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Ragazzina stuprata in Calabria, i genitori sapevano ed hanno taciuto: il ruolo della società

Una vicenda inquietante, da cui gradualmente emergono particolari sempre più agghiaccianti e da cui si deduce come l’ambiente in cui si vive determina i comportamenti dei singoli nei momenti delicati. La storia della tredicenne violentata per tre anni dal branco a Melito Porto Salvo denota come la “malattia” che ha colpito la società moderna si manifesta in forme “deviate” in cui persino quello che dovrebbe essere l’amore familiare cede di fronte al vizio “imposto” dell’omertà e alle pressioni delle apparenze. Secondo quanto rivelato dal Corriere della Sera - che riporta alcuni passaggi dell’ordinanza che ha portato all’arresto dei giovani che, secondo le accuse, sarebbero i responsabili dello stupro – i genitori della ragazzina sarebbero stati al corrente degli abusi ma avrebbero “silenziato” il disagio della figlia. La liceale avrebbe lasciato la brutta copia di un tema, in cui avrebbe fatto emerge quanto le è accaduto, sulla scrivania. Lo scritto, letto dalla madre, sarebbe stato all’origine della confessione e la verità sarebbe stata raccontata successivamente anche al padre. I genitori avrebbero evitato di denunciare per timore di un possibile “discredito” per la famiglia che avrebbe portato ad un trasferimento in un’altra località. Fondamentale  ai fini delle indagini sarebbe stato, invece, il ruolo della scuola. A stimolare preoccupanti riflessioni è anche la condanna della ragazzina nei confronti dei genitori che prima non si sarebbero accorti dei suoi problemi e poi avrebbero cercato di affogarli nell’oblio. Cosa trasmette – viene da chiedersi – la società a due persone che costruiscono una famiglia, ma che mettono il dolore di una figlia dietro all’esigenza del “buon nome” all’interno della comunità? Dov’è il sistema di valori che dovrebbe accompagnare la società? O forse sono i “dis-valori” a prevalere? Da approfondire sono inoltre le origini della brutalità di 7 aguzzini che hanno cancellato la propria dignità di uomini liberando i loro animaleschi istinti su un corpo indifeso. Corpo che durante l’esistenza terrena subisce dolori e sofferenze, ma che accompagna un’anima che ognuno di noi, giorno dopo giorno, può decidere di sfiorare con la propensione al mantenimento della candidezza o sporcare con la vigliaccheria e l’infamia del sopruso.

Minorenne calabrese stuprata dal branco di farabutti: siamo tutti carnefici, siamo tutti vittime

