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Serra: Ospedale senza impianto antincendio

Si arricchiscono di nuovi particolari le rivelazioni fatte, martedì scorso, dal “Redattore”, sul mancato funzionamento dell’impianto antincendio al primo pianto dell’ospedale di Serra San Bruno. Pare, infatti, non solo che l’impianto sia, allo stato, fuori uso, ma che addirittura non sia mai stato completamente installato. Secondo quanto siamo riusciti ad apprendere, la ditta che stava svolgendo i lavori, ad un certo punto avrebbe sospeso la propria attività. L’installazione, pertanto, non sarebbe mai stata completata. Alla luce di tale situazione, i dubbi e gli interrogativi si fanno sempre più legittimi. A questo punto, chi di dovere, farebbe bene ad intervenire per cercare di dare delle risposte. Tanto più che le domande sollevate rimangono tutte sul tappeto. Quanto è stato speso per un impianto antincendio che non sarebbe stato neppure installato? Perché i cappuccetti che ostruiscono i rilevatori di fumo sui quali campeggia la scritta “remove before use” non sono mai stati rimossi? Da quanto tempo sono lì? E’ vero o non è  vero che la ditta non ha mai consegnato i lavori? E’ vero o meno che l’installazione non è mai stata completata? Domande che necessitano di urgenti risposte, tanto più che la situazione coinvolge il pronto soccorso, l’astanteria, la radiologia ed il reparto analisi, ovvero i luoghi in cui sono presenti strumentazioni ed apparecchiature sottoposte a pesanti carichi di corrente che fanno aumentare notevolmente la temperature. A ciò si aggiunga che, per loro natura, le strutture sanitarie sono classificate a rischio di incendio elevato per la complessità delle attività svolte, degli impianti tecnologici che vi operano e per le particolari condizioni di salute delle persone ospitate. In un ospedale la principale misura di tutela è rappresentata, sotto ogni profilo, dalla prevenzione ovvero da tutti quegli accorgimenti tecnici e di comportamento umano che servono per prevenire adeguatamente il rischio di un incendio. A questo punto, la domanda più pertinente, è la seguente: cosa potrebbe succedere se dovesse scoppiare un incendio?

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Serra - Ospedale: fuori uso l'impianto antincendio?

Chi, pur in un momento di estremo bisogno, alzasse gli occhi trovandosi al primo piano del nosocomio di Serra San Bruno, avrebbe l’impressione di vedere sul soffitto degli strani dischetti di colore giallo. Una volta escluso che si tratta di dischi volanti, il secondo interrogativo che lo sbigottito osservatore si pone è il seguente: di cosa si tratta? Semplice. Sono i cappucci che ostruiscono i rilevatori di fumo dell’impianto antincendio di cui pure sarebbe dotato l’ospedale serrese ma che, a quanto pare, non sarebbero entrati in funzione. Già, perché la dicitura sopra il cappuccio è abbastanza eloquente: “remove before use”. E allora ci chiediamo, da quanto tempo sono lì? Perché non sono stati rimossi? L’impianto antincendio è stato omologato? E se sì, perché, come pare, non è ancora entrato in funzione? Una situazione che riguarda il pronto soccorso, l’astanteria, la radiologia e il reparto analisi. Tutti luoghi dove si trova la maggior parte della strumentazione sottoposta a carichi di corrente, sollecitazioni e temperature piuttosto importanti, basti pensare alla sala tac dove la temperatura è mediamente più alta rispetto alle altre sale del nosocomio. L’impianto di rilevazione fumi ed incendi è obbligatorio per legge, in molti casi la sua importanza in aziende, ospedali, centri commercaili e luoghi pubblici in genere, è fondamentale, spesso addirittura essenziale. Di norma, bastano pochi minuti per stabilire se un incendio potrà essere estinto o solo contenuto, e questa possibilità dipende dalla velocità con cui lo si individua, appunto grazie ai rilevatori di fumo. Le strutture sanitarie, infatti, sono per definizione classificate a rischio di incendio elevato per la complessità delle attività svolte, degli impianti tecnologici con i quali si opera e per le particolari condizioni di salute delle persone ospitate. In un ospedale la principale misura di tutela è rappresentata, sotto ogni profilo, dalla prevenzione ovvero da tutti quegli accorgimenti tecnici e di comportamento umano che servono per prevenire adeguatamente il rischio di un incendio. Proprio all’ospedale, dunque, luogo che nell’immaginario collettivo dovrebbe tutelare più di ogni altro la salute e la sicurezza dei suoi ospiti, tutto quello che abbiamo raccontato lascerebbe presupporre che l’impianto antincendio non funzioni.

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Nuovi disagi per i dipendenti dell’ospedale

SOVERATO - Arriva un nuovo affondo sui problemi del nosocomio. A segnalare “motivi di forte disagio e stress lavorativo a cui va incontro tutto il personale medico e paramedico” sono il responsabile regionale della Cisal Medici Renato Barone ed il neo vicesegretario nazionale della Cisal - comparto Sanità Edualdo Posca. A finire nel mirino stavolta è la comunicazione del “ritardo, senza che ve ne fossero noti e comprensibili motivi, degli stipendi del mese di gennaio”. In particolare, “non solo non si pagano i pre-autorizzati  (ed imposti dalla persistente condizione di sottorganico) extra, ma si corrisponde in ritardo anche il minimo tabellare. Se poi si considera – spiegano i due esponenti del sindacato - che alla già di per sè spiacevole circostanza del tardivo pagamento, si è aggiunta l’incompleta corresponsione delle spettanze causata dal mancato pagamento di indennità festiva e notturna, reperibilità, turni supplementari,  la situazione assume carattere di particolare gravità”. Le contraddizioni continuano perché “stante la cronica carenza di personale medico e non, si continuano a chiedere doppi turni ed altre prestazioni extra a tutto il personale che, con spirito di sacrificio e alto senso di responsabilità, pur molto affaticato e non certo incoraggiato dai mancati o tardivi e incompleti pagamenti, continua a fare tutto quanto necessario per garantire perlomeno i livelli minimi assistenziali e le giuste attenzioni a quanti tra bambini e adulti, sofferenti, si rivolgono loro”. La situazione sarebbe ai limiti del “grottesco” e, di conseguenza, la Cisal non è più disposta a “tollerare oltre questi incomprensibili ed ingiustificati ritardi, alcuni dei quali si protraggono oramai da più di due anni”. Alla luce di questo stato di cose, viene richiesta la predisposizione di “tutte le necessarie procedure contabili affinché, già dalla prossima busta paga di febbraio, i dipendenti possano ritrovarsi almeno una parte dei meritatissimi e sudatissimi soldi arretrati”. La pretesa è quella della “puntualità nel pagamento degli stipendi in ogni sua componente perché, specialmente in questo particolare momento socio-economico e per le famiglie monoreddito, il personale deve poter onorare i propri impegni e le proprie scadenze come mutui, presti bollette, oltre naturalmente a quanto necessario per la quotidianità”. In conclusione, i rappresentanti della Cisal rinnovano la “disponibilità al confronto ed alla collaborazione per l’eventuale individuazione congiunta di una possibile soluzione” e restano “in attesa di un incontro con i massimi vertici aziendali” ormai “non più rinviabile”.

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