Nardodipace: crolla una casa nella frazione Ragonà, evacuata una famiglia

Poteva avere conseguenze ben più gravi il crollo di una casa disabitata verificatosi, intorno alle 20 di ieri, nella frazione Ragonà del comune di Nardodipace. La vecchia abitazione, caduta sotto l’impeto incessante della pioggia che si sta abbattendo anche sulle Serre, ha rischiato di trascinare con sé una casa limitrofa nella quale viveva una famiglia di quattro persone. Tanta paura e momenti di vera e propria angoscia che hanno reso necessario l’intervento dei carabinieri della locale stazione che, dopo aver portato i primi soccorsi, hanno provveduto a mettere in sicurezza l’area. Tempestivo anche l’intervento della polizia locale, dei pompieri e dell’amministrazione comunale. Giunti sul posto ed effettuato il sopralluogo, alla luce delle lesioni e delle crepe presenti sui muri, i tecnici dei Vigili del Fuoco non hanno potuto fare altro che certificate l’inagibilità dell’abitazione. Constatato lo stato di pericolo e l’impossibilità per gli occupanti di fare rientro nella propria dimora, l’amministrazione comunale ha provveduto a reperire una struttura alberghiera. In serata, madre, padre ed i due figli minorenni sono stati trasferiti in un hotel di Serra San Bruno dove hanno trascorso la notte. La permanenza nella cittadina della Certosa dovrebbe durare qualche giorno, anche perché, da quanto è stato possibile apprendere, il comune di Nardodipace si sarebbe già attivato per reperire un alloggio nel quale ospitare la sfortunata famiglia. Per quanto riguarda la situazione generale, sono state segnalate frane e piccoli smottamenti che non hanno, allo stato, pregiudicato la viabilità. In ogni caso, su tutto il territorio comunale gli uomini della polizia locale, coordinati, dal vice sindaco Albertò Franzé, sono impegnati nel monitoraggio delle situazioni potenzialmente a rischio.

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Paesi di Calabria: il fantasma di Nardodipace vecchio abitato

C’è una credenza, un luogo comune, una non verità che presenta tutte le fattezza dell’autenticità. E’ opinione assai diffusa, infatti, che la Calabria sia solamente sole, mare e ‘ndrangheta. Vi è, invece, una Calabria profonda, nascosta, inesplorata non solo ai visitatori, ai turisti, ma agli stessi calabresi. Un mondo appartato, fatto di storie sconosciute, di umanità dolenti, tenaci, restie a lasciare la terra dei padri. Luoghi segnati dal tempo, erosi dalla modernità, sfigurati da terremoti o alluvioni.

Una Calabria antica, arroccatasi sui monti per sfuggire alle incursioni saracene ed alle insidie della malaria. Una Calabria fatta di agricoltori, pastori e poco altro. Una Calabria segnata dalla miseria, dall’abbandono, dall’emigrazione e dall’ansia del ritorno. Abbarbicata sulla vallata percorsa dalle acque dell’Allaro sorge Nardodipace Vecchio Abitato, una delle cinque frazioni che compongono quello che fino a qualche anno addietro era considerato il paese più povero d’Italia.

Poche case, una chiesa, un canale per l’approvvigionamento idrico che taglia trasversalmente il centro abitato. Un paese semi deserto, quasi fantasma, pochi abitanti, un pugno di vecchi pervicacemente attaccati al loro passato, a povere case devastate dalle alluvioni. Lungo il percorso le strette ed anguste stradine, adagiate sul margine di un precipizio, fanno pensare ai muli, agli asini, agli animali da soma che dovevano condurre alle fatiche dei campi umili contadini.

Lasciata l’auto che a fatica si è fatta strada sulla ripida e stretta salita, una donna stupita, quasi spaesata sembra chiedersi chi siamo, come siamo arrivati.

Nardodipace vecchia non è certo una località turistica, non ha neppure il vantaggio di sorgere in prossimità di una via di comunicazione, tanto meno di essere un borgo di passaggio. Al contrario è uno di quei luoghi che si raggiungono solamente se dotati di buona volontà. Non ci si arriva per caso, non ci si va senza un motivo, ma difficilmente si ha un motivo per andarci.

