i partner coinvolti nel programma. A marzo, con “Alimenti sani” sono stati presentati i prodotti tipici locali, accompagnati dalla descrizione di ricette appartenenti alle cucine tradizionali. Ad aprile, “La mia mano sui monumenti” ha offerto agli alunni l’opportunità di effettuare un lavoro di studio dei siti presenti sui territorii di riferimento. Con l’ultima tappa “Il profumo della montagna, l’odore del mare” è stato raggiunto l’apice di un programma che ha permesso ai bambini di cimentarsi nel canto, nella musica e nella poesia. L’esecuzione dell’Inno alla Gioia ha accompagnato i bambini nello scambio di bigliettini gialli blu simboleggianti i colori della bandiera europea. Vivo apprezzamento per l’iniziativa è stato espresso dalla dirigente dell’istituto comprensivo serrese, Maria Viscone.

Il comunista che salvò la Certosa

E’ morto la notte scorsa, nella sua abitazione di Catanzaro, Quirino Ledda, ex vice presidente del consiglio regionale e storico dirigente del Pci. Sardo di nascita e calabrese d'adozione, Ledda è stato, negli anni Settanta, segretario regionale della Federbraccianti ed esponente di primo piano del Partito comunista italiano. Eletto, nel 1980, Consigliere regionale della Calabria, la figura di Ledda è indissolubilmente legata, anche, a Serra San Bruno ed alla storia della Certosa. Se il monastero fondato da Brunone di Colonia, oltre mille anni addietro, ospita ancora i frati dal candido saio, buona parte del merito va ascritto proprio lui. Molti non c’erano ancora, molti altri, forse, non lo ricordano più, ma sul finire degli anni Settanta le condizioni della Certosa erano piuttosto precarie. L’intera struttura presentava gli inevitabili acciacchi prodotti dal tempo. La situazione era diventata insostenibile a tal punto che iniziava, addirittura, a farsi strada l’ipotesi di chiudere definitivamente la Certosa e di trasferire i monaci in un altro convento. Quanto la situazione non fosse più tollerabile, in molti lo capirono, il 2 aprile 1981 quando, sulla Stampa di Torino, venne pubblicato un articolo dal titolo  “Anche ai certosini può capitare (a volte) di perdere la pazienza”. L’autore del pezzo, Enzo Laganà, scriveva: “I frati certosini di San Bruno abbandoneranno definitivamente il più antico cenobio fondato dal loro santo? Gli ultimi ventidue superstiti di questa storica istituzione sono, infatti, intenzionati a non affrontare un altro inverno se non saranno riparate le strutture del convento”. Il giornalista aveva raccolto lo “sfogo” del padre priore dell’epoca, Pietro Anquez il quale, “smentendo in parte il riserbo che circonda la vita” certosina, aveva “denunciato”, tra l’altro, la grettezza degli apparati burocratici. A rendere paradossale la situazione, infatti, c’era un “progetto per la ristrutturazione” che misteriosamente si era perso “nei vari passaggi da ufficio a ufficio”. Una situazione kafkiana, resa ancor più singolare dalla circostanza che il ministero dei Beni culturali aveva affermato che in Calabria non si riuscivano ad “utilizzare tutti