I carbonai delle Serre e la carbonificazione naturale

Nel lembo di terra sospeso tra l’acqua del mare e quella benedetta il ciliegio è colmo di frutti. Il bastone di legno per dominare la catasta fumante sembra più uno scettro che un sostegno e i volti anneriti dalla fuliggine appartengono a quelle timide presenze che trascorrono buona parte della loro esistenza ad imbrunire tra i boschi delle Serre. Nelle viscere della montagna gli “scarazzi” dal fumo vagante sembrano piccoli vulcani che cuociono sotto lo sguardo meticoloso del carbonaio. La carbonificazione naturale, è forse uno degli ultimi settori della produzione umana di cui l’antropologia si occupa, mettendo in pieno risalto la vita degli stessi carbonai, che segue i tempi e le consuetudini di un antico passato. Nei boschi che circondano la cittadina di Serra San Bruno – un grembo naturalistico che rimanda alla Foresta Nera - nota soprattutto per la millenaria Certosa fondata nel 1090 da Brunone di Colonia, il settore della carbonificazione naturale impiega ormai qualche decina di persone, ma negli anni passati e soprattutto nel secolo scorso, in regime di piena attività, c’era tutta un’intera economia che traeva fonti di sussistenza e di commercio da questo settore. Quello di carbonaio, era ed in parte lo è ancora, un mestiere che alcune famiglie si tramandavano di padre in figlio. Già da “monelli”, infatti, i piccoli carbonai imparano quella particolare abilità necessaria alla scelta del legno da utilizzare per la composizione dei covoni di legna accatastata ricoperti da terra bagnata (scarazzi), da cui, attraverso un processo di cottura e di disidratazione, poi verrà fuori il carbone. L’intero processo produttivo, ha inizio con l’accatastamento circolare della legna selezionata che viene disposta dal centro alla periferia in base alla grandezza, prima i pezzi più grossi per poi finire con quelli più sottili. E’ questa una prima fase che dura circa dieci giorni. Il risultato di questa disposizione, è una curiosa cupola alta quasi sei metri e larga molto di più, che verrà ricoperta da terra bagnata o da paglia. Successivamente, il carbonaio accenderà il fuoco nella “bocca” del covone, una fessura praticata nell’apice della cupola il cui camino che scende all’interno dello “scarazzu” fino alla camera di combustione. Il lavoro richiede non soltanto l’esperienza che si acquista col tempo, ma soprattutto sacrificio in quanto per oltre venti giorni, il carbonaio dovrà monitorare costantemente la cottura del covone, regolandone la temperatura e la giusta disidratazione del legno, attraverso l’alimentazione del fuoco, e la pratica nella “pancia” della catasta fumante, dei fori per favorire la fuoriuscita del fumo prodotto dalla carbonificazione. L’alimentazione del fuoco e il controllo della combustione coinvolgono la vita del carbonaio a tal punto da richiedere anche una turnazione notturna dei membri dell’intera famiglia, perché, se da un lato il fuoco all’interno del covone non deve assolutamente spegnersi, dall’altro la legna non deve “cuocere” troppo. Quello che potremmo definire lo “stato di salute” dello “scarazzu” da cui poi dipende la qualità del carbone, è indicato dal fumo che, in base al suo colore, suggerisce al carbonaio la necessità di alimentare ulteriormente o diminuire il fuoco all’interno del covone. Una volta finita la “cottura” il covone verrà liberato dalla terra, il carbone dissotterrato e confezionato in sacchi di Juta, pronto per essere distribuito su scala nazionale. Finisce cosi un piccolo ciclo di produzione naturale, codificato nelle parole di un perduto alfabeto ma ancora riconoscibile nelle mani screpolate dalla fatica dei carbonai che, sembrano nutrire verso lo “scarazzu”, una devozione quasi religiosa. Ogni volta che il carbonaio rientra nella cosiddetta “società civile” sembra essersi concluso un esperimento su se stesso, un viaggio dal quale ritorna con la consapevolezza che un uomo è ricco in proporzione al numero di cose di cui può fare a meno.

2 comments

  • SALVATORE AMATO DETTO (TONINO)
    SALVATORE AMATO DETTO (TONINO) Mercoledì, 24 Giugno 2015 18:40 Comment Link Report

    POSSO GARANTIRVI CHE I MIEI AVI E NOI OGGI ABBIAMO UN LEGAME DIRETTO CON I CARBONAI DI SERRA SAN BRUNO,LA ZONA DOVE VENGONO REALIZZATI GLI ""SCARAZZI"" SI TROVA NELLA LOCALITA' DI SERRA SAN BRUNO CHIAMATA ""LE DIVISE"" SOPRA LA CONTRADA PITTINA SALENDO PIU' A NORD ,RICORDO CHE MIO PADRE E I MIEI ZII VENDEVANO IL LEGNO E CONCEDEVANO IN COMODATO ANCHE L'AREA DI BOSCO PER REALIZZARE GLI SCARAZZI E PRODURRE IL CARBONE,IO DA RAGAZZO INCURIOSITO ANDAVO A TROVARLI ,LA SCENA ERA SEMPRE LA STESSA,UOMINI SEGNATI DAL DURO LAVORO E CON LE RUGHE AL VISO E TUTTI NERI A CONTATTO CON IL CARBONE,UOMINI VERI E FIERI DEL LORO LAVORO CHE CON TANTA DIGNITA' E SACRIFICIO PORTONO AVANTI LE LORO FAMIGLIE CHE RIMANGONO SOLE IN PAESE PER IL LUNGO PERIODO DI LAVORAZIONE.......QUESTA E' SERRA,NON SOLO CERTOSA MA ANCHE I SANI VALORI E PRINCIPI DI UNA GENERAZIONE CHE STA SCOMPARENDO...""IL CARBONAIO""""

  • Serrese
    Serrese Martedì, 23 Giugno 2015 23:27 Comment Link Report

    Fiera di avere persone così nella mia terra.

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