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La Cultura può fare qualcosa per il Sud?

Diciamo che negli ultimi quattro millenni la Cultura meridionale ha fatto poco e niente per il suo popolo; tanto meno ha esercitato una qualsiasi funzione di critica, e neppure di proposta: Cultura astratta, isolata e comoda, tranquilla; e, a ben vedere, quasi sempre da secondo lavoro, domenicale. Esempio: le cifre dello Svimez dipingono il Sud come peggio della Grecia mentre il Nord sta meglio della Germania. Questa notizia ha suscitato qualche sussulto in meridionalisti di professione o in neoneoborbonici da Facebook, e basta: né le Università, né la Chiesa, né i partecipanti a convegni antimafia segue cena, né i famosi scrittori lacrimatoi… nessuno ha detto una mezza parola. Non si sentono proposte concrete e realizzabili; e lo stesso Renzi, pur di dire, annunzia fior di quattrini. Bum! A parte l’improbabilità delle cifre, tutti muti, evidentemente intenti a progettare come spartirseli. Eh, quanti libri antimafia, quanti cortei, quante signore di San Luca ingioiellate a spese mie… Ma una Cultura seria, se ci fosse, potrebbe fare qualcosa per il Meridione? Se ci fosse, magari sì. Intanto, potrebbe conoscere il Sud, e ciò con gli occhi e non con libri di sociologia stampati a Trento; e con sociologi da ufficio anagrafe. Bisogna conoscere sul serio la demografia, le classi di età, l’economia palese e quella in nero, la presenza reale della mafia e quella inventata per vendere copie… La conoscenza della verità effettuale ci serve, non quella dei numeri: per esempio, se un paesino risulta di mille abitanti, ma cinquecento stanno a Milano oppure a Soverato, bisogna dire che il paesino conta cinquecento e non mille, e proporre di chiuderlo, anche se la cosa spiace al sindaco e all’opposizione. Solo un esempio. Lo stesso per agricoltura, turismo, industria, eventuali risorse minerarie: in Calabria regnano quattro Università, e mai una che proponga qualcosa di scienza economica e possibilità reali di produzione e lavoro. Bisogna conoscere la storia, possibilmente quella genuina, e senza ideologismi e buonismi. Non è possibile che, dopo secoli, ancora ci sia chi si schiera! Facciamo come gli Inglesi e i Fiorentini, i quali celebrano le Due Rose e i Guelfi e Ghibellini, e se ne fregano di chi avesse ragione, anche perché, come insegna Dante nel VI Par., avevano torto marcio tutti e due; idem per le Rose. Conosciuta la storia, va fatta conoscere, possibilmente in maniera umana, e non come fosse una continua tesi di laurea con le note. Il Meridione ha tante di quelle città greche, romane eccetera; cattedrali; castelli; conventi; borghi; covi di briganti… Ma la nostra cultura s’impegna ad annoiare il turista. Attenti però ai dilettanti dello sbarco di Ulisse, Templari e roba del genere. Essi sono pericolosissimi, più degli accademici, e sapete perché? Perché, essendo dilettanti, non pigliano Templari e Ulisse per gioco come sono, no, li pigliano sul serio, e stanno cercando davvero le mutandine di Nausicaa lavate al fiume. Non provate a spiegare loro cos’è la mitopoiesi, ne ricavereste solo ingiurie in dialetto e italiese. E invece la Cultura può fornire al Sud quello che mai ebbe: una letteratura popolare, anche sotto forma di cinema e teatro. Basterebbe un buon film importante, con attori decenti e dialoghi efficaci in italiano, su un argomento qualsiasi degli innumerevoli che può offrirci la storia del Sud, come ce li può offrire l’attualità; e senza necessariamente scadere nel piagnisteo o nella macchietta. E se commedia dev’essere, commedia sia, cioè faccia ridere, magari con il suo bravo pungiglione. A chi gliele vado a raccontare queste cose, a parte i benevoli lettori? La Regione Calabria non ha manco un assessore apposito; e, visti i precedenti, magari è meglio: ma neppure una modesta commissione, quella annunziata da Oliverio.

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