Presa la breve discesa che porta in paese due sole donne che, sotto il peso degli anni trascinano il loro abito nero, quello che le calabresi di un tempo indossavano per non svestirlo mai più, danno al paese una sembianza di vita. Intorno desolazione ed abbandono. Qualche vecchio balcone in ferro battuto con incise le iniziali arrugginite di un proprietario che non c’è più. La chiesa ritinteggiata stride fortemente in un contesto arcaico, per certi versi, ancestrale. Gli stretti vicoli, le porte basse, quasi lillipuziane, esercitano il loro mistero. Ogni stradina sembra avere un pezzo di storia da raccontare. Gli usci spalancati su povere stanze polverose parlano di promiscuità, di tempi in cui uomini, donne, vecchi, bambini, animali e cose si contendevano pochi metri, pur di trovare rifugio dai rigori del rigido inverno. Arnesi arrugginiti, solai in continua sfida con la forza di gravità, ammuffiti e maleodoranti pagliericci popolano dimore di un regno invisibile. Una, due, tre porte color pastello recano incisi disegni invano insidiati dal tempo. Un silenzio indolente, quasi molesto. Un’atmosfera diacronica, irreale, a tratti inverosimile.

Chiudere gli occhi, restare immobili, scrutare con l’udito e lasciarsi rapire dalle note del vento; tutti gesti innaturali capaci di suscitare sensazioni, emozioni che riaprono un’inattuale regione dello spirito.

Il lento, faticoso gracchiare di una vecchia Ape Piaggio rammenta impietoso però, che quello non è più un paese dell’Ottocento, anche se ne conserva tutta l’apparenza.

Eppure non è un luogo dove il tempo si è fermato, anzi. Si è mosso, inclemente, impetuoso, ne ha alterato la fisionomia, ha rapito le persone lasciandovi solamente i loro fantasmi. Uno spazio sul quale pesano i segni del declino, dell’abbandono e contro i quali sono ormai in pochi a lottare, a resistere. A dispetto del tempo e della desolazione, sopravvive latente una percettibile fascinazione, una segreta attrazione. Nardodipace, il vecchio Nardodipace quello segnato dalle alluvioni e dalle catastrofi, nonostante tutto, come ha scritto Vito Teti, rappresenta uno di quei «luoghi moribondi o già morti, ma anche metafora di una storia di dissoluzione e contemporaneamente della voglia di presenza e di resistenza delle popolazioni».  

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Nardodipace, Loielo: "Abbandonati da Calabria Verde"

