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I poliziotti reggini donano generi alimentari per i bisognosi

“Chi può, dà; chi non può, avrà”: è la frase che hanno scelto gli uomini e le donne della polizia di Stato di Reggio Calabria quale slogan per la raccolta di beneficenza di generi alimentari a favore delle famiglie assistite dalla locale Caritas.

Nel momento emergenziale che tutti stiamo vivendo, il desiderio dei poliziotti reggini è stato quello di trasmettere un messaggio di sostegno e vicinanza concreta alle persone che più negativamente stanno subendo gli effetti della pandemia da coronavirus.

In occasione delle festività pasquali, che quest’anno sono trascorse prive dei tradizionali festeggiamenti, e che hanno coinciso con la celebrazione dell’anniversario della fondazione della polizia di Stato, gli zgenti, che ogni giorno sono in strada a tutela dell’ordine della sicurezza pubblica, hanno voluto rivolgere un pensiero in più ai cittadini di Reggio Calabria in difficoltà, alla luce dell’idea che ciascuno faccia quel che può per superare tutti insieme il momento di difficoltà.

Un ringraziamento per il contributo dei poliziotti è arrivato da don Nino Pangallo, direttore della Caritas diocesana di Reggio Calabria, che ha detto: “Sento il bisogno del cuore di dire grazie a tutta la Questura di Reggio Calabria, perché in occasione della loro festa, che quest’anno coincideva con il Venerdì Santo, in piena emergenza coronavirus, tutto il suo personale ha pensato ad un gesto di solidarietà. La Caritas ciocesana di Reggio Calabria è veramente lieta di questo bel gesto di condivisione, che va a sostenere l’Emporio solidale Genezareth, che permette a 500 famiglie di poter fare la spesa gratuitamente una volta al mese. Un grazie veramente di cuore perché festeggiare questo giorno importante in questo tempo difficile in questo stile è veramente un segno di cittadinanza attiva. Che il Signore benedica tutti voi. In modo particolare, dobbiamo esservi grati come cittadini, perché accanto ai medici, agli infermieri, al personale sanitario, che combatte negli ospedali, voi custodite l’ordine pubblico e permettendoci di vivere una vita serena, con l’augurio di poter presto superare questo tempo di prova. Grazie di cuore”.

 

Appello per la piccola Simona

Simona (nome di fantasia)  è una bambina di 11 anni con problemi di salute non del tutto diagnosticati. Per questo martedì 14 giugno dovrà  essere visitata presso l’ospedale Bambino Gesù di Roma. La  famiglia di Simona non ha  la possibilità di affrontare le spese del viaggio; abita in un alloggio popolare ad Arghillá nord con 5 figli minori e si trova in una grave situazione  economica.

Pertanto l'associazione Un mondo di mondi lancia un appello alla città per la raccolta della somma necessaria per le spese di viaggio, affinché la piccola Simona e la madre possano raggiungere l’ospedale di  Roma.

Anche la parrocchia di Arghillà e la Caritas diocesana si sono attivati per aiutare la famiglia. Ma, considerate le tantissime richieste di aiuto alle quali questi due enti si trovano ad affrontare quotidianamente, si è reso necessario ricorrere anche ad un appello pubblico.

I genitori di Simona sono disoccupati ormai da anni. Con piccole attività saltuarie e l’aiuto di parenti riescono a stento a garantire ai 5 figli l’indispensabile per il sostentamento.

Da tempo la piccola Simona si sarebbe dovuta sottoporre ad una  visita specialistica al Bambino Gesù, ma le difficoltà economiche della sua famiglia lo hanno impedito. Con il passare del tempo, le sue condizioni di salute sono peggiorate e per questo è necessario che il 14 giugno Simona sia a Roma per la visita prevista.  

Ancora una volta si assiste al dramma di una famiglia numerosa, senza reddito fisso,  in condizioni di gravissima difficoltà tali da impedire perfino adeguate cure mediche per propri figli.

Negli ultimi mesi si è tanto parlato di Arghillà e della necessità di “sicurezza” di quel quartiere. Crediamo che una delle forme di sicurezza da dover garantire prioritariamente  è senza dubbio la salute dei bambini come Simona.  

Per donazioni ed informazioni contattare il signor Marino al numero 3299036972.