i soldi assegnati”. Infatti, come ricorda Bruno Gemelli, nel “Grande otto”, un finanziamento c’era. La Cassa per il Mezzogiorno aveva destinato ben “ 7 miliardi di vecchie lire al restauro dell’antichissima Certosa”. Evidentemente, l’ignavia della politica e la neghittosità della casta burocratica regionale, ieri come oggi, erano le principali palle al piede della Regione Calabria. Fu in questo contesto che intervenne Quirino Ledda. Nel suo ruolo di consigliere regionale, come sottolinea Gemelli, “facendo indispettire l’apparato” del suo stesso partito, in un’interpellanza al Presidente della Giunta regionale, Bruno Dominijanni ed all’Assessore regionale alla cultura, Ermanna Carci Greco, denunciò il grave pericolo che incombeva sulla Certosa. L’intervento servì non solo a smuovere la politica che, per il tramite del Consiglio regionale, stanziò 50 milioni di lire per finanziare gli interventi più urgenti, ma innescò una vera e propria campagna stampa che mise il monastero serrese al centro dei riflettori nazionali. L’interrogazione di Ledda, nell’aprile del 1981, venne ripresa da Repubblica, in un articolo di Pantaleone Sergi dal titolo, “Ledda nella sua interrogazione ha posto ai governanti regionali alcuni gravi problemi sollecitando un intervento tempestivo”. Seguirono poi, gli interventi di Filippo Veltri e Gianfranco Manfredi sull’Unità e di Pino Nano sull’Avvenire. L’Occhio, un giornale dalla vita piuttosto breve, diretto da Maurizio Costanzo, poco prima di chiudere i battenti, nel 1981, dedicò alla Certosa un vero e proprio reportage. La campagna giornalistica e le pressioni politiche sortirono gli effetti sperati. Il 3 novembre 1984, finalmente, iniziarono i lavori di restauro eseguiti dall’impresa Borini di Torino. Alla cerimonia inaugurale del cantiere parteciparono, tra gli altri, Quirino Ledda, l’Assessore regionale alla cultura Rosario Olivo ed il Sottosegretario ai lavori pubblici Mario Tassone. Quanto l’intervento di Ledda fosse stato determinante per salvare il monastero e con esso la presenza della comunità certosina a Serra San Bruno, lo testimoniò lo stesso padre Anquez, il quale volle esprimergli la sua riconoscenza in una lettera nella qual scrisse: “ Caro Signore, Vi ringrazio moltissimo della fotocopia della vostra interrogazione al Consiglio regionale della Calabria e vi ringrazio pure del pensiero. (…) Vorrei aggiungere che a mia conoscenza è la prima volta che sento parlare di uomini politici che fanno un’interrogazione del genere e ne prendo atto: il vostro interessamento alla Certosa di Serra vi fa onore e in nome della mia Comunità vi prego di gradire la nostra gratitudine. Rimane da sperare che il vostro appello sia capito, prima che sia troppo tardi… Con distinti saluti. F.to Pietro Anquez priore”. Qualche tempo dopo, Ledda si vide recapitare una cartolina proveniente dalla Grande Chartreuse di Grenoble, ovvero dalla casa madre dell’Ordine certosino, era l’ennesimo ringraziamento che padre Anquez rivolgeva a quel comunista che aveva salvato la Certosa.

