Beni per 100 mila euro sequestati ad un'associazione culturale

I finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo ‘per equivalente’ del valore di 100 mila euro.

La misura è stata disposta dal gip presso il tribunale di Reggio Calabria, a carico di un'associazione culturale reggina nonché del suo Presidente.

Il provvedimento giudiziario, richiesto dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, è stato emesso al termine di un articolato controllo in materia di spesa pubblica, condotto dal Nucleo di polizia tributaria di Reggio Calabria nei confronti di un ente no- profit che aveva percepito dalla Provincia di Reggio Calabria, 100 mila euro. La somma era stata erogata in relazione a due manifestazioni di promozione sociale e culturale, svoltesi nel 2012 e 2013.

Nel corso dell’attività ispettiva,  condotta sia mediante la verifica di tutti i documenti di spesa presentati all’ente provinciale per il relativo rimborso, sia attraverso l’analitico riscontro dei pagamenti, i finanzieri della Sezione tutela spesa pubblica  avrebbero accertato una serie di gravi irregolarità.

In particolare, i documenti giustificativi delle spese imputate per l’organizzazione degli eventi sarebbero risultati in tutto o in parte irregolari, non veritieri o, comunque, non conformi a quanto richiesto dalla specifica normativa vigente in merito.

A conclusione delle indagini, il rappresentante legale dell’associazione è stato segnalato alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria per i reati di falso e truffa aggravata, ipotizzando a carico dell’associazione culturale violazioni al in tema di responsabilità amministrativa delle società.

 

 

 

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‘Ndrangheta: sequestrati beni per un valore superiore ai 5 milioni di euro

Militari del Comando provinciale di Reggio Calabria e del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata di Roma, coordinati dalla locale Procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito due provvedimenti emessi dalla Sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria, con i quali è stata disposta l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro su beni e rapporti finanziari per un valore complessivo stimato di circa 5,5 milioni di euro.

Oggetto del sequestro, i patrimoni intestati o riconducibili a Francesco Gattuso e Demetrio Menniti.

In particolare, sono state sottoposte a sequestro: imprese commerciali, 2 edifici (per un totale di 14 unità immobiliari), 2 fabbricati in costruzione, 9 terreni, nonché 4 polizze e 66 rapporti bancari.

Le figure  di Gattuso e Menniti erano emerse nel corso delle indagini esperite nell’ambito dell’ operazione “Crimine”. Entrambi erano stati arrestati nel 2010, insieme ad altre 119 persone,  per associazione per delinquere di tipo mafioso, in quanto ritenuti organici alla “locale” di ‘ndrangheta operante nelle frazioni del capoluogo reggino di “  Croce Valanidi - Oliveto - Trunca – Allai”.

Gattuso è indicato quale personaggio di altissimo livello della “Società maggiore” della ‘ndrangheta, con il ruolo di direttore e organizzatore della “locale” e con il potere di attribuire le cosiddette “doti di ‘ndrangheta”.

Nel corso della attività investigative che hanno portato al sequestro dei beni la guardia di finanza è riuscita ha ricostruire ed individuare i patrimoni nella disponibilità, diretta o indiretta, di Menniti e Gattuso.

Alla luce delle risultanze che hanno evidenziato la pericolosità sociale “qualificata” dall’appartenenza ad un’ associazione mafiosa è stato, quindi, disposto il provvedimento di sequestro di beni, la cui gestione è stata affidata ad amministratori giudiziari nominati dal tribunale.

'Ndrangheta: sequestrato un milione di euro a tre professionisti

Personale dei Comandi provinciali dell’Arma dei Carabinieri e della guardia di finanza di Reggio Calabria ha eseguito, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica, tre provvedimenti con cui è stato disposto il sequestro finalizzato alla confisca di beni per un ammontare complessivo pari a circa un milione di euro, nei confronti degli avvocati Giulia Maria Rossana Dieni e Giuseppe Putortì, nonché del commercialista Rosario Spienella, ritenuti legati, a vario titolo, alla cosca di ‘ndrangheta “Alampi”, operante nella città di Reggio Calabria.

