Indebite percezioni di finanziamenti pubblici: sequestrati beni per 345.000 euro

Quindici imprenditori responsabili di “truffa aggravata per il conseguimento di indebite erogazioni pubbliche” sono stati destinatari di un provvedimento di sequestro preventivo emesso da Tribunale di Crotone, ad epilogo di un’attività di indagine di polizia giudiziaria ed economico finanziaria effettuata dalle Fiamme Gialle della Compagnia della Guardia di Finanza di Crotone. 

L’esecuzione del provvedimento ha permesso di pervenire al sequestro di denaro e beni immobili per un valore complessivo di 345.000 euro.

Trattasi di una complessa ed articolata attività ispettiva eseguita nei confronti di numerosi imprenditori del crotonese, volta a verificare la legittimità delle percezioni di finanziamenti comunitari. 

Gli accertamenti eseguiti dalle Fiamme Gialle hanno permesso di rilevare, a carico dei percettori dei finanziamenti, delle responsabilità di natura sia penale che amministrativa, per aver presentato le istanze di accesso ai contributi comunitari giustificandole attraverso il perfezionamento di contratti con soggetti che sarebbero deceduti in epoca antecedente alla stipula e/o utilizzando atti comunque falsi. 

Sotto il profilo amministrativo sono state segnalate all’ente erogatore, ai fini dell’avvio delle procedure di recupero, indebite percezioni dei contributi comunitari, per un ammontare di 2.385.602,51 euro. È stata altresì inoltrata alla Procura Regionale della Corte dei Conti di Catanzaro, apposita segnalazione di danno erariale per un ammontare di 1.479.384,07 euro.

Sequestro di beni per 11 milioni di euro ad un’impresa del settore dei biocarburi

Nell’ambito della quotidiana lotta agli sprechi di denaro pubblico, i finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro hanno sottoposto a sequestro, su disposizione della Procura regionale della Corte dei Conti del capoluogo calabrese, beni immobili per un valore di oltre 11 milioni di euro (valore prudenzialmente stimato) nei confronti di tre soggetti titolari di un’impresa, con sede, tra le altre, a Lamezia Terme, operante nel settore della produzione di biocarburanti. 

L’attenzione delle Fiamme Gialle si è concentrata sulla citata impresa industriale destinataria di finanziamenti comunitari e nazionali. In particolare, la società ha beneficiato di agevolazioni finanziarie a fondo perduto, a carico dei fondi strutturali, concesse dal Ministero dello Sviluppo economico per la realizzazione di un programma di investimento localizzato in provincia di Catanzaro, per un importo di quasi 15 milioni di euro, di cui oltre 11 milioni già percepiti. 

L’attività di accertamento, posta in essere nell’ambito di una vertenza della Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti di Catanzaro, a sua volta scaturita da un’indagine di carattere penale della Procura ordinaria del medesimo capoluogo calabrese, ha consentito di evidenziare condotte illecite sotto il profilo contabile sul non corretto impiego dei fondi comunitari percepiti per altri scopi, cagionando così un danno erariale accertato di oltre 11 milioni di euro. 

I beni colpiti da vincoli, siti in varie regioni del centro e sud-italia, fanno capo alla società ed ai soggetti responsabili coinvolti nel procedimento. 

 

'Ndrangheta: una lussuosa villa tra i beni confiscati alla cosca Crea di Gioia Tauro

Nell’ambito della lotta all’illecita accumulazione di ricchezze, la Polizia di Stato ha proceduto, nei giorni scorsi, a dare esecuzione ad un provvedimento di confisca di beni emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria.

La misura, avviata su proposta del Questore della città dello Stretto, ha colpito i patrimoni illeciti nella disponibilità dei principali esponenti della potente e pericolosa cosca Crea, attiva nella piana di Gioia Tauro.

L’attività rappresenta la naturale evoluzione delle indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e coordinate dalla DDA reggina, a conclusione delle quali, il 4 giugno 2014, era stata data esecuzione a una’ordinanza, emessa dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria, con la quale erano state disposte, nei confronti di 16 persone, le misure della custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari per i delitti di associazione di stampo mafioso, estorsione aggravata, intestazione fittizia di beni e truffe all’ Unione europea.

Tra i destinatari del provvedimento restrittivo, Teodoro Crea di 77 anni, ritenuto dagli investigaori il capo storico della famiglia, Antonio Crea detto “u Malandrinu” e Domenico Crea detto “Scarpa Lucida”, legati da vincoli di parentela con il presunto capo della consorteria criminale. Nell’occasione erano stati colpiti, inoltre, tre ex amministratori pubblici del Comune di Rizziconi.