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Serra verso le comunali, tra rinnovamento e ritorno al passato

«Rinnovamento». E’ questa la parola d’ordine con la quale, il deputato del Partito democratico, Bruno Censore, indica la strada maestra per la riconquista di palazzo Tucci. E nonostante ammetta che «l’esperienza della lista “La Serra” è morta e sepolta» annuncia la rinascita del centrosinistra serresse anche con il contributo di big quali l’ex consigliere provinciale Pino Raffele e l’ex sindaco Raffaele Lo Iacono. I due fratelli coltelli, nonostante i veti incrociati dell’uno sull’altro, hanno dato il via libera alla resurrezione. Il mantra, dunque, è «rinnovamento» e la lista che il centrosinistra starebbe mettendo a punto dovrebbe comprendere giovani alla prima esperienza. Bruno Censore, Raffaele Lo Iacono e Pino Raffele, non dovrebbero ricandidarsi. Mentre un passo indietro lo farebbero anche Vincenzo Damiani che aveva avanzato la propria candidatura a sindaco in termini perentori e l’ex assessore provinciale Domenico Dominelli, sponsorizzato dalla sinistra interna del Pd. Il principale nodo da sciogliere rimane quello della candidatura a primo cittadino e del metodo per la sua individuazione. Una cosa è certa, nelle intenzioni di Censore, deve trattarsi di un candidato Pd. Lo stesso deputato si era detto favorevole alle primarie: «abbiamo più aspiranti a sindaco che candidati» per questo «siamo favorevoli alle primarie». Ma ora che gli aspiranti a sindaco sono diminuiti le primarie potrebbero sfumare. Se dovessimo prendere alla lettera il termine «rinnovamento», esso potrebbe essere incarnato da due persone: dal consigliere comunale di minoranza Pd, Rosanna Federico, o dal segretario del circolo cittadino, Paolo Reitano. A meno che Censore non abbia già identificato un candidato diverso e lo proponga subito dopo l’estate. Sul versante opposto, cioè quello del centrodestra, anzi Forza Italia, le cose non vanno bene, anzi vanno piuttosto male. Cosi male che nessuno ne fa più mistero. Il sindaco, Bruno Rosi, non è riuscito nemmeno per Pasqua a dare le deleghe ai nuovi assessori che in questo modo rimangono privi di ambiti di competenza ma in compenso pieni d’incomprensione. Quello che non comprendono è il motivo di questa inerzia. Il primo cittadino vuole essere ricandidato e lega questa legittima aspirazione alla soluzione del problema dell’acqua potabile e dello sblocco del taglio dei lotti boschivi sospesi dalla Regione, ma manca un anno alle elezioni e le possibilità di sciogliere questi nodi si affievoliscono sempre di più. Il sindaco, Bruno Rosi, ha ribadito, tra le altre cose, che non esiste nessun attrito con il consigliere regionale Nazzareno Salerno. «Sosterrò chi mi ha sostenuto» ha detto e comunque vadano le cose, rispetto alla propria candidatura, «farò sempre parte della coalizione di Forza Italia». 

Serra, la Certosa e i suoi visitatori illustri

L’antico monastero certosino di Serra San Bruno, nel corso dei secoli, ha affascinato una moltitudine di persone ed è stato meta di visitatori illustri. Tra coloro i quali hanno lasciato la testimonianza del loro passaggio nell’amenità dell’eremo certosino, ce n’è uno che avrebbe desiderato trovarci riparo e a causa di alcune vicissitudini non ha potuto farlo. Si tratta dell’autore del Decamerone, Giovanni Boccaccio. E’ in una lettera del gennaio 1371, indirizzata da Napoli a Niccolò da Montefalcone, scoperta da Sharo Gambino presso la Biblioteca di Firenze, che appendiamo la notizia di una sua eventuale visita alla Certosa di Serra San Bruno. Niccolò da Montefalcone, suo amico d’infanzia, infatti era diventato Priore del monastero di Santo Stefano del Bosco, in quel tempo cistercense, e lo aveva invitato presso il suo convento. Niccolò gli aveva prospettato «l’amena solitudine dei boschi» che circondava il monastero, «l'abbondanza dei libri, i limpidi fonti, la santità del luogo e le cose confortevoli e l'abbondanza di ogni cosa e la benignità del clima». Tutto ciò aveva indotto in Boccaccio «non solo il desiderio di vedere» quel luogo, ma che il quello di trovarci dimora e rifugiarsi «se la necessità lo avesse richiesto». Tuttavia all’improvviso Niccolò dopo tante affettuosità silenziosamente esce di scena dalla vita di Boccaccio, ed egli profondamente deluso si dice «povero e i poveri non hanno amici».

Ad aprire il registro dei visitatori della Certosa figura il nome di Alcide De Gasperi insieme a quello della moglie Francesca che giunsero a Serra nel marzo del 1953, due anni dopo la disastrosa alluvione avvenuta nel mese di ottobre.

La visita a Serra dell’allora Presidente del Consiglio era stata preceduta da quella del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi che vi giunse accompagnato dalla consorte e dal ministro dei Lavori Pubblici Aldisio.

A Serra Re Ferdinando di Borbone ci giunse due volte, il 23 aprile del 1833 e il 16 ottobre 1852 quando s’inginocchiò innanzi la chiesa Matrice e al busto argenteo di San Bruno.