«Le innovative e proficue politiche per la crescita e lo sviluppo dei territori interni, soprattutto per i piccoli Comuni calabresi, non sono tardate ad arrivare dopo la elezione del nuovo Presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio. Non solo questo semestre dalle elezioni è passato completamente inosservato per le azioni positive intraprese, ma adesso dobbiamo assistere anche all’avvio di silenziose azioni punitive contro chi, in un Paese che ha la velleità di volersi chiamare ancora democratico, era apertamente schierato contro, non per mero ostruzionismo personale ma per un radicato e convinto pensiero politico diverso e distante dal centrosinistra». Non le manda certo a dire il sindaco di Nardodipace, Romano Loielo, che in una nota stigmatizza “l’abbandono”, dopo “oltre vent’anni”  di “quei meravigliosi giardini del verde pubblico nardodipacese realizzati e curati dagli operai dell’A.Fo.R. prima e di ‘Calabria Verde’ dopo”. Quelli che erano luoghi “ammirati dai visitatori al punto di definire la cittadina una ‘piccola Svizzera’ – scrive Loielo -  sono stati completamente abbandonati, dalla sera alla mattina e senza preavviso, né alcuna spiegazione logica!”. A nulla sarebbero serviti i “tentativi di mediazioni da parte dell’Amministrazione Comunale tesi a far desistere dall’assurda iniziativa i vertici aziendali”. Come se non bastasse “gli operai distaccati presso il verde pubblico sono stati spostati in siti privi di alcun interesse per la Comunità e per la stessa Azienda Regionale”. A ciò si aggiunga che “anche gli altri operai prima impegnati nella realizzazione di importanti opere di assestamento e manutenzione del territorio, quali la realizzazione di muri in pietra e gabbionate, la sistemazione di importanti strade interpoderali ed opere pubbliche di rilevante interesse, sono stati destinati a nuovi cantieri ubicati nel bosco o su altri siti per svolgere attività praticamente inutile!”. A questo punto, Loielo sottolinea come a “Nardodipace operino circa duecento operai idraulico-forestali i quali, dal 2007, svolgono esclusivamente opere di interesse pubblico sulla scorta di appositi ‘piani annuali di lavoro’ deliberati dalla Giunta Comunale ed acquisiti dall’Azienda Regionale”. Per il primo cittadino del borgo dei Megaliti “evidentemente la realizzazione di importanti opere pubbliche, che hanno dato lustro sia all’operato dell’Amministrazione Comunale che dell’Azienda Regionale, ha finito per urtare la suscettibilità di chi ha oramai dimostrato, soprattutto negli ultimi anni, di non ricercare affatto il bene della Comunità ma perseguire, invece, solo ed esclusivamente beceri interessi di parte!”. Del resto, la spiegazione ufficiosa ricevuta “verbalmente”, secondo la quale “tale operazione sarebbe dovuta ad una fase riorganizzazione dell’Azienda, la quale avrebbe deciso di spostare sul demanio regionale tutti gli operai in attesa di siglare le nuove convenzioni con gli Enti” non sarebbe convincente da momento che “attualmente gli operai sono comunque rimasti a lavorare sul territorio e sul suolo del Comune di Nardodipace, completamente abbandonati in siti privi di alcun interesse e, peraltro, a svolgere attività non deliberate dall’Amministrazione Comunale!”. Per Loielo quella messa in atto dai vertici di Calabria Verde sarebbe “un’azione ritorsiva” o addirittura “il dispettuccio che, per il tramite di qualche gerarchetto locale che non è mai riuscito ad ingoiare il rospo, si è voluto fare all’Amministrazione Comunale, colpendo indiscriminatamente, tuttavia, l’intera Cittadinanza. Una cittadinanza che ha reagito fermamente a tale assurda iniziativa, attrezzandosi ed organizzandosi per curare almeno quello splendido verde pubblico che senza alcun rimorso l’Azienda Regionale ha improvvisamente abbandonato”. Così “un gruppo di cittadini, tra i quali anche dipendenti comunali e operai di Calabria Verde, si sono organizzati per tagliare l’erba e potare le siepi dei giardini pubblici, fuori dall’orario di lavoro e completamente gratis”. A tali cittadini ed al suo vice Alberto Franzé, Loielo indirizza il proprio “plauso” per aver dimostrato "quanti ingiusti ed errati siano i pregiudizi che spesso vengono attribuiti alla Comunità nardodipacese”. Un ringraziamento indirizzato a nome “dell’Amministrazione Comunale” e “dell’intera Cittadinanza” a tutti coloro i quali con il loro “gesto” hanno dato prova di “profondo amore per il patrimonio pubblico e per il nostro piccolo paese, fatto di gente che vorrebbe vivere serenamente ed in pace in questo splendido ed incontaminato borgo di montagna”. La nota si chiude con un sarcastico “ringraziamento” indirizzato alla “ ‘Calabria Verde’ per l’encomiabile trattamento che ci ha riservato, nonché quei patetici gregarietti locali che, ottusi sino all’inverosimile, non riescono a comprendere che con i dispettucci ai quali oramai tutti ci siamo abituati non riusciranno mai a conquistare il consenso della gente comune e perbene”.

Nardodipace, ecco i nomi della commissione d’accesso

Il marasma e la sete di verità generati dall’inchiesta sulle truffe all’Ue, allo Stato ed alla Regione Calabria fanno ancora rumore. Eccome. Per quello che è noto come il paese più povero d’Italia arriva la terza commissione d’accesso in un pugno di anni, quasi a dimostrare che in questa realtà occorre vederci chiaro. La scelta conferma la fermezza del prefetto Giovanni Bruno e quel suo spirito d’iniziativa che molti amministratori nel Vibonese non sembrano del tutto gradire. Un decisionismo che a queste latitudini a qualcuno fa paura, ma che produce ammirazione e rispetto  nella gente comune. Le attività della commissione, che dovrebbero avere una durata di tre mesi, saranno condotte dal viceprefetto Anna Aurora Colosimo, dal capitano Stefano Esposito Vangone che è il comandante della Compagnia dei carabinieri di Serra San Bruno, dal tenente della Guardia di Finanza Giovanni Torini e dall’esperto dell’Università della Calabria Domenico Fuoco. Il loro compito sarà quello di fare luce su quanto accaduto nel paese dei megaliti che, dopo le indagini volte a verificare eventuali infiltrazioni mafiose, stavolta subisce quelle mirate ad accertare irregolarità di carattere contabile e finanziario. Ennesima tegola, dunque, per l’amministrazione che Romano Loielo sembrava poter guidare in scioltezza dopo aver sbaragliato, con i consensi regalatigli dai cittadini, gli avversari politici.

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