In particolare, Dieni e l’ex marito Putortì, il 22 luglio 2014,  sono stati destinatari di un’ordinanza di applicazione di misura cautelare e sequestro preventivo emessa dal tribunale sezione gip di Reggio Calabria nell’ambito dell’ operazione “Rifiuti Spa 2”. I due professionisti, nel 2006, sono stati condannati in primo grado alla pena di 8 anni di reclusione " per aver fatto parte di un'articolazione territoriale della 'ndrangheta”.

Secondo l’accusa, i due, recandosi, quali difensori di  Matteo Alampi, a sostenere i colloqui in carcere avrebbero fornito “uno stabile e concreto contributo al mantenimento ed al rafforzamento dell'articolazione territoriale della 'ndrangheta facente capo Matteo Alampi, prestandosi in modo consapevole e sistematico a fare da postini, nonché da portatori di messaggi e notizie recanti le specifiche direttive impartite dal carcere da Alampi ai sodali non detenuti".

In seguito a specifiche e articolate indagini patrimoniali svolte dal Nucleo investigativo dei carabinieri sono stati emessi, dalla Sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria, i provvedimenti con i quali è stato disposto il sequestro di conti correnti, carte di credito, polizze e vari prodotti finanziari per un valore complessivo stimato in: 220 mila euro a Giulia Maria Rossana Dieni e 569 mila euro a Giuseppe Putortì.

A Spinella, anche lui destinatario il 22 luglio 2014,  dell’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa nell’ambito dell’operazione “Rifiuti Spa 2” e in seguito condannato alla pena di anni 8 di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, poiché quale custode/amministratore di una serie di società sottoposte a sequestro e in concorso con soggetti facenti parte della cosca “Alampi” avrebbe consentito la presenza quasi quotidiana del capocosca Giovanni Alampi presso la sede delle imprese e l’intromissione nelle scelte aziendali più importanti ai medesimi soggetti ai quali le imprese erano state confiscate. Il commercialista avrebbe emesso, inoltre, fatture per operazioni inesistenti al fine di costituire fondi neri da erogare alla cosca, sviando l’utilizzo dei mezzi delle imprese confiscate per altri fini cui erano a vario titolo interessati i precedenti proprietari mafiosi. Il tutto aggravato dall’aver commesso il fatto abusando delle pubbliche funzioni.

In relazione a tali risultanze, il Gruppo tutela economia del Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza ha svolto approfondimenti, che hanno permesso di accertare che Spienella in qualità di custode/amministratore giudiziario di 4 società, si era indebitamente appropriato di somme presenti sui conti correnti delle imprese per pagare a se stesso parcelle relative a prestazioni professionali per le quali era già stato remunerato dall’Autorità giudiziaria.

Le risultanze investigative hanno portato, quindi, al sequestro preventivo delle disponibilità finanziarie, riconducibili a Rosario Spinella, fino alla concorrenza della somma di 193.685,26 euro.

Complessivamente il Nucleo investigativo carabinieri e il Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Reggio Calabria hanno proceduto all’esecuzione, nei confronti dei tre professionisti reggini, di misure di prevenzione patrimoniali per un valore stimato pari a 982.685,26 euro.

Sequestrati beni per oltre 5 milioni di euro a esponente di spicco della cosca 'ndranghetista “Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo”

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno eseguito un provvedimento di sequestro emesso dalla Sezione specializzata Misure di Prevenzione del tribunale ordinario di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia capitolina, nei confronti di Domenico SCARFONE, esponente apicale del clan ‘ndranghetista MAZZAGATTI-POLIMENI-BONARRIGO, locale di Oppido Mamertina (RC), recentemente condannato dalla Corte d’Assise di Palmi e detenuto dal novembre 2013.