 In particolare, l’attività investigativa ha evidenziato l’assoluta egemonia della cosca Crea, esplicata sul territorio come una vera e propria “signoria”, sia nell’esercizio delle tradizionali attività criminali che nel totale condizionamento della vita pubblica, tanto da determinare, nel 2011, lo scioglimento del Consiglio comunale di Rizziconi.

Il provvedimento ablatorio ha interessato una lussuosa villa, sita nel comune di Rizziconi, e una polizza assicurativa intestati a Marinella Crea, di 40 anni, figlia di Teodoro.

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Scacco alla cosca Arena: sequestrati beni, società, disponibilità finanziarie per 2,5 milioni di euro

A seguito di indagini patrimoniali - coordinate dal procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, dal procuratore aggiunto presso la D.D.A., Vincenzo Luberto e dal sostituto procuratore della D.D.A. di Catanzaro,Domenico Guarascio - la Compagnia della Guardia di Finanza di Crotone ha sottoposto a sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, un patrimonio di circa 2,5 milioni di euro, nei confronti dei massimi esponenti della cosca Arena di Isola Capo Rizzuto. 

In data odierna, infatti, le Fiamme Gialle della Compagnia hanno dato esecuzione alla misura di prevenzione patrimoniale, emessa dal Tribunale di Crotone - Sezione Misure di Prevenzione – su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, ai sensi della normativa antimafia, disposizioni di cui al D. Lgs. 159/2011. 

Tale normativa prevede l’applicazione delle misure di prevenzione, anche patrimoniali, a carico di soggetti ritenuti, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi, ovvero, che per la loro condotta ed il loro tenore di vita, debbano ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con proventi di attività delittuosa. 

In particolare, le indagini patrimoniali sono state espletate dai finanzieri nei confronti di: 

• ARENA Nicola, classe 1937; 

• ARENA Massimo, classe 1965

• ARENA Pasquale, classe 1967; 

• ARENA Salvatore, classe 1991; 

• PONISSA Francesco, classe 1960; 

• TARASI Luigi classe, 1963; 

Condannati a vario titolo, ad esclusione dell’Arena Pasquale, per i reati di turbata libertà degli incanti, estorsione, usura, caratterizzati dalla circostanza aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso. 

Inoltre, le indagini sono state ampliate a tutti quei soggetti individuati dalle Fiamme Gialle quali prestanome della predetta locale di 'ndrangheta, avendo questi ultimi intestato in modo fittizio beni mobili ed immobili riconducibili al sodalizio criminale di Isola Capo Rizzuto. 

A tale importante risultato i finanzieri sono pervenuti ponendo in essere complesse ed articolate indagini di polizia giudiziaria ed economico finanziaria espletate attraverso un capillare controllo economico del territorio, effettuato mediante pedinamenti, osservazioni, accertamenti bancari e l’incrocio delle informazioni acquisite con i dati rilevati dalle banche dati in uso al Corpo della Guardia di Finanza. 

Nello specifico, l’esecuzione dell’atto giudiziario ha portato al sequestro, da parte delle Fiamme Gialle dei seguenti beni: 

• n. 14 Fabbricati, di cui: 

o  n. 2 in Isola di Capo Rizzuto; 

o  n. 2 in località Fratte di Isola di Capo Rizzuto; 

o  n. 5 unità immobiliari in località Capo Rizzuto di Isola di Capo Rizzuto ; 

o  n. 2 in località Le Cannella di Isola di capo Rizzuto; 

o  n. 3 in Suardi (Pavia). 

• n. 1 terreno agricolo ubicato in Suardi. 

• n. 1 società in nome collettivo, attiva nel settore della coltivazione mista di cereali ed ortaggi; 

• n. 2 ditte individuali, di cui: una attiva nel settore della coltivazione mista di cerali ed ortaggi; una operante nel settore del commercio all’ingrosso di prodotti alimentari e bevande. 

• Molteplici quote societarie, polizze assicurative, conti corrente, conti deposito titoli e obbligazioni. 

Il Tribunale di Crotone, nel decretare il sequestro dei predetti beni il cui valore complessivo è stimato per circa 2,5 milioni di euro, ha fissato la discussione sul merito della proposta all’udienza del 23.03.2017 ai fini della confisca, quale epilogo finale dell’illecito arricchimento. 

‘Ndrangheta, Operazione “Epilogo”: sequestrati beni per 260.000 euro

La Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Regio Calabria ha ottenuto dalla Sezione Misure di Prevenzione del locale Tribunale un provvedimento di confisca preventiva di beni mobili ed immobili per un valore di circa 260.000 euro riconducibili al patrimonio di Francesco Sgrò, 50enne di Reggio Calabria, e del suo nucleo familiare.

