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Gli errori della politica ed i silenzi della cultura

 Vibo e il suo territorio un tempo godevano di buona fama quanto ad economia: la città, pur piccola, fungeva da centro servizi con seria cultura e uffici e scuole e una vivace rete commerciale; era solido il Nucleo industriale; la costa da Pizzo a Nicotera si distingueva, per strutture turistiche, dal solito approssimativo calabrese. Poi chiusero le industrie e, alla calabrese maniera, pensarono di sostituirla con la più comoda provincia: uscieri e bidelli invece di operai. Era un’illusione funesta, e tutto quello che accade fu che qualche passacarte vibonese invece che a Catanzaro si sedette più vicino casa; nuove assunzioni, quasi nulla; effetto economico, zero.  Commerci e servizi paiono non ammodernati; la pessima, e meritata, opinione sull’ospedale di Vibo è sufficiente esempio del degrado generale. Il turismo è rimasto quello degli anni 1980: una rendita, non un’impresa. Da tale degrado, gli effetti che vediamo, e i dipendenti non pagati, l’ente provincia in dissesto, i comuni sulla strada della crisi. Non chiedetemi soluzioni, perché occorrerebbe uno studio scientifico del territorio, per scoprire se e quali risorse abbia, e come fare per creare lavoro e produttività reale. Quello che è certo è che bisogna sparisca ogni assistenzialismo da “posto”. Intanto, chiudere la provincia e la gran parte dei microscopici comuni. Poi ripensare il turismo, integrandolo con cultura, storia, archeologia; e soggiorni di salute destagionalizzati. Servizi moderni, trasporti, internet…

 Ma cosa si può fare con l’attuale classe culturale e politica? Dai fatti, niente. E niente avviene.

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