In particolare, le indagini patrimoniali eseguite dai Finanzieri della Compagnia di Velletri hanno tratto origine dal provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla D.D.A. di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione «ERINNI», condotta nel 2013 dai Carabinieri di Reggio Calabria, per reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, omicidi, intestazioni fittizie di beni e investimento di denaro di provenienza illecita nel mercato immobiliare romano. Infatti, la cosca, cui il sessantenne calabrese apparteneva almeno dal 1989, ha investito, ed espanso i propri interessi in altre regioni, specialmente nel Lazio, proprio grazie alla “dinamicità imprenditoriale” del prevenuto e al fatto che lo stesso si fosse stabilito nel comune di Genzano di Roma da qualche decennio. In particolare è ai Castelli Romani, alle porte di Roma, che quest’ultimo riciclava prevalentemente le ingenti disponibilità frutto delle diverse attività criminali, provvedendo, grazie alla contiguità con avvocati e soggetti gravitanti nel modo delle aste giudiziarie e delle procedure fallimentari a trarre vantaggi dai pubblici incanti e ad assicurarsi beni che poi, con la collaborazione di una fitta rete di persone compiacenti, venivano intestati a terzi per occultarne la reale disponibilità.

Di particolare rilievo nella complessiva gestione del patrimonio illecitamente accumulato è la figura della ex moglie dello SCARFONE che, nonostante l’intervenuta separazione, ha continuato, come ammesso dallo stesso, a «tenere la cassa», tanto che anche la consorte è stata attinta dal provvedimento di custodia cautelare in carcere del 2013. Considerati i plurimi elementi emersi sul conto del soggetto, sono stati eseguiti mirati approfondimenti economico-patrimoniali nei confronti di numerose persone fisiche e giuridiche, finalizzati alla ricostruzione dell’intero patrimonio nella disponibilità dello SCARFONE, sia direttamente che indirettamente, non soltanto allo scopo di cristallizzare la ricchezza attualmente posseduta, ma anche per evidenziare le relative fonti di produzione e accertare, di conseguenza, l’evidente sproporzione esistente tra la consistenza patrimoniale e i redditi ufficialmente dichiarati al fisco.

La minuziosa ricostruzione operata ha consentito di ricondurre l’ingente patrimonio, apparentemente nella titolarità di altri soggetti (familiari e terzi compiacenti) alla reale disponibilità del proposto. Particolarmente utili alle indagini patrimoniali sono risultate le evidenze acquisite dall’approfondimento delle indagini tecniche svolte nel predetto procedimento penale a carico del soggetto, incrociate con le molteplici informazioni disponibili alle banche dati in uso alla Guardia di Finanza. I finanzieri della Compagnia di Velletri, grazie anche al supporto di altri Reparti del Corpo sul territorio nazionale, hanno dato esecuzione, nei giorni scorsi, alla misura di prevenzione patrimoniale emessa dal Tribunale di Roma e, contestualmente, a 20 perquisizioni locali disposte dalla Procura veliterna, provvedendo a cautelare: - 27 immobili (ubicati nei comuni di Roma, Albano Laziale, Genzano di Roma, Ariccia e Lampedusa); - elevate disponibilità finanziarie, azioni e obbligazioni societarie, per un valore complessivo di oltre 5 milioni di euro. 

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'Ndrangheta: confiscati beni per un valore di 21 milioni di euro

A seguito di indagini patrimoniali - coordinate dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, dal Procuratore Aggiunto presso la Dda,Vincenzo Luberto e dal Sostituto Procuratore della Dda di Catanzaro, Domenico Guarascio - la Compagnia della guardia di finanza di Crotone ha sottoposto a confisca un patrimonio di circa 21 milioni di euro, nei confronti di  Francesco Anselmo Cavaretta. Il destinatario del provvedimento, cui è stato applicata anche la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, è ritenuto contiguo alla cosca di ‘ndrangheta della famiglia Arena di Isola Capo Rizzuto. La misura di prevenzione personale e patrimoniale, è stata emessa dal Tribunale di Crotone su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.