"Basta un Sì", "Io voto No": intanto il 37% dei giovani rischia la povertà

Toni apocalittici, da imminente "fine del mondo": "Basta un sì", "Io voto no" e nel frattempo, mentre gli ultrà rivaleggiano sull'esito del referendum costituzionale in programma il 4 dicembre, una catastrofe, che una classe politica responsabile ed una opinione pubblica meno distratta dovrebbe considerare ben più preoccupante, sta già dispiegando, da anni, i suoi effetti distruttivi. Sono sempre di più, infatti, i giovani tra i 15 ed i 24 anni che rischiano di oltrepassare la linea rossa dell'immaginario confine dopo il quale si affaccia il baratro della povertà. A drammatizzare ulteriormente i dati, inoppugnabili, la constatazione che si tratta di numeri in controtendenza rispetto agli altri Paesi sviluppati del Vecchio Continente. Se, dunque, fino al culmine della crisi economica deflagrata in seguito all'esplosione della bolla dei mutui subprime, ci si poteva nascondere dietro il paravento realizzato con il tessuto evergreen "mal comune mezzo gaudio", adesso non è più così. L'Italia, a dispetto dei proclami renziani e della vuota inconsistenza esibita, con somma mediocrità, dalle derelitte opposizioni, arranca, fatica e non riesce a risollevarsi. A scontare le conseguenze peggiori di questa deriva è, come anticipato, la fascia d'età compresa fra i 15 ed i 24 anni: quasi il 37% è lì, sul bordo del precipizio. A certificarlo è il Rapporto che l'Eurostat ha reso pubblico in coincidenza della "Giornata Mondiale contro la povertà". L'istantanea consegnata dal dossier testimonia che le difficoltà in cui si agita il Belpaese sono molto vicine a quelle patite in Bulgaria, Grecia e Romania, ben distanti dalle nazioni trainanti in Europa: Germania, Regno Unito, Francia. Ancora più alte, neanche a dirlo, le fiamme dell'inferno in cui si dimena la fascia giovanile che sopravvive nelle regioni meridionali. Estremamente eloquente, a questo proposito, il contenuto del Rapporto 2016 sulla povertà diffuso dalla Caritas. Ai Centri di Ascolto presneti nelle città del Sud, infatti, in termini percentuali, si rivolge un numero maggiore di italiani rispetto a quello dei cittadini di provenienza straniera. Ormai i due terzi dei soggetti bisognosi, 66,6%, sono nati ed hanno profonde radici in questo "maledetto" Paese. Le cifre snocciolate nel documento confermano che ad essere rimanere invischiati nella trappola della crisi e della stagnazione non è la popolazione anziana, ma quella giovanile. Trovare un impiego è una chimera, l'accesso al mercato del lavoro è chiuso a doppia mandata ed i ragazzi faticano arrancando: tra i 18 ed i 34 anni la quota di coloro che versano in uno stato di indigenza è pari al 10,2%, una percentuale che decresce  progressivamente fino a crollare al 4% nella fascia che interessa gli anziani al di sopra dei 65 anni d'età. Portafogli vuoti, assenza di un'occupazione, impossibilità di mantenere un tetto sopra la propria testa, famiglie a pezzi: drammi che, per qualcuno, si assommano dipingendo un quadro che inchioda alle proprie responsabilità la classe dirigente e l'intera opinione pubblica. Un tessuto sociale talmente rammendato da non poter più garantire quel senso di protezione che faceva di una società una comunità in marcia, compatta e con l'obiettivo di non lasciare indietro nessuno. Politici miopi e scriteriati a cui la Caritas, indirettamente, si rivolge, auspicando la stesura di un Piano di contrasto alla povertà, che duri nel tempo e sia accompagnato da misure concretamente inclusive, come il reddito di cittadinanza. Non basterebbe, certo, e, infatti, provvedimenti del genere dovrebbero essere affiancati da altri in grado di ampliare in modo considerevole il bacino degli occupati. E' di questo che dovrebbe occuparsi la Politica: mettere un freno alle tragedie esistenziali, perdere il sonno pur di ribaltare il tavolo ed individuare le soluzioni capaci di alleviare la sofferenza. Ed è di questo che dovremmo occuparci noi, tutti, gettando nel pozzo i pentoloni traboccanti amenità, falsi problemi e "armi di distrazione di massa". Perché sì, magari sul nostro stesso pianerottolo, dietro quella porta, qualcuno oggi farà fatica a mettere assieme il pranzo con la cena, ma ciò che conta è armarsi a dovere per combattere la "Madre di tutte le battaglie", quella referendaria. Anime strabiche nella migliore delle ipotesi, irrimediabilmente cieche in quella peggiore. "Basta un sì" è lo slogan urlato dai soldatini del presidente del Consiglio, ma molto meglio sarebbe se esso fosse pronunciato davanti agli occhi della nostra coscienza, individuale e sociale, e non per prendere posizione su un quesito di cui quasi nessuno, pur ergendosi ad insigne costituzionalista da social network, ha compreso anche solo gli ingredienti più elementari. No, a prescindere dalla vittoria dell'una o dell'altra opzione, nulla cambierà, il giorno dopo che gli italiani si recheranno alle urne. Il corso degli eventi proseguirà senza scossoni degni di nota. La distinzione, anche la mattina del 5 dicembre, sarà tra chi potrà sorridere alla giornata, confortato da una solidità economica rassicurante e chi proverà a sottrarsi ai tentacoli velenosi della miseria.  

  • Published in Diorama

Ancora intimidazioni in Calabria: bruciati i container affidati alla Caritas

Sono state arse da fuoco di origine dolosa i cinque container che la Diocesi di Lamezia Terme ha donato alla Caritas al fine di consentire l’accoglienza e di essere adibiti a depositi di generi alimentari. All’interno di un container è stata infatti trovata una bottiglia con del liquido infiammabile. Nello specifico, i container erano destinati ad essere posti nel “Villaggio della carità”, che la Diocesi, una volta ultimato, avrebbe affidato in gestione alla Caritas. Sul luogo, sono giunti, oltre ai vigili del fuoco, anche i carabinieri che hanno avviato le indagini per individuare i responsabili.

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