I carabinieri del Reparto Operativo del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione al provvedimento nei confronti dello Sgrò, ritenuto appartenente alla ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata “cosca Serraino”, operante in particolare nella zona di Cardeto e nel comune di Reggio Calabria, con il ruolo di pianifìcatore dell’attività illecita del sodalizio criminoso, specie nell’ambito dei furti e della ricettazione di autovetture, con compiti di intermediazione (nel ricevere le “ordinazioni” di automezzi o materiale vario successivamente venduti a terze persone), nonché di approvvigionamento di armi, munizioni e materiali esplodenti per conto della cosca.

L’attività costituisce la prosecuzione dell’operazione convenzionalmente denominata “Epilogo”, nell’ambito della quale lo Sgrò viene indagato e successivamente condannato, con sentenza emessa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria in data 29.5.2014, alla pena di 8 anni e 8 mesi di reclusione, per associazione di tipo mafioso e porto abusivo e detenzione di armi. L’operazione “Epilogo” è stata condotta dai carabinieri, a seguito dell’attentato alla Procura Generale di Reggio Calabria compiuto il 3 gennaio 2010, ed ha consentito di individuare una componente organica della cosca Serraino della “locale” di San Sperato (quartiere di Reggio Calabria) e del territorio di Cardeto, di definirne gli indirizzi criminali e di far luce sugli episodi che destarono grande allarme sociale, quale appunto l’attentato alla Procura Generale e l’incendio dell’autovettura del giornalista Monteleone.

L’odierno provvedimento, scaturito dalle risultanze investigative patrimoniali del Reparto Operativo dei carabinieri reggini, che hanno consentito di accertare illecite accumulazioni patrimoniali, riguarda beni consistenti in:

– un’abitazione ubicata in Reggio Calabria;

– svariati rapporti bancari, titoli obbligazionari, polizze assicurative riconducibili ai destinatari del provvedimento.

L’ombra della ‘ndrangheta all’Expo 2015: perquisizioni e sequestri di beni per 15.000.000 di euro

Una vasta operazione anticrimine, condotta dagli uomini della Guardia di Finanza del Comando provinciale di Reggio Calabria, è in corso nelle provincie di Milano, Reggio Calabria, Catanzaro, Catania, Bergamo, Bologna, Brescia e Mantova, nei confronti di un gruppo di persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, riciclaggio, estorsione, induzione alla prostituzione, detenzione illecita di armi da fuoco, con l’aggravante del metodo mafioso, operanti in diversi comuni della Calabria, Lombardia ed Emilia Romagna. L’indagine, condotta sotto la direzione della DDA di Reggio Calabria, prende le mosse da un’intensa attività investigativa volta a disarticolare un sodalizio criminale calabrese, dedito al controllo di diverse attività economiche fittiziamente intestate a soggetti compiacenti aggiudicandosi, anche con il ricorso di metodi mafiosi, appalti e/o sub-appalti per la realizzazione di opere importanti. Tra queste, l’organizzazione criminale, attraverso “anonime società del nord Italia” si è occupata della realizzazione dei padiglioni della Cina e dell’Ecuador, delle opere di urbanizzazione e delle infrastrutture di base nella fiera Expo 2015, del subappalto per la società Ferrovie del Nord, dell’ipermercato di Arese e del consorzio di Bereguardo. L’operazione, convenzionalmente denominata “Rent”, ha interessato, per la specificità dell’organizzazione indagata, sia l’ambito nazionale che quello internazionale. Proprio in ordine a tale ultimo aspetto, nel corso dell’attività investigativa sono stati monitorati ulteriori lavori per la realizzazione di un complesso turistico-sportivo, in località Arges Pitesti (Romania) e del resort Molivişu, per un valore complessivo di 80 milioni di euro di cui 27 a carico dell’Unione Europea, nonché di un immobile in Marocco. L’attività ha delineato, pertanto, una complessa attività criminosa posta in essere da soggetti contigui alle cosche di ‘ndrangheta e segnatamente alle cosche Aquino/Coluccio sedenti in Marina di Gioiosa Jonica e aree limitrofe e Piromalli-Bellocco, operative in Rosarno. Molti dei componenti sono già stati destinatari del provvedimento restrittivo emesso dalla Procura di Milano – DDA nell’ambito dell’operazione “Underground” eseguita lo scorso 3 ottobre dalla Guardia di Finanza di Milano. Oltre al provvedimento di perquisizione, sono stati eseguiti i sequestri patrimoniali di beni immobili (appartamenti e locali), mobili, mobili registrati (autoveicoli di lusso, motoveicoli e autocarri), società, polizze assicurative e conti correnti bancari e postali, per un valore prudenzialmente stimato in oltre 15.000.000 di euro. L’esecuzione dei provvedimenti cautelari reali risponde ad una precisa strategia della DDA, consistente nel richiedere agli uomini della Guardia di Finanza del Gruppo di Locri lo svolgimento anche di accertamenti patrimoniali nei confronti degli indagati, al fine di sottrarre loro le ingenti risorse economiche frutto di investimenti effettuati con proventi illeciti e colpire, quindi, in maniera incisiva il sodalizio criminale ed i soggetti prestanome (spesso legati da vincoli di parentela e/o affinità) utilizzati come fittizi intestatari dei beni.

 

'Ndrangheta. Operazione "Free boat-Itaca": sequestrati azienda agricola e terreni a Soverato

Beni per un valore di circa due milioni di euro sono stati sequestrati dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, in esecuzione di un provvedimento emesso dal gip presso il Tribunale, su richiesta del procuratore aggiunto Vincenzo Luberto e del sostituto procuratore Vincenzo Capomolla della Procura distrettuale di Catanzaro coordinata dal procuratore della Repubblica Nicola Gratteri. Destinatari della misura ablativa sono due soggetti di Badolato, in provincia di Catanzaro, già arrestati nell’estate del 2013 nell’ambito della nota operazione denominata "Free boat-Itaca", che ha visto coinvolte 25 persone, di cui alcune sospettate di affiliate alla cosca Gallace/Gallelli di Guardavalle ed altre, tra cui imprenditori e professionisti, presunti fiancheggiatori della stessa. Le indagini condotte dai finanzieri del G.I.C.O. di Catanzaro hanno permesso di dimostrare, secondo gli inquirenti, come i due indagati, al fine di eludere le disposizioni normative in materia di misure di prevenzione ed evitare, pertanto, la sottrazione del loro patrimonio da parte dell’autorità giudiziaria, hanno fittiziamente intestato alcuni beni ad un soggetto terzo prestanome. I beni complessivamente sequestrati comprendono disponibilità finanziarie, tre vasti terreni di circa 240.000 mq e un’azienda agricola, situati nel comune di Soverato, il tutto per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro. 

Evasione fiscale e bancarotta fraudolenta: sequestrati beni per 7,5 milioni di euro

La Guardia di Finanza ha posto sotto sequestro beni e valori per un totale superiore ai 7 milioni di euro nei confronti di due società accusate di reati di bancarotta fraudolenta ed evasione fiscale. Gli amministratori legali delle società, operanti nel settore edile, dal 2010 ad oggi, avrebbero omesso di presentare le dichiarazioni dei redditi ed attuato un iter distrattivo e di alienazione dei beni posseduti e della titolarità delle quote, al fine di sottrarsi agli obblighi fiscali. Le società, secondo la ricostruzione delle Fiamme Gialle della Compagnia di Rossano, una volta costituite, operavano regolarmente sul mercato per un paio d’anni per poi essere cedute con contestuale “svuotamento” del patrimonio aziendale e cessione dei beni strumentali alla produzione. Ne sarebbe derivata una condizione di insolvenza in danno ai creditori e l’inevitabile fallimento. Al fine di rendere maggiormente difficoltosa la ricostruzione della bancarotta fraudolenta le società sarebbero state o intestate a soggetti esteri e la sede legale trasferita fittiziamente in località di mero comodo. La ricostruzione delle attività di impresa sarebbe stata ostacolata, inoltre, attraverso la distruzione o la denuncia di smarrimento dello scritture contabili obbligatorie per legge. Al termine dell’attività investigativa, in esecuzione di un decreto emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari su richiesta del Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Castrovillari, sono stati posti sotto sequestro preventivo “per equivalente” beni per circa 7.500.000 euro, riferibili agli amministratori legali delle due società e considerati dagli investigatori come il frutto delle condotte criminose omissive degli obblighi tributari materializzate dalle due compagini societarie. Tra i beni sequestrati figurano abitazioni, rapporti bancari, quote societarie, terreni, magazzini, depositi, auto e moto di lusso e mezzi pesanti da lavoro, alcuni dei quali erano stati alienati dalle due società ad altre compagini, riconducibili agli stessi amministratori, poco prima della dichiarazione di fallimento. Le accuse rivolte agli amministratori coinvolti sono di bancarotta fraudolenta, omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali e di occultamento e distruzione delle scritture contabili obbligatorie.

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