Già nel luglio 2016, le fiamme gialle avevano dato esecuzione, all’applicazione del sequestro anticipato di beni mobili, immobili ed aziende nella disponibilità diretta ed indiretta dello stesso imprenditore in virtù dei riscontri documentali raccolti dai finanzieri della Compagnia di Crotone. Secondo l’accusa, Cavarretta si sarebbe inserito nell‘economia legale, favorito da soggetti “intranei” alla criminalità organizzata, utilizzando ingenti liquidità finanziarie, frutto di proventi illeciti derivanti da contributi statali, europei e rimborsi Iva, erogati a imprese commerciali a lui riconducibili.

A tale importante risultato le fiamme gialle sono pervenute ponendo in essere complesse ed articolate indagini di polizia giudiziaria ed economico finanziaria espletate con l’ausilio di estesi accertamenti bancari e l’incrocio delle informazioni acquisite con i dati rilevati dalle banche dati in uso al Corpo della guardia di finanza.

Nello specifico, l’esecuzione dell’atto giudiziario, da parte dei finanzieri, ha portato all’applicazione della misura di  prevenzione della sorveglianza speciale, nei confronti del Cavarretta, con obbligo di soggiorno, per la durata di tre anni, nonché, alla confisca, di numerosi beni immobili, diversi esercizi commerciali organizzati in compagini societarie a responsabilità limitata, operanti nel settore turistico, alberghiero, di ristorazione, bar e similari, nonché, di molteplici quote societarie, relative ad imprese operanti non solo nella provincia Crotone se ma anche a Milano, Firenze, Parma, Pisa e Vibo Valentia.

'Ndrangheta: confiscati beni per un valore di 250 mila euro

I Finanzieri del Gruppo di Lamezia Terme hanno dato esecuzione alla confisca dei beni appartenenti ad un esponente di rilievo della criminalità organizzata locale. Il provvedimento della magistratura, eseguito dalle Fiamme gialle, è stato emesso dal Tribunale di Catanzaro su conforme richiesta del Procuratore distrettuale antimafia, sulla base di un’informativa del Gruppo della Guardia di finanza di Lamezia Terme.

Le indagini avrebbero permesso di mettere in luce la pericolosità sociale del soggetto, la sua appartenenza ad una agguerrita organizzazione ‘ndranghetistica e la dedizione al compimento di gravi reati, dei cui proventi avrebbe vissuto abitualmente, anche in modo agiato, per anni. Il sequestro è basato su indagini di polizia economico-finanziaria, istituzionalmente svolte dalla Guardia di finanza, tese ad aggredire i patrimoni illeciti conseguiti dagli appartenenti alla ‘ndrangheta, mediante i proventi delle attività criminali. I Finanzieri lametini hanno concentrato l’attenzione sul patrimonio realizzato della persona in questione. Gli sforzi investigativi hanno quindi condotto, fra gli altri, alla confisca, che ha avuto come oggetto, un'automobile ed una villa ubicata in città, risultata nella disponibilità concreta dell’uomo, nonostante fosse formalmente intestata alla moglie.

I mirati accertamenti patrimoniali e reddituali eseguiti dalle Fiamme gialle, condivisi dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, sarebbero riusciti a dimostrare che i beni confiscati sono di valore del tutto sproporzionato ed ingiustificato rispetto ai redditi leciti dichiarati ed al tenore di vita mantenuto dall’indiziato. Ciò ha consentito ai Finanzieri di fornire alla magistratura un solido quadro indiziario per disporre la confisca dei cespiti patrimoniali, rivelatisi di origine illecita o ingiustificati nel possesso del soggetto indiziato di appartenere ad una cosca della ‘ndrangheta, il cui valore si attesta in oltre 250 mila euro.