Il 24 agosto 1923 a visitare la Certosa ci fu il principe ereditario Umberto II di Savoia accompagnato dal Contrammiraglio Bonaldi e dal marchese della Rocchetta. Il Principe dopo aver partecipato alla messa conventuale visitò il monastero per poi ripartire.

Negli anni Settanta a visitare la Certosa fu il famoso poeta e regista italiano Pierpaolo Pasolini. Accompagnato dal vibonese Andrea Frezza che viveva a Roma e che a Vibo Valentia aveva fondato il cineclub.

All’incontro con i certosini, Pasolini fu accompagnato dall’avv. Franco Inzillo e da altre persone che facevano parte del settore turistico. Il regista di film come “Il vangelo secondo Matteo” dopo aver visitato la Certosa e una cella certosina dove il monaco trascorre per la quasi interezza la parabola della propria esistenza, rimase affascinato dalla vita contemplativa e di clausura del monaci bruniani.

Nel 1975, a varcare la porta del millenario monastero fu il celebre scrittore siciliano Leonardo Sciascia che giunse alla Certosa di Serra San Bruno sulla pista dello scienziato Ettore Majorana, scomparso nel 1938 e presumibilmente morto suicida. Sciascia si recò presso il convento, in cerca di conferme alla sua ipotesi che voleva Majorana monaco certosino ma non trovò niente che potesse dare conforto alla sua tesi.

La persona più importante che ha fatto visita negli ultimi decenni alla Certosa di Serra è stata senza dubbio Papa Giovanni Paolo II che il 5 ottobre l984, dopo essersi brevemente intrattenuto con la popolazione, ha visitato la comunità certosina e ha firmato il registro del monastero. Importanti furono i discorsi che il Santo Padre tenne a Santa Maria del Bosco, luogo presso il quale San Bruno era solito pregare nel laghetto ancora esistente e dove sono state successivamente trovate le sue ossa e quelle dei suoi compagni. In quella circostanza, il Papa, richiamò il particolare carisma del monaci certosini la cui presenza spirituale costituisce «il cuore di questa Regione». A Serra Giovanni Paolo II ebbe una gradita sorpresa: gli abitanti di Spadola, per riconciliarsi con l’autorità pontificia, gli restituirono simbolicamente, con una pergamena, una pantofola che i loro antenati avrebbero sottratto a Callisto II il 1121 durante la sua visita in Certosa, mentre passava dal loro paesino.

Negli anni Novanta due furono i visitatori illustri, l’ex procuratore della Repubblica di Palmi e successivamente di Napoli Agostino Cordova che passò alla storia per una importante indagine sulla massoneria e quello che sarebbe diventato il primo leader post comunista a diventare presidente del Consiglio Massimo D’Alema che fece tappa a Serra San Bruno e chiese di visitare la Certosa.

La visita in Calabria, di Bartolomeo I Patriarca ecumenico di Costantinopoli ebbe inizio il 19 marzo 2001, e si concluse il 23. Il 21 marzo fu caratterizzato dalla storica visita alla Certosa, alla presenza di autorità ecclesiastiche. In quella occasione Bartolomeo I tenne un toccante discorso, a cui fece seguito un caloroso saluto del Priore Dom Jacques Dupont, che volle così accogliere l’illustre ospite. Al termine dell’evento il Patriarca di Costantinopoli fece dono alla comunità monastica certosina di una preziosa lampada votiva conservata gelosamente dai monaci serresi nella Cappella delle reliquie.

La penultima visita degna di nota è stata quella delle Regina del Belgio Paola Ruffo di Calabria per la quale, vista l’assoluta clausura maschile, è valso l’antico privilegio di consentire alle regnanti di varcare la soglia della clausura e visitare il monastero.