Siamo tutti carnefici, siamo tutti vittime: ammutoliti da ciò che, con una tesi di comodo buona solo a difenderci da noi stessi, immaginiamo lontano ed ignoto, afferriamo con rapidità le parole ed i pensieri in grado di allargare le distanze con la sporcizia dell'essere umano. Come se non ci appartenesse, come se le turpitudini della vita fossero qualcosa di cui ignoriamo i rudimenti. No, non è così. Sappiamo bene di cosa stiamo parlando e lo sappiamo perché ciascuno di noi, attivamente o abbassando le saracinesche dello sguardo, porta il suo granellino di sabbia alla decomposizione di una società che produce tutto il male possibile, anche quello che genera travolgenti ondate di indignazione. Tredici anni, aveva solo tredici anni, la bambina (perché sì, è di una bambina che stiamo parlando) che a Melito Porto Salvo, ad un tiro di schioppo dalla Città Metropolitana (?) di Reggio Calabria, è stata piegata dalla brutalità di cui sono capaci i suoi simili. Teatro delle atrocità è stata la prima cittadina che, partendo dal capoluogo, si costeggia prima di arrivare nel cuore della fascia jonica. E' il profumo del mare a spadroneggiare, un profumo diventato olezzo insopportabile per la sventurata fanciulla che per due lunghissimi anni è stata assoggetta e resa schiava delle bestiali voglie di un branco di giovani e giovanissimi farabutti: tra loro il ragazzo a cui lei aveva affidato il proprio cordone sentimentale. Un vincolo che lui ha reciso con le forbici dell'infamia approfittando della condizione di dipendenza psicologica di cui era prigioniera la vittima. Venuto a galla il caso delle continue violenze sessuali di gruppo ai danni della giovanissima sventurata, è iniziata la corsa, da parte di commentatori ed opinione pubblica, alla lapidazione contro gli indegni balordi. Capiamoci, è un bene che ciò avvenga, purché non ci senta, per grazia divina, impermeabili alla vigliaccheria. In tanti, nelle ore successive, si sono scagliati contro la comunità di Melito Porto Salvo, rea di non essersi accorta di quel che stava succedendo sotto il proprio naso. Ma immaginiamo davvero che l'orrido abiti un pianeta diverso da quello nel quale ci muoviamo, tra barbarie quotidiana e pervicace schiacciamento dei valori? Pensiamo veramente che la donna, di qualunque età, goda oggi della dovuta protezione, del dovuto rispetto? O, lavandocene le mani, tranquillizziamo il nostro maschilismo culturale riducendo qualsiasi riflessione a quanto essa si sia emancipata nel corso dei decenni? Ed anche in questo caso, quante volte il riflesso condizionato ci conduce verso la scorciatoia dell'assoluta mancanza di riguardo, con le parole, i pensieri, le azioni? Sì, nel Terzo Millennio, siamo ancora lì a domandarci dove debba essere fissato il limite dell'autonomia della donna, quasi fosse da misurare con un metro, buono per delimitare il recinto dentro cui la sua libertà può essere affermata, purché non lo travalichi. E' un abuso ingiustificabile anche questo, uno stupro della dignità, perpetrato da menti che vivono nel buio della paura fabbricata dalla debolezza e dall'insicurezza. Il "maschio, che terrorizzato dalle ampie falcate dell'intelligenza femminile, si fa scudo con la becera forza fisica trovando riparo sotto il fragile tetto dell'incultura. A differenza delle "anime candide" che si sono stracciate le vesti mettendo in risalto la presenza, prepotente, di un rampollo della cosca Iamonte, questa storia ha in ballo qualcosa di molto più rilevante del condizionamento esercitato dalla 'ndrangheta: l'affermazione di un dominio senza freni, la scarsa considerazione dell'universo femminile che, brillando di luce propria, emana raggi talmente potenti da non essere sopportati dall'occhio spento dell'uomo. Fatta a brandelli la primitiva concezione dell'"appartenenza", lo scalcinato esercito maschile prova così a scavare trincee, oltre che con le infamie di cui si sono resi protagonisti i giovani di Melito, maneggiando sarcasmo e le leve del potere, ancora follemente nelle mani poco salde degli uomini. Intimidazioni e ricatti, proprio al pari di quelli compiuti dalle canaglie finite in manette, sono fulmini che ogni giorno rischiano di colpire le donne nel mezzo di tempeste scatenate da un patologico senso dell'orgoglio ferito. Se, e quando, riusciremo, a concepire ombrelli sufficientemente ampi da poter tutelare le donne dalla grandinata di rozza ignoranza, potremo, tutti, dirci al sicuro. Fino ad allora, la pioggia di vergogna non cesserà di cadere. 

