Spadola saluta Maria Stella, aveva 104 anni

Foto gentilmente concessa da Vitantonio Tassone Foto gentilmente concessa da Vitantonio Tassone

Spadola piange Maria Stella. Aggiungere il cognome – Tassone – è una ridondanza, poiché, nel borgo della Minerva e non solo, Maria Stella era più di un’istituzione.

A farla diventare tale non erano i suoi 104 anni, ma il modo in cui li ha vissuti.

Nata il 25 aprile del 1917, Maria Stella ha conosciuto la durezza della vita, senza mai farlo pesare  agli altri. Rimasta vedova, ha cresciuto i suoi quattro figli, mandando avanti un bar che ha rappresentato un “faro nella notte” per quanti erano costretti a lasciare malvolentieri il tepore delle coperte, per sfidare le sferzanti gelate degli inverni d’altri tempi.

Chi ha qualche capello bianco, ricorderà sicuramente l’insegna attaccata al balcone, sopra la porta d’ingresso, sulla quale spiccava un elfo sovrastato dal peso di una tazzina di caffè bollente, con sotto la didascalia: “Barbera, il mago del caffè”. Un simbolo quanto mai pertinente per un bar che, con puntualità quasi maniacale, apriva i battenti alle 4.30 per offrire un caffè caldo e un sorriso amico a quanti si mettevano in cammino di buonora. Un luogo in cui la vera magia, però, non risiedeva tanto nelle virtù dell’elfo, quanto nell’atmosfera familiare che vi si respirava.

Chi entrava nel bar di Maria Stella, che fosse il sonnacchioso autonoleggiatore diretto a Catanzaro, o il baldanzoso giovanotto desideroso di un “Tresette”,  veniva sempre accolto con un sorriso cordiale e sincero.

Del resto, il bar di Maria Stella non era un semplice locale, uno di quei luoghi asettici dove meccanicamente si consuma, si paga e si va via. Per oltre mezzo secolo, il bar di Maria Stella è stato   un punto d’incontro,  un ritrovo, un luogo in cui le spietate  legge dell’economia non hanno mai avuto accesso. Maria Stella, infatti, il caffè non sempre se lo faceva pagare e se eri bambino, spesso,  ti chiamava per regalarti il gelato.

Per molti, il suo bar era una seconda casa, soprattutto la sera, quando, gli avventori lasciavano il campo ai giovanotti che si attardavano attorno ai tavolini per giocare a carte. Bastava, infatti, attraversare una porta, peraltro sempre aperta, per passare dal bar all’abitazione privata di Maria Stella. Era in quell’ambiente accogliente e familiare che Maria Stella, dispensava suggerimenti, consigli e talvolta rimproveri.

Con Maria Stella non se ne va solo un pezzo di storia, se ne va una donna d’altri tempi che, per generazioni di spadolesi, è stata una seconda mamma.   

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