Il 9 ottobre 2011, a varcare la soglia del “popolo giusto”, è stato Papa Benedetto XVI che ha partecipato alla celebrazione dei Vespri nella chiesa conventuale della Certosa serrese. In quell’occasione, Papa Ratzinger definì il monastero bruniano come «la cittadella dello spirito», per poi essere circondato dal silenzio e lasciare il millenario monastero nell’abbraccio dell’oscurità.

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Quella serata serrese con Fabrizio De André

A volte la storia, anche quella piccola, minuta, quella con la “s” minuscola prende strade strane e porta alla ribalta episodi e fatti, altrimenti, destinati a rimanere nell’anonimato, a scivolare nell’oblio.

È per uno di questi sentieri accidentati che è arrivato fino a noi, un dettaglio verificatosi a Serra San Bruno a margine della festa dell’Assunta del 1984.

Un dettaglio che i suoi protagonisti hanno fatto diventare un pezzo di storia serrese.

Il 14 agosto di oltre 30 anni fa, le due confraternite, di Spinetto e Terravecchia, si misuravano in una singolare competizione. Un paese, due feste.

Da una parte, la congrega posta al di là del fiume, dall’altra quella collocata nella parte più antica della cittadina.

Il momento centrale della serata era, inevitabilmente, quello destinato ai “cantanti”, la manifestazione musicale con la quale i seggi priorali mostravano i muscoli e misuravano la riuscita della festa, la loro festa.

Nella centralissima piazza San Giovanni la confraternita dell’Assunta di Terravecchia aveva fatto le cose in grande. Ospite della serata Dori Ghezzi.

In maniera discreta, quasi invisibile per le vie della cittadina si aggirava il suo compagno, Fabrizio De André. L’atmosfera esaltante, il clima caldo e le luci delle luminarie erano talmente abbacinanti che solo in pochissimi percepirono la presenza dell’illustre personaggio. Anche perché, De Andrè, forse non amando particolarmente il caos della folla vociante, in attesa della conclusione dello spettacolo, aveva preferito rifugiarsi nei locali del circolo “Unione”.

Fu in quell’ambiente spartano ed insolito che due, allora giovanissimi, serresi incrociarono l’autore di “Bocca di Rosa” e “Via del campo”.

«Lo incontrammo – ha raccontato qualche anno addietro uno dei protagonisti - seduto ad un tavolo, era impegnato a bere un cognac da una bottiglia con in bocca l’ennesima sigaretta. Gli chiedemmo da dove arrivasse la sua musica, quali erano le fonti di tanta ispirazione. Lui rispose con sincerità ed intelligenza. “Viene dal fiume e soprattutto dalle storie di paese”.

Quieto e sorridente aggiunse: “ ho visto che anche qui c’é un fiume che attraversa il paese è come dire che anche voi avete una Spoon river e sicuramente non mancano, nella vostra comunità, i servi disobbedienti alla legge del branco, rifiutati dal potere vestito di umana sembianza”.

Un incontro eccezionale, non solo per la caratura e l’imprevedibilità dell’artista, quanto per la sua curiosità, il suo desiderio di conoscere il patrimonio nascosto di un popolo, quello che herdeianamente pensava fosse custodito nella lingua. Non già in quel codice linguistico convenzionale ed a volte estraneo, rappresentato dall’idioma nazionale, quanto dal dialetto, la lingua del popolo.

«La cosa che non potrò mai dimenticare – prosegue il racconto – è stata la sua richiesta di rispondergli in dialetto. Era curioso di sentire la parlata locale». Un interesse per la lingua, al contempo, intesa come strumento di imperio, di dominio ma anche di disubbidienza e ribellione. Prima di congedarsi, con la bottiglia di cognac «ormai vuota ed il portacenere colmo delle sue sigarette, ci fece notare che le lingue della resistenza al potere, che usa sempre la lingua colta, sono sempre più divertenti e genuine».

Chissà, quale potrebbe essere la lingua della resistenza oggi, nel tempo in cui il potere, incarnato dai tecnocrati della finanza, si esprime in inglese.

Ma oggi, forse, più che di una lingua, la ribellione e la disubbidienza avrebbero bisogno d’interpreti.

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Serra, il successo dell'Avis

Risultati eccezionali per l’Avis di Serra San Bruno che, nel 2014, ha ampliato notevolmente il bacino dei donatori, arrivando a raccogliere ben 525 sacche di sangue. Numeri straordinari, quindi, che, giustamente, inorgogliscono Raffaele Rullo, presidente del ramo serrese dell’Avis che raggruppa i comuni di Fabrizia, Mongiana, Nardodipace, Serra San Bruno, Spadola, Simbario, Brognaturo e Vallelonga. Nel corso del 2014 l’associazione che riunisce i donatori di sangue si è resa protagonista di numerose iniziative, come la campagna informativa svolta sui posti di lavoro, nelle associazioni e nelle scuole. Numerose, inoltre, le partecipazioni ad incontri ed assemblee svolte sia a livello provinciale che regionale. A confermare la vitalità dell’Avis serrese, la presenza, con una delegazione, all’assemblea nazionale di Chianciano Terme. Una vitalità culminata nella “Festa del donatore”, nel corso della quale sono state distribuite ai soci 1 medaglia d’oro, 1 d’argento, 20 di bronzo e 64 benemerenze. Per quanto riguarda, invece, la partecipazione delle singole realtà comunali, il centro che, nel corso dei primi mesi del 2015, ha fornito il maggior numero di donatori (33) in rapporto agli abitanti è stato Mongiana. Sul podio, anche, Brognaturo (8) e Spadola (10). In termini assoluti, invece, con 49 donazioni il comune che ha offerto il maggior contributo è stato Serra San Bruno. Numeri che confermano la bontà del lavoro svolto e per i quali, Rullo, oltre ai “al Presidente dell’Avis Provinciale Nicodemo Napoli, al Vice Presidente Regionale Biagio Cutrì ed alla delegazione Comunale di Limbadi gemellata con quella di Serra San Bruno” ha voluto ringraziare “ i soci donatori che sono la linfa” dell’associazione”. Archiviato il 2014, per l’anno in corso, il sodalizio si propone d’incrementare ulteriormente il numero delle sacche raccolte, anche, attraverso il coinvolgimento dei ragazzi e degli studenti delle scuole superiori. Per quanto riguarda, invece, gli appuntamenti già in calendario per l’anno in corso, le giornate dedicate alle donazioni, peraltro tempestivamente segnalate anche sulla pagina facebook dell’associazione, si svolgeranno il 27 marzo, il 18 aprile, il 15 maggio, il 6 giugno, il 4 luglio, il 7 agosto, il 5 settembre, il 16 ottobre, il 27 novembre ed il 19 dicembre. Nel mese di settembre, avrà luogo, invece, la “Festa del donatore”.

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Fusione nelle Serre, favorevole il sindaco di Brognaturo

Si levano voci di condivisione rispetto al progetto di fusione dei Comuni di Serra San Bruno, Simbario, Spadola e Brognaturo. Ed è proprio il sindaco di quest’ultimo centro, Pino Iennarella, che spezza una lancia per un’idea innovativa che apre scenari nuovi. “Ben venga questa opportunità – spiega il primo cittadino – perché abbiamo solo da guadagnarci. Sono nettamente favorevole. Diventare un Comune che sfiora i 10 mila abitanti, dalle grandi prospettive e dalle grandi potenzialità, significa stare al passo con i tempi. Aumenterebbe enormemente il nostro potere contrattuale sia dal punto di vista economico che da quello politico”. Si percepisce una certa affinità con il pensiero del collega Bruno Rosi, poiché anche Iennarella guarda con attenzione alla possibilità di “armonizzare il corretto utilizzo del patrimonio boschivo” e ai “vantaggi” di carattere finanziario. Dover gestire “un territorio vastissimo” comporta, però, notevoli responsabilità e richiede una classe dirigente all’altezza. “Chi amministrerà – sottolinea al proposito Iennarella – dovrà capire le esigenze di tutta la popolazione ed ecco perché ritengo di considerevole rilevanza la fase dell’informazione che dovrebbe precedere il referendum”. Su questo aspetto, il sindaco del piccolo paese montano insiste e specifica che “sarebbero necessari diversi seminari per consentire ai cittadini di discutere e per comprendere cosa si aspettano e cosa vorrebbero realizzare. La base di ogni ragionamento deve essere che il territorio appartiene ad ogni cittadino”. Indispensabili diventano dunque la costituzione di “comitati promotori” e le “attività delle associazioni” che dovrebbero accompagnare questo processo. Al momento, anche a causa della distanza, non sembra rientrare nei piani il coinvolgimento di Mongiana, Fabrizia e Nardodipace.