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Prendono a bottigliate tre egiziani: identificati e denunciati alcuni componenti del “branco”

L’attività di indagine posta in essere dalla Polizia di Stato ha consentito di accertare l’identità di alcuni degli autori dell’aggressione subita da tre giovani egiziani. Nella serata di lunedì 22 febbraio 2016 infatti personale della Squadra Volante, é intervenuto  in Via Cattaneo a Cosenza in quanto poco prima tre giovani di nazionalità egiziana erano stati aggrediti da un gruppo composto da sette ragazzi, muniti di bottiglie di vetro. Le tre vittime dopo essere state insultate, minacciate ed inseguite, una volta raggiunte, sono state percosse alla testa con le bottiglie riportando ferite lacero contuse. Gli stessi, trasportati immediatamente presso il  Reparto di Pronto Soccorso del locale Nosocomio, sono stati trattenuti per gli opportuni accertamenti clinici. Le indagini esperite dal personale della Polizia di Stato dell’U.P.G.S.P. hanno permesso di  individuare  4 delle sette persone facenti parte del “branco”: un 19enne, due 18enni e un 17enne. Gli stessi sono stati infatti riconosciuti dalle vittime attraverso identificazione fotografica e  perciò deferiti all’Autorità giudiziaria per i reati di rissa aggravata, lesioni aggravate e porto di oggetti atti ad offendere. Sono in corso ulteriori indagini per giungere alla  compiuta identificazione di tutti gli autori dell’aggressione di gruppo. 

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Branco di minorenni aggredisce a calci e pugni un 15enne: responsabili individuati

Nella tarda serata di sabato personale della Squadra Volante e della Squadra Mobile è intervenuta in Corso Mazzini dove poco prima un ragazzo di 15 anni era stato aggredito da un gruppo composto da circa una quindicina di ragazzi coetanei, muniti di bombolette spray solitamente usate per gli scherzi di carnevale. L'episodio si è verificato a Cosenza. Il minore colpito con calci, pugni e con una bomboletta spray sulla fronte, ha riportato la frattura scomposta del IV metatarso destro, una ferita lacero contusa alla fronte poi suturata, escoriazioni multiple, con prognosi di 30 giorni. L'adolescente è stato ricoverato presso il Reparto di Chirurgia pediatrica per essere sottoposto ad intervento chirurgico alla mano destra. All’esito delle indagini condotte sono stati  individuati 5 dei minori facenti parte del branco. Saranno denunciati  in concorso tra di loro, per i reati di lesioni personali pluriaggravate. Sono in corso ulteriori indagini per arrivare alla  compiuta identificazione di tutti gli autori dell’aggressione di gruppo. 

 

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Pestato a Vibo rischia la paralisi. Originario delle Serre uno degli aggressori

C’è anche un ragazzo residente in un paese delle Serre tra i cinque aggressori che martedì scorso hanno pestato a sangue un ventenne, Angelo De Luca, di Acconia di Curinga. Secondo quanto riportato dall’edizione del Quotidiano del Sud,  il giovane, che frequenta l’istituto alberghiero di Vibo Valentia,  sarebbe stato malmenato da cinque suoi coetanei. In particolare, da quanto riferito dalla vittima ai carabinieri, ad assestare i colpi sarebbe stato uno degli aggressori, mentre gli altri quattro lo tenevano immobilizzato. Il pestaggio sarebbe stato consumato intorno alle 14, nell’area della stazione degli autobus. Portato a termine il loro raid, gli aggressori si sarebbero prontamente dileguati. Il ventenne, una volta ripresosi, ha raggiunto il pronto soccorso dell’ospedale di Vibo Valentia dove, è stato sottoposto ad una Tac che ha rilevato la frattura di una vertebra cervicale. I sanitari hanno, quindi, disposto il trasferimento nel reparto di neurochirurgia del nosocomio di Catanzaro dove dovrà essere sottoposto ad un delicato intervento chirurgico. Prima del trasferimento nel capoluogo di regione, De Luca ha raccontato quanto accaduto ai carabinieri che si sono tempestivamente messi sulle tracce degli aggressori, uno dei quali sarebbe già stato individuato. Si tratterebbe di un ragazzo residente nella zona delle Serre e non frequentante l’istituto alberghiero. Nel frattempo, le indagini per cercare di risalire all’identità degli altri componenti del branco starebbero procedendo speditamente. A quanto pare l’aggressione sarebbe da ricondurre a dissapori originati da ragioni sentimentali.

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