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'Ndrangheta: sequestrati beni per un valore di 500 mila euro

Beni per un valore di oltre 500 mila euro sono stati sequestrati dai Finanzieri del Nucleo di polizia tributaria - Gico di Catanzaro, in esecuzione di un provvedimento di prevenzione, richiesto dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, coordinata dal Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, ed emesso dal Tribunale del capoluogo calabrese.

Destinatario del decreto di sequestro è Luciano Trovato, ritenuto legato alla famiglia di ‘ndrangheta dei Giampà di Lamezia Terme. L’uomo unitamente ai fratelli, è stato coinvolto in diverse operazioni di polizia in materia di criminalità organizzata che hanno interessato la piana lametina. Nell’ambito dell’ operazione “Perseo”, la scorsa estate era stato condannato, dalla Corte d’assise d’appello di Catanzaro, alla pena di anni quattro di reclusione.

Le indagini patrimoniali condotte dalla Guardia di finanza, che hanno consentito l’emanazione del provvedimento di sequestro, hanno evidenziato una netta sproporzione tra i beni risultati nella effettiva disponibilità del soggetto ed il suo tenore di vita, rispetto ai redditi dichiarati e alle attività economiche ufficialmente svolte.

I beni complessivamente sequestrati comprendono quote di otto unità immobiliari ubicate a Lamezia Terme, quote societarie di un’azienda lametina esercente l’attività di autocarrozzeria e commercio autovetture, e una parte di un’attività economica che gestisce un rinomato locale della movida giovanile lametina, già sottoposto a sequestro in ambito penale per una vicenda di interposizione fittizia di beni. Il  valore complessivo del patrimonio sequestrato ammonta ad oltre 500 mila euro.

'Ndrangheta: sequestrati beni per un valore di un milione e mezzo di euro

Il Nucleo investigativo del Comando provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, in esecuzione di un decreto di sequestro preventivo e successiva integrazione emessi dal Tribunale – Sezione gip di Reggio Calabria, ha proceduto al sequestro dell’impresa edile e del patrimonio aziendale di Antonio Calabrese, 58 anni, di Villa San Giovanni.

 Tra i beni colpiti dal provvedimento figurano, anche, crediti, quote societarie, beni strumentali, etc.

 Il valore stimato dell’azienda si aggira intorno agli 800 mila euro, mentre il patrimonio aziendale composto da sette veicoli, 14 mezzi di cantiere e cinque prodotti finanziari, ammonta a 700 mila euro.

Complessivamente, il valore stimato dei beni sottoposti a sequestro tocca il milione e mezzo di euro.

L’indagine che ha portato all’esecuzione della misura ha preso l’abbrivio in seguito all’operazione “Sansone” eseguita, dai militari del Ros e del Nucleo investigativo del Comando provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, nei confronti di 28 persone ritenute contigue ai sodalizi di ‘ndrangheta, “Condello”, “Buda-Imerti, “Zito-Bertuca” e “Garofalo” operanti nei territori di Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Campo Calabro, Fiumara di Muro e con ramificazione in Italia ed all’estero.

In tale contesto, nel mese di novembre 2016, è stata sottoposta a sequestro l’impresa edile di proprietà del 64enne Pasquale Calabrese. L’impresa, con sede legale a Villa San Giovanni, è stata ritenuta “mafiosa” perché strumentalizzata per l’infiltrazione della cosca “Bertuca” nel settore delle attività economiche del comprensorio di Villa San Giovanni.

Nel corso delle indagini, sarebbero emersi, inoltre, profili di evidente commistione tra la ditta di proprietà di Pasquale Calabrese e quella di Antonio Calabrese.

La commistione deriverebbe dalla condivisione, tra le due aziende, dei siti per il ricovero dei mezzi e dei materiali edili. Inoltre, numerosi appalti sarebbero stati eseguiti su immobili di proprietà comune ed indivisa. Tutto ciò proverebbe la “riconducibilità delle due imprese in un unico centro direzionale ed imprenditoriale con evidente commistione di interessi, strategie operative e patrimonio aziendale”.

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