Mangialavori (Fi): Le domande di Franzè meritano una risposta

Continua a far discutere il “caso Franzé”. La nota stampa di ieri, con la quale l’ex assessore serrese chiedeva lumi sulla sua esclusione dalla Giunta, non ha rappresentato un’uscita estemporanea. Al contrario, sembra essere il tassello di un piano ben articolato che coinvolge anche i vertici di Forza Italia. Oggi, infatti, ad entrare nel dibattito è il Consigliere regionale, Giuseppe Mangialavori che, con un comunicato interviene a supporto delle ragioni di Franzé. Si tratta di un intervento discreto, nel quale, fin dalle prime battute, si evince il garbo ed il tatto di chi, pur affrontando la vicenda in punta di piedi, non rinuncia a ribadire le ragioni del compagno di partito.  “Premetto che non è mia intenzione interessarmi alla vita amministrativa delle municipalità. – Esordisce l’esponente azzurro - Considero, infatti, l’autonomia dei comuni principio inviolabile e inderogabile. Ma la vicenda dell’esclusione dalla nuova giunta del comune di Serra San Bruno di Carmine Franzè non può lasciarmi indifferente”. Pur non intendendo “ entrare nel merito della questione”, Mangialavori ribadisce  che “le domande che pone il consigliere Franzè meritano una risposta. Conosco la passione con cui egli ha assolto al suo ruolo di componente della giunta. I suoi principi di lealtà, il suo modo semplice e diretto di trattare ogni aspetto della vita amministrativa nel generale interesse della comunità. Nei discorsi politici di Carmine Franzè, Serra San Bruno è sempre al centro delle sue proposte politiche”. Oltre all’impegno amministrativo, Mangialavori, nella sua nota, evidenzia l’attività politica svolta da Franzé a favore di Forza Italia. “Posso testimoniare – aggiunge il Consigliere regionale - che il suo impegno a sostegno del centrodestra, alle recenti elezioni regionali, è stato come sempre generoso e puntuale. Franzè ha sempre operato con spirito libero e indipendente. Una libertà che si è manifestata nelle scelte ordinarie e non solo. Una libertà come dato politico fondante il suo stesso impegno. Ed ha sempre mantenuto uno spirito d’indipendenza molto prezioso”. Un passaggio che sembra, voler, evidenziare come il Sindaco Rosi, nulla possa rimproverare al suo ex assessore “la sua unica stella polare è sempre stata la buona amministrazione”. “Per tali ragioni – prosegue la nota - non posso che testimoniargli tutta la mia affettuosa vicinanza umana. Al contempo, non posso che stimolare la sua passione politica e invitarlo a continuare le sue battaglie politiche e amministrative”. Infine per Mangialavori “la Calabria per crescere deve iniziare a farlo dalle municipalità. E nelle municipalità c’è bisogno di persone come Carmine Franzè, amministratore probo e uomo di rara sensibilità. C’è bisogno di idee coerenti, tenacia amministrativa, costruttiva operosità; tutte qualità presenti nell’azione pubblica di Carmine